Qualche giorno fa sono state bruciate bandiere della Nato e degli Usa. A Bologna, a Torino, a Roma come nella Teheran che ha una proficua produzione di bandiere Usa, Uk e israeliane necessarie ai roghi rituali delle manifestazioni persiane. I roghi delle american flags sono un evento classico che si ripete da sempre, divenuto, in certa quota, addirittura momento istituzionale. Non a caso il fuoco è stato appiccato nella festa ufficiale della Liberacìon, sotto la cupa atmosfera della guerra ucraina. Al 27 marzo 1999 risalgono i classici di Roma, Torino, Aviano e tanti altri centri. La cupezza era offerta allora dai bombardamenti sulla Serbia. Colossale classico fu quello dell’8 agosto 1983 durante la contestazione per l’installazione di 112 missili nucleari Cruise in un aeroporto ridotto a radiostazione, il Magliocco di Comiso, Ragusa. Vigeva la guerra fredda all’ennesima potenza degli SS20 contro Pershing&Cruise.
2022, 1999, 1983, un periodo di quarant’anni nel quale è cambiato tutto, politica, partiti, economia, consumi, stili di vita, famiglie, visioni, immaginario, privato, pubblico, criminalità, delitti, religione, morale. Non il classico, però. Una bandiera americana si brucia sempre. Quando la Nato reagisce ad un atto intimidatorio con altrettanta intimidazione, quando la Nato aggredisce, quando la Nato sta a guardare; in ogni caso la sua è sempre bandiera da bruciare. I suoi amici sono vigliacchi sottomessi, Letta Servo della Nato, il governo imperialista D’Alema, il Generale Reagan, sergente Lagorio, secondo un titolo de L’Espresso. Così vengono e venivano serviti l’attuale segretario democratico, il primo premier postcomunista italiano, il primo socialista ministro della difesa nei governi Cossiga, Forlani, Spadolini e Fanfani. E tutti gli altri, esclusi pacifisti ed affini, trattati anche peggio.
A Comiso, cittadina di 30mila abitanti, la leggenda recita che il locale Comitato unitario per il disarmo e la pace (Cudip), assimilabile ad una sezione di paese Pci, riuscisse ad organizzare numerose manifestazioni, i cui convenuti della galassia pacifista si concentravano nell’estremo angolo meridionale della Trinacria, in numeri tra 70mila e 100mila. C’erano, allietati dalla musica degli immancabili IntiIllimani, i Medici per la Pace (ricordano qualcuno?),letterati, premi Nobel, femministe organizzate, gli intellettuali della Marcia Milano Comiso, i Valdesi, cooperative sparse, l’International meeting against Cruise, gli amministratori di Vittoria, gli anarchici, gruppi ecologici indipendenti, associazioni di cittadini, comunità religiose, classi scolastiche, contadini, commercianti, tanti bambini, i sindacati e singoli comunisti di spessore, come la Castellina ed il fu La Torre, allora segretario regionale PCI, perché l’appoggio del Partito, indispensabile, era discreto ed a scomparsa, minore di quello impetuoso del presidente Pertini. La posizione ufficiale per la stampa recitava, Non abbiamo mai creduto nelle azioni dirette dei pacifisti, neanche quando bloccavano i cancelli della base. Il fondatore locale del Cudip più tardi venne espulso dal Pci. Nondimeno, guardando oggi allo stato della viabilità della Sicilia, pensando a cosa dovesse essere 40 anni fa, si osserva la strada provinciale che collega Catania a Comiso. Ci si chiede quale pianificazione e quali risorse prevedesse l’arrivo della formidabile forza d’urto di decine di migliaia di persone e famiglie fino alle coste meridionali sicule. Per farla arrivare per tempo in estate, la programmazione era stata almeno invernale. Oppure l’ingenuo e spontaneo moto popolare, in mesi strappati a lavoro e passioni, con i propri risparmi, aveva condotto le folle su auto, moto, furgoni, pullman, in autostop su camion di autotrasportatori di ovini, maiali, frutta e verdura fino a fare blocco agli automezzi militari ed alle macchine edili.
