Milano – Cortina 2026, l’ombra della mafia sulle Olimpiadi

Milano

Mancano ancora quattro anni alle Olimpiadi invernali di Milano e Cortina ma la mafia degli affari è già riuscita a infilarsi nei cantieri per l’evento sportivo.

La procura di Milano ha arrestato un imprenditore calabrese, condannato in passato per ‘ndrangheta, accusandolo di essere il reale titolare di un gruppo di imprese attive negli appalti pubblici in Lombardia e Piemonte: tra i contratti che aveva ottenuto c’erano pure quelli per l’area Porta Romana, nel cuore della metropoli meneghina, dove sorgerà il villaggio olimpico.

Le cosche hanno sempre cercato di inserirsi nei lavori per eventi di richiamo internazionale, come l’Expo del 2015 sempre a Milano quando indagini e scandali convinsero il governo a introdurre una rete di sorveglianza specializzata. E lo stesso è accaduto persino nella ricostruzione del Ponte Morandi di Genova, il cavalcavia crollato nel 2018 causando la morte di 43 persone: un’azienda legata ai clan è stata scoperta e sequestrata dagli investigatori.

Norme antimafia aggirabili

In tutto il territorio italiano le leggi antimafia prevedono che per partecipare alle gare pubbliche, anche attraverso subappalti, le società ottengano dalla prefettura l’iscrizione in una white list, ma i controlli in questo caso si limitano quasi sempre a verificare in maniera burocratica che tra soci e amministratori non figurino personaggi con legami criminali. Un sistema che – come hanno dimostrato le inchieste giudiziarie degli scorsi anni – viene facilmente aggirato.

Contrasto alle mafie: la “difesa passiva” che fa ancora difetto alla Svizzera

Mancano una banca dati comune per la polizia e altre misure di sorveglianza che permetterebbero di contrastare meglio le infiltrazioni mafiose.

Basta fare come il pregiudicato Pietro Paolo Portolesi, nativo della provincia di Reggio Calabria ma cresciuto nell’Italia Settentrionale, che secondo le contestazioni aveva intestato quattro aziende a un prestanome, riuscendo così a ingannare le verifiche preventive e a entrare con la Legnano Ecoter nel cantiere del nascente villaggio olimpico dei giochi invernali.

Il business del movimento terra

A leggere gli atti dell’accusa, il ritratto di Portolesi è quello tipico della generazione di imprenditori mafiosi che sta infiltrando l’economia italiana. Lui si muove nel primo settore preso di mira dalla ‘ndrangheta nelle regioni del Nord: il movimento terra, ossia il trasporto dei materiali necessari alla costruzione delle massicciate stradali, di quelli provenienti dagli scavi delle fondamenta ma anche delle macerie scaturite dalla demolizione delle vecchie fabbriche dismesse. Milioni di tonnellate che vanno trasferite e spesso smaltite secondo rigorosi criteri ambientali. Gli annali della mafia raccontano che negli anni Ottanta Franco Coco Trovato partendo da questa attività aveva raggiunto una sorta di monopolio in Lombardia, affermandosi così nella “cupola” che da Reggio Calabria dominava l’impero mondiale della ‘ndrangheta.

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