“Questo è il sangue di mio figlio che hai ucciso” e apre le mani al prigioniero russo. Una calma di abbandono, di dolore, anche la rabbia non ha voce, anche la vita non ha senso. Il figlio Denis, 15 anni, è morto dopo essere stato colpito ad una gamba a Kharkiv, la città dell’Ucraina orientale nella regione storica della Sloboda teatro di duri scontri tra le milizie russe e la resistenza. Vitaly Selenvy guarda il militare «Hai ucciso mio figlio. Questo è il sangue di mio figlio, vedi? E cosa dovrei provare per te ora, eh…?»
Il sangue che corre, continua a correre in questa guerra senza ragione, nel vortice gigantesco delle bombe, dei missili, il fetore della morte nelle strade, nelle scuole, la paura, a volte la fame.
Secondo le fonti ucraine a 2 mesi dall’inizio della guerra a perdere la vita in Ucraina sono stati 3.818 civili, di cui 215 bambini. A riportare il bilancio delle vittime è stato il procuratore distrettuale ucraino IrynaVenediktova.
Io, alla parata nella piazza Rossa del 9 maggio, non ho visto i fantocci militari russi obbedienti in una marcia obbligata e ridicola, ma ho visto la tragedia di tanti padri con le mani allargate che ripetevano “Questo è il sangue di mio figlio che non aveva colpe, ma che hai voluto uccidere con questa guerra”
Che cosa ha espresso Putin con la sua oratoria retorica, comunque il nulla.
Il teatro delle vittime è la sua condanna.
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano