Una Pasqua di sangue, in Ucraina. Sangue per soffocare il diritto alla democrazia, alla libertà di un popolo. I colori foschi degli innumerevoli commenti e reportage raggiungono il buio di una assurdità che diventa un gigantesco luna park abitato dai morti, dal terrore. La guerra racconta “. Le esplosioni di missili o bombe di aereo sono vicine e mirate. La sirena dell’allarme suona ripetutamente” (Biloslavo)
Si combatte; i cadaveri sulle strade, civili, bambini uccisi con ferocia. Morti all’ammasso nelle fosse comuni, buttati nei sacchi neri, come spazzatura…e la vita sembra non valore, sommare fantocci anonimi, negare persino l’identità diventa una costante. Morti, troppi morti.
«Gli abitanti hanno paura. Sarà la nuova Stalingrado, una battaglia furiosa come nella seconda guerra mondiale. Per questo ho deciso di scappare verso Ovest» Sull’autobus giallo dell’evacuazione ci sono molti anziani e quasi nessun uomo abile per la guerra. Un invalido che ha perso una gamba sale a bordo senza farsi aiutare. Un altro pulmino bianco è pieno di gente. Un paio di minorenni ci guardano incuriositi, una donna si copre il volto per non farsi riconoscere e una nonna è con il nipote piccolo in braccio.” (Biloslavo)
Episodi quotidiani di guerra. Vale la pena?
La resistenza di un popolo orgoglioso, di un popolo fiero che davanti alle stragi e alla distruzione non ha rinunciato a difendere gli ideali di libertà, il principio di autodeterminazione, preservando la propria identità e la propria dignità, è un popolo a cui stringere la mano e aiutare.
Ma quanti morti ancora? Quanto sangue?
E una domanda ingenua a Putin: ha visto il pianto, il dolore di chi ha perso un padre, una madre, un figlio, un fratello?
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano