Dopo due anni di Rivoluzione dello smart working completo, non poteva mancare la Reazione, intesa come Controrivoluzione e Restaurazione. Una restaurazione rimasta però incompleta; sempre incerta e paurosa di procedere a pieno. Essa si è espressa appieno ai primi di febbraio di quest’anno, con la nota espressione del Ministro Brunetta, Basta far finta di lavorare in smart working, nella quale il politico già antifannulloni, riprendeva le critiche di Ichino e del sindaco Sala. Nella PA (Pubblica amministrazione), tra le tante opinioni, prive di strumenti di misura obiettivi, lo sw è stato molto lodato e molto denigrato; d’altronde la PA, lungi dall’essere un tutto unico e omogeneo, ha diverse caratteristiche di volta in volta più digitali e più materiali. Le critiche sulle performance, anche in presenza, sono state storicamente strutturali. Il Ministro ha però collegato strettamente vaccini e presenza, come grande scelta del governo Draghi, la gente sul posto di lavoro con la vaccinazione continua e ininterrotta. Non lo smart working, non chiudersi in casa e non vaccinarsi, ma vaccini, vaccini, vaccini, con tutti gli strumenti possibili. Piuttosto che chiusi a casa, con il telefonino sulla bottiglia del latte a fare finta di fare smart working, a parte le eccezioni che ci sono sempre.
Ovviamente si sono scatenati i sindacati confederali e non, rivendicando l’aumento di produttività e dei carichi di lavoro. Su una cosa Ministro e sindacati sono rimasti d’accordo, sull’idea che lo sw in pratica è rimasto remotizzazione del lavoro d’ufficio senza mai modificare l’organizzazione aziendale né consegnare più responsabilità al lavoratore. Lungo il percorso contrattuale della PA, si è sviluppato un dibattito che ha identificato la fine della gestione emergenziale con la conclusione dello sw, nato in fondo con il peccato originale di rimedio alla pandemia. Le date si susseguono lente, attraverso gli esasperanti passaggi che i sindacati tengono stretti, nell’ultimo luogo di lavoro dove possono mantenere antichi riti. Il 10 marzo 2021 il Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e coesione sociale, il 30 aprile l’eliminazione dei vincoli e delle soglie minime per il sw, nel decreto Proroghe, il 24 settembre e l’8 ottobre, con un Dpcm ed un Dm, la prima riapertura promessa (non mantenuta) per il 15 ottobre 2021, il 4 novembre la mozione di maggioranza parlamentare per il sw ad libitum nell’ambito dei Piao (Piani integrati di attività e organizzazione), operativi sul sw, nell’organizzazione autonoma degli uffici, includendo diritti di disconnessione e femminili. Il 7 dicembre il protocollo tra Min Lavoro e sindacati per il monitoraggio sw, il 21dicembre la preintesa contrattuale, (diritto alla disconnessione, fasce di contrattabilità, diritto a formazione specifica, diritto a protezione dati personali, regime dei permessi e delle assenze), il 7 febbraio l’impegno per i futuri Ccnl a trasparenza, produttività, risultati, migliori servizi pubblici, esigenze lavoratori e PA, equilibrio vita lavoro che prelude al recepimento del 31 marzo della direttiva europea 2019/1158 che introduce anche per le lavoratrici autonome e libere professioniste indennità di maternità con assegni Inps, il 21 aprile la prima riunione dell’Osservatorio bilaterale sullo sw, per arrivare a fine maggio al previsto rinnovo contrattuale PA, il secondo in dodici anni. Ce se ne ricorderà, non per il sw, che vi viene istituzionalizzato ma per il 4% di aumento economico e per il ritorno delle promozioni per anzianità. Ai 12 passaggi bisogna aggiungere il cambio della data di fine emergenza lavoro, spostata dal 15 ottobre al 30 giugno ed in extremis al 30 agosto.