Nel ’77 l’Urss, raggiunto l’accordo sui megamissili intercontinentali, cominciò a dispiegare i missili regionali SS20. Quello che all’epoca Reagan definì l’impero del Male, era penetrato in Africa e Sudamerica, aveva realizzato uno stato di guerra civile terroristica nella parte occidentale tedesca ed in Italia, invaso l’Afghanistan nel ’79, giungendo allo zenit di una potenza mai più raggiunta. C’erano tutti i motivi, dal punto di vista Usa, per dare una descrizione così fosca del nemico che stava riducendo, in senso letterale, il territorio dell’Occidente ai soli paesi Alleati storici. Anche i tempi preoccupavano; l’alleanza Nato decise nel ’79, ben due anni dopo l’iniziativa russa, di dispiegare una risposta che riportasse la parità sul quadro europeo. I governi tedescoccidentale ed italiano ci misero poi altri due anni a consentire il dispiegamento e quattro a passare all’operatività, mentre Germania orientale e Cecoslovacchia si riempivano di missili. I roghi di bandiere e le manifestazioni dei pacifisti passivi potevano sembrare folklore ma erano un alleato su cui i russi contavano molto. Le opinioni pubbliche del better reds than deads erano un prezioso alleato per chi contava sulle mani legate dei governi occidentali.
All’epoca, secondo un complottismo folle ed a senso unico, ci si interrogò seriamente sulla possibile pista americana, inquisita per l’assassinio del pio pacifista segretario Pci La Torre, che bloccava il passo ai missili. Si trovarono riferimenti all’arrivo di mafiosi italoamericani durante la guerra per facilitare l’invasione americana dell’isola siciliana, ai bombardamenti di distruzione dell’aeroporto Magliocco del maggio e giugno ’43 ed all’episodio, tra il 6 e l’11 gennaio ’45, della proclamazione della cosiddetta Repubblica Indipendente di Comiso, al centro dei moti Non si parte, la rivolta dei renitenti alla leva siciliani, che giustamente si ispiravano all’esempio grandioso di diserzione della Resistenza. Le manifestazioni finirono tra morti, feriti e confinati, amnistiati solo nel ’46, mentre Mussolini dalla Rsi conferiva alla Repubblica comisiana la medaglia d’argento. Veniva fissata un’equazione identitaria tra America, Occidente e mafia che tornerà culturalmente e politicamente spesso e volentieri fino ai nostri giorni dove riecheggiano ancora le parole sognanti della Ginzburg che si beava della triste e grigia Mosca brezneviana perché non c’era pubblicità. I pacifisti, come noto, persero; poterono trionfare, solo dopo il ritiro gorbacioviano dell’86, con gli accordi di smantellamento degli euromissili dell’anno seguente, testimone una giovanissima Gruber. Seguì la smilitarizzazione dell’aeroporto di Comiso del ’91 e la vittoria di Pirro dei pacifisti, ultimi fan del Muro di Berlino. Avevano imparato a odiare più di tutti i socialisti, riedizione dei socialfascisti degli anni ’30 e ne aveva fatto le spese il sindaco Psi. Il socialista dei Cruise, il fiorentino Lagorio, a lungo e con cattiveria, venne inseguito da calunnie che non riuscirono nemmeno a coinvolgerlo nello scandalo della Loggia P2.
