A cura di Carmelo Calabrò
La Lombardia è la regione italiana più ricca di laghi. I grandi laghi lombardi sono stati tra i primi luoghi abitati del Nord Italia. Resti di villaggi su palafitte e insediamenti sono stati rinvenuti intorno a tutti i grandi laghi, dai dintorni di Varese fino al lago d’Iseo e Garda. Non c’è da stupirsi se i Romani non appena si spinsero tanto a nord durante la loro espansione, rimasero incantati dai laghi. Il Lago Maggiore (Lagh Maggior, in dialetto lombardo) è il secondo lago in Italia, per estensione, venendo dopo il lago di Garda. Situato ad una altezza di circa 193 m. s.l.m., il Verbano ha una superfice di 212 km quadrati,(è formato dalle acque del fiume Toce e del Ticino) e una parte dei quali, circa 80% si trova in territorio italiano, tra il Piemonte e la Lombardia, mentre il 20% della superfice si trova invece in territorio Elvetico. Per circa 66 chilometri il Lago Maggiore (che ha la massima profondità di circa di 370 metri tra Ghiffa e Valtravaglia) si estende in lunghezza e s’incunea fra i monti partendo da Sesto Calende, a sud, e giungendo fino a Locarno, in Svizzera,(la sua baia settentrionale, visibile dalla foce del Ticino, appartiene alla Svizzera dal 1513) a nord circondato da rilievi e colline, che lo riparano dai freddi venti nordici. Pochi altri laghi italiani sono carichi di storia come il lago Maggiore o Verbano.
Vale la pena ricordare che, sulle rive del Lago Maggiore, (che i romani chiamavano Verbano) Giulio Cesare sconfisse i Galli Cisalpini e questo territorio, di grande importanza commerciale e di strategico militare, restò in mano saldamente all’impero Romano, fino alle scorribande dei popoli nordici e le invasioni barbariche nella tarda romanità. Poi nel Medioevo divenne un possedimento ambito da molti casati come i Della Torre, i Visconti, gli Sforza e i Borromeo. In particolare la famiglia di lunga dinastia, Borromeo, (che hanno lasciato testimonianze significative della loro signoria, grazie anche all’opera di due arcivescovi milanesi, S. Carlo e il nipote Federico) fedelissimi dei Visconti, ebbero un’enorme influenza sul Lago Maggiore, e cercarono, via, via, di costruire una fitta rete di strutture fortificate, che costituì una sorta di barriera alle infiltrazioni esterne, ed unì ancor più strettamente le due opposte sponde per proteggere il territorio milanese da aggressioni di popoli stranieri provenienti dalla Svizzera. Al di là delle considerazioni storiche, di origine molto remota, ma necessarie come prima significativa chiave di lettura, Il Verbano, come gli altri laghi subalpini immensi specchi d’acqua, la sua caratteristica è di possedere due volti: uno quello turistico, di altissimo livello, spensierato, vacanziero e piacevole di villeggiatura; l’altro quello di avere veri e propri tesori artistici e storici che meritano di essere visti. Splendide ville, bei palazzi, alberghi con scalinate e terrazzi, imponenti rocche, dolci e riposanti paesini, silenziose pievi, borghi e luoghi religiosi, secolari complessi monastici, che punteggiano le boscose erte rive del Lago Maggiore ( dove spiccano le isole Borromee, Isol Boromei, in dialetto locale) testimoniano la loro storia e il loro il fascino.
Senza alcun dubbio, tra le tante testimonianze, uno dei scenari particolarmente più suggestivi e affascinanti che meritano di essere visti sul Lago Maggiore, è l’Eremo di Santa Caterina del Sasso Ballaro, sito nel comune di Leggiuno, un piccolo centro in provincia di Varese, a metà strada tra Laveno e Angera. L’eremo, che si staglia, spiovente a picco sul lago, è un grande complesso monastico, uno dei luoghi più caratteristici di architettura religiosa della sponda “magra” cioè quella lombarda del Lago Maggiore, quasi di fronte a Stresa. Uno dei santuari, più suggestivi e complessivamente più belli d’Italia e di fama internazionale. L’antico monastero è abbarbicato, per la sua particolare struttura, su uno strapiombo di parete rocciosa bianca calcarea, di circa 76 metri, dove una luna scalinata consente di scendere dall’Eremo fino ad un piccolo all’imbarcadero, vicino agli scogli, e i sassi levigati dalle onde del lago. Al di là della superba bellezza del luogo, imponente e selvaggio, è la storia stessa del complesso monastico, le cui origini, sono legate a eventi miracolosi e plurimi, ad attirare moltissimi visitatori provenienti da tutto il mondo.