Come è facile capire, lo sw non è definibile da questo contesto o da questi accordi. La PA però resta il riferimento, anche per i privati, per i comportamenti e le regole per tutti i 23 milioni di lavoratori pubblici, privati e autonomi. Nel privato, risulta importante l’accordo sindacale concluso il 21 marzo u.s. con Flaei, Filctem e Uiltec denominato New Way of Working relativo a più di 16.000dipendenti che ha cercato di non creare la facile frattura regolamentativa tra smartworkers e nosmartworkers. Come riporta l’Adapt14 dell’11 aprile u.s., dopo l’accordo sw del 2017 ed un biennio di sw continuativo, Enel ha riconosciuto significativamente la produttività sw.
La direzione del cambiamento però arriva da oltreoceano. In California i parlamentari Low di Santa Clara e Garcia di Los Angeles hanno introdotto un disegno di legge per 32 h\w di lavoro. Il fine settimana di 3 giorni si applicherebbe alle aziende con 500 dipendenti o più (2600 aziende per 3,6 milioni di lavoratori), esclusi dipendenti pubblici, contrattualizzati, camionisti e lavoratori dello show. L’asticella delle 35 h del francese Jospin verrebbe ulteriormente abbassata per un aumento economico del 10% di salari e stipendi. Le 40 h\w risalgono al 1940. La produttività Usa, aumentata in 40 anni dal 1979 del 61%, si riflette in salari aumentati meno di un terzo. Il Golden State è il più popoloso degli Usa (40 milioni di abitanti) ed il più ricco (V° posto al mondo per PIL), nel contesto di una disoccupazione del 3,6%; le 32 h verrebbero accettate da aziende IT, come Bolte Basecamp, che già l’hanno introdotte, rifiutate da chi fuggirebbe, come Musk, in Oregon, Nevada e Texas. Nessuno però si opporrebbe alla richiesta di full sw, preteso dal 43%globale dei lavoratori. In realtà la questione orario, fondamentale nel quadro classico del lavoro è svuotata in quello da remoto. Nello sw non esiste orario, I device sono utilizzati sia sul lavoro che nella vita privata ed è naturale essere coinvolti da richieste e informazioni a qualunque orario ed in qualunque giorno. L’orario definito diventa un fake, sostituito da un reale 60-80 h\w. Il 65% dei lavoratori del privato in Italia però dichiarano di potersi disconnettersi quando vogliono; quelli del pubblico (49%) solo per la pausa pranzo. Bisogna vedere quanto viene esercitata questa potestà. La difficoltà di staccare è alla base dei rischi traumatici di ansia, depressione, alienazione, isolamento, emarginazione e sovraccarico delle lavoratrici dovuto alla sovrapposizione tra lavoro domestico e lavoro aziendale. Il 64% dei lavoratori segnala l’isolamento, il 60% il peggioramento dei rapporti con i colleghi; il 60% l’aumento dei costi delle utenze domestiche. La disconnessione proclamata ovunque è al momento inconfigurabile. Un punto fermo dovrebbe essere la regola delle 11 h consecutive lontane dal computer previste dall’articolo 17, comma 6 del contratto PA
Le dimissioni dal posto del lavoro, detto Great Resignation o Big Quit, hanno raggiunto i 4 milioni di casi, lasciando sguarnite 11milioni di posizioni. L’aumento delle dimissioni tra i dipendenti fra 30 e 45 anni è stato del 20% nel 2020-21(Bureau of Labor Statistics). Incredibilmente anche in Italia, crolla il mito del posto fisso di Zalone. Crescono del 25% le dimissioni volontarie. Nel II° trimestre 2021, si è dimesso un mezzo milione, con un aumento dell’85%, secondo Min Lavoro, per trovare un lavoro migliore; 770mila secondo Bankitalia. Nei numeri ci sono anche gli effetti dei pensionamenti Quota 100 e dello sblocco dei licenziamenti. Da un lato mancano gli addetti cercati dalle aziende dall’altra aumentano partite Iva, autonomi e dimissioni volontarie soprattutto nell’industria. Il 