Nel ’99 stesse scene, stessi roghi, stessi numeri di migliaia di manifestanti, stesse scritte, Usa-Nato assassini. Protagonisti, Cobas, Usb, Radio città aperta, rete dei comunisti, comunità serba, comitati spontanei per la pace, comunità di San Benedetto, Rifondazione Comunista (con i consiglieri comunali), Verdi Socialismo Rivoluzionario. centri sociali, associazioni pacifiste. Non c’era più il Partito però e nemmeno lo Stato rivoluzionario guida; anzi ad aumentare lo shock schizofrenico erano le proteste, gli scontri, le barricate e gli assalti proprio agli uomini ed alle sedi, a cominciare di Botteghe oscure, dell’ex Pci, divenuto Democratici di sinistra. Gli obiettori di coscienza, pacifisti storici, partigiani, sessantottini, autonomisti, antagonisti, molti bambini, donne dell’83 erano tornati a mordere la mano di chi un tempo li organizzava. Ancora una volta le folle bloccavano automezzi militari e davanti alla base aerea di Aviano un autoarticolato dell’aviazione americana, bloccato dai manifestanti, se l’era vista brutta. Le proteste contro il bombardamento della Jugoslavia da parte della Nato, voluta dal governo D’Alema che aveva concesso le basi italiane del Friuli, si rincorrevano per tutta Italia, fino agli incidenti nel centro della capitale.
Nel 2022, 25 aprile, ci sono la Resistenza, la guerra in Ucraina e la mobilitazione Nato contro una Russia, non più comunista ma capitalista che sbandiera, con senso zarista, serp i molotok, la falce e martello. Le forze armate occidentali non sono stavolta direttamente coinvolte. Eppure, di nuovo, immancabili compaiono gli striscioni anti-Nato, le scritte sui muri o sulle sedi di partito, servi della guerra e Servi della Nato, i roghi di bandiere. Ci si accapiglia soprattutto contro il Pd ed i radicali; coperta di vernice rossa, l’associazione Aglietta. Come sempre la leggenda parla di spontanee forme di mobilitazione di cittadini, comunità religiose, classi scolastiche, contadini, commercianti, ecologisti che dati i tempi però partecipano in gran parte da remoto. I bambini mancano solo perché se ne fanno pochi e le babysitter non manifestano. Eppure, forse questa volta c’è del vero. Al contrario del tempo passato, la grancassa informativa non tifa per la contestazione ma per il sistema, e cosa voglia dire il termine mobilitazione moltissimi nemmeno lo sanno più. Il pacifismo è contenuto da due enormi nebulose di organizzazioni grandi, medie, microscopiche (Rete Italiana per il Disarmo del 2004 e Rete della Pace del 2014) che si sono riunite per mantenere un minimo speso specifico nella Rete Italiana Pace e Disarmo del 2020. Il loro ruolo è preso da ong e centri sociali. Si tratta di schegge e avanzi delle battaglie passate rivelatesi sbagliate, fuorvianti o tradite come qualche reduce dell’acqua pubblica, sindacalisti in litigio tra loro, stranieri, giornalisti in incognito.
A salvare dalla noia, torna in vita giusto per un momento una vecchia cariatide, l’Anpi, ormai rappresentata dai nemmeno giovani nipoti, attuale come le accise per la guerra d’Etiopia. Interpretando umore e sensi dei martiri nostri risorti proclama I partigiani si rivoltano nelle tombe. Non possono stare con l’Ucraina, nemico del paese della rivoluzione. Non possono stare con l’America capitalista della Nato. Non possono stare nemmeno con la Z russa. Non vogliono nemmeno stare con l’Europa se si tratta di riarmarla. Commemorano i partigiani in quanto caduti della Resistenza, senza ricordarli combattenti armati attivi. Per uscire dall’impasse, non resta che tollerare qualche bandiera bruciata.
Ps. Poca, bassa e triste morale a questa storia. Certo ogni bandiera arcobaleno è una truffa ipocrita che non osa affrontare la realtà delle relazioni internazionali e si balocca con illusioni peggiori della realtà. Per una piccola quota, però, c’è un dato vero, quello del sentimento italiano sulla collocazione del paese nel mondo, che sente la Nato come una costrizione di cui, potesse, si libererebbe volentieri.
Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.
Bruciare la bandiera americana è un diritto di espressione tutelato dal 28 emendamento della costituzione . Sono i paesi totalitari che non permettono di bruciare le proprie bandiere!