E la “scighera” aveva l’anima di una magia misteriosa, passeggiava senza volto, dolce e temeraria, silenziosa e lieve. E accarezzava i sogni più segreti, le speranze più ardite, le emozioni più inconfessabili. Compagna dei miei silenzi, complice delle mie speranze, custode dei miei desideri. Ma allora avevo vent’anni.
E a Milano, la nebbia affascinava di mistero le strade che sputano asfalto, le case ripetitive e grigie, i Navigli che sussurrano nostalgia, i lampi di luce dei lampioni e dei bar, il cuore di chi sa ascoltare il mistero.
Una nebbia che disegnava fantasmi, paesaggi in dissolvenza, a cui dare i colori e i canti della propria anima, a cui regalare i propri pensieri, a cui chiedere i perché della vita.
Bussava all’alba, invadente e insinuante per poi dissolversi capricciosa, ma ritornava come un’amante che non può stare lontana, come un sogno che illumina di poesia una città.
Perché la nebbia a Milano è Milano, con la tenerezza perlata di un mondo evanescente, al di là dell’imponenza dei suoi monumenti, al di là dei mille rumori, al di là dell’incomunicabilità. È la nebbia della Milano amica, confidente di tante avventure, quando un abbraccio rubato era una promessa, quando un pianto sommesso parlava d’amore.
Oggi la nebbia, quando c’è, è la malinconia dei ricordi, è l’amarezza della solitudine, è il canto della nostalgia.
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano
Bellissimo articolo complimenti e che nostalgia
Credo 1965 dicembre, tornando dallo stadio circa le 17-18 già buio verso piazzale Lotto, ci siamo persi causa la fitta nebbia. Girando girando ci siamo ritrovati di fianco all’allora fiera. In quegli anni la nebbia si tagliava come si suol dire con il coltello.