58% delle aziende dichiara che stanno trovando difficoltà ad assumere, o trattenere i dipendenti, se non viene garantitolo lo sw. Significato, non piace l’organizzazione aziendale. Secondo il 47% dei dirigenti italiani, l’azienda vuole il tempo pieno in ufficio; il 56% sa che l’azienda non rispetta le aspettative dei dipendenti. I manager devono motivare con stimoli e opportunità i neghittosi dipendenti che al 33% non capiscono il ritorno all’ufficio; il 71% dei manager vorrebbe più libertà per gestire il cambiamento. Solo il 27% dei dirigenti riesce però a pattuire accordi aziendali di lavoro ibrido. Il 46% dei lavoratori vorrebbe sw almeno 1 d\w, il 25% 3 d\w in sw. Il 33% lavorerebbe in un piccolo centro, il 40% in campagna e il 20% accetterebbe un salario\stipendio più basso(INAPP,Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche pubblicheI l lavoro da remoto: le modalità attuative, gli strumenti e il punto di vista dei lavoratori). Non è chiaro se il miliardo che il Pnrr, tramite Min Cultura, dedicherà ai progetti a gara per rivalutare 250 borghi, abbia l’intento di favorire questi smartworkers.
Le aziende fornitrici degli strumenti (Anitec-Assinform, Gdl Skills per la Crescita di Impresa, Position Paper Il lavoro agile: organizzazione del lavoro e tecnologie, alcuni spunti per una normalità inclusiva) trascurano questo dibattito e ripetono il mantra della cybersecurity e dell’inclusione dei disabili, temi favoriti dei grossisti da cui dipendono e dei politici. Il management di fiducia e l’organizzazione più orizzontale, entrambi auspicati, non possono coabitare. Sarà la tecnologia, non l’azienda o la politica a imporre la scelta definitiva, a prescindere dalla litania sulla conciliazione vita-lavoro. I grossisti dei fornitori hanno fatto finora affari d’oro. Il valore di Microsoft, Google, Amazon, Zoom, Facebook si è triplicato, le revenues sono cresciute dal 40% di Amazon al 15% di Microsoft mentre le piattaforme Zoom e Microsoft Teams hanno raggiunto 344 e 40 milioni di utenti. Oltre ai profitti, queste blueprint guidano le piattaforme, che sono l’anima dello sw. Nei fatti offrono nuovi metodi di lavoro su cui l’azienda e fornitori intermedi non possono obiettare.
Nel 2020 il picco sw fu di 9 milioni di lavoratori, meno di un terzo del totale. 14 milioni non hanno mai potuto fare sw. Nel 2021 si è scesi a 7,2 milioni(39,7% nella PA) e minore nel privato (30,8% nel privato). Ora ci si affaccerà al 2023 con 3,5 milioni. D’altronde le professioni non qualificate possono sostenere solo il 10% delle attività in sw, mentre il 50% degli skilled gestisce più del 50% della prestazione da remoto. Lo sw non è un’opportunità accessibile a tutti nello stesso modo ma uno strumento di selezione sia da parte aziendale che da parte del lavoratore. Il cambiamento avvenuto ha toccato la vita quotidiana, offerto libertà inaspettate da spostamenti lunghi e faticosi, allargato il tempo privato disponibile, messo a nudo la differenza tra lavoro da fare e azienda nel suo complesso, premiata la qualità della vita rispetto alle garanzie del posto fisso. Difficile tornare indietro di colpo. Alla fine della reazione allo sw, Brunetta glissa Bene che il grande lavoro svolto dal Governo per superare lo smart working emergenziale nella PA sia riconosciuto e condiviso anche dal Parlamento. Le amministrazioni potranno fare tutto il lavoro agile che vorranno, senza soglie minime o massime, purché siano rispettate le condizioni stabilite e le regole contrattuali in corso di definizione tra Aran e sindacati. Per ora rivoluzione e restaurazione convivono.
(relazione per workshop di Psicologia del Lavoro, Univ. Frosinone)
Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.