Le origini e la fondazione dell’Eremo, arroccato su una ripida parete rocciosa, con una vista incomparabile sul lago, risale probabilmente alla fine sec. XII e agli inizi del successivo, e dovrebbe risalire, secondo la tradizione,(difficile districarsi tra storia e fantasia) alla figura del beato Alberto Besozzi di Arolo, anche se in realtà non si sa nulla di preciso di questo personaggio. Una leggenda narra, che in una cupa notte, durante un violento temporale, pioggia impetuosa, vento burrascoso, onde alte, un tale di nome Alberto Besozzi, un facoltoso mercante dei luoghi, originario di Arolo-Leggiuno, durante l’attraversamento del Lago Maggiore, su una imbarcazione, nel pieno di un temporale improvviso, nella disperazione del momento, si raccomandò a Santa Caterina d’Alessandria, martire cattolica, a cui era tanto devoto, che se si fosse salvato, avrebbe cambiato stile di vita. Ad ogni modo, quella notte, il ricco mercante, riuscì a fortunatamente a salvarsi, da quel terribile nubifragio, e a raggiungere la riva, dove trovò una fenditura in una grotta sporgente, al pelo dell’acqua, proprio sotto il Sasso Bàllaro o rupe Bàllaro. E proprio lì, nei pressi di quella spaccatura naturale della roccia, dove si era tratto in salvo, il Beato, ovviamente tenne fede al voto di penitenza, e decise di ritirarsi, in penitenza e preghiera, per il resto della sua vita. Tuttavia, diversi anni dopo, una furiosa epidemia colpì, con seri pericoli, i territori in particolare lungo il bacino del Lago Maggiore, e nella circostanza le popolazioni della zona chiesero fiduciosamente preghiera all’eremita. Miracolo o caso, narra la tradizione, che il terribile morbo scomparve, grazie alla miracolose preghiere di Alberto. E lui, il Beato, a seguito di una rivelazione angelica, fece costruire dagli abitanti del luogo, pienamente sicuri per la gratitudine della grazia ricevuta, in quel impervio tratto di roccia, una angusta cappelletta dedicata a Santa Caterina d’Alessandria, (del tutto simile a quella presente sul monte Sinai, cappella tombale della Santa). Gli avvenimenti appena richiamati resero, quel luogo, quella originaria cappelletta innalzata, un simbolo e punto di riferimento di vita spirituale, La santità, di questo luogo impervio e solitario, si diffuse rapidamente, e molte rilevanti offerte in varie circostanze da parte della devozione locale, con l’appoggio anche di autorevoli personaggi, affluirono alla cappelletta, che con il passare del tempo, divenne, un magnifico complesso monastico.
Ricostruire la storia dell’ Eremo non è facile, tanti sono stati i mutamenti e le vicende complesse avvenuti nel corso del tempo. Ad ogni modo durante il XIV secolo, il complesso dell’Eremo con la sua particolare struttura, subì, poi successivi ampliamenti, e venne arricchito da due chiese: San Nicola e Santa Maria Nuova e l’Eremo iniziò in passato a essere sorretto da diversi ordini religiosi che si sono poi alternati nei secoli. Da sottolineare che agli inizi del XVIII sec.,( non vi è una data precisa, ma approssimativa) l’Eremo, secondo la tradizione, vide un altro evento prodigioso, e si gridò perfino al miracolo, quando per un dissesto geologico, forse un piccolo terremoto o per cedimenti rocciosi, cinque enormi sassi, “sassi ballerini” di circa due tonnellate, si staccarono dall’incombente montagna soprastante, e precipitarono sul complesso monastico, dove si arrestarono, quasi miracolosamente, sulla volta della chiesa, serrandosi e comprimendosi vicendevolmente, senza causare gravi danni. I sassi non riuscirono a distruggere la tomba dell’eremita, che la popolazione aveva proclamato beato, subito dopo la sua morte. Questo celebre prodigio, contribuì, naturalmente, a rendere questo luogo, un posto miracoloso, e di grande popolarità. La vicenda più singolare, di questo episodio antico, che viene riferito, che i grossi sassi caduti, rimasero incredibilmente, per quasi due secoli, in bilico, impigliati nella stessa posizione, fino a quando nella notte fra l’11 maggio e il 12 maggio del 1910, quando, con sorpresa, caddero ulteriormente, e si adagiarono sul pavimento, senza provocare danni ingenti. A questo proposito, merita di ricordare, che gli ingombranti sassi, furono in seguito rimossi, nel 1983, e portati via dalla chiesa solo durante dei lavori di restauro e consolidamento. Questi “sassi traballanti” , sembrano, fra le ipotesi fatte, aver dato il nome all’Eremo, che per esteso è Santa Caterina del Sasso Ballaro, anche se è più probabile che l’etimologia del nome sia legato al vicino centro abitato Ballante,
Una visita a Santa Caterina del Sasso Ballaro, tra roccia di calcare bianco e la natura verdeggiate, è un viaggio spettacolare, per goderne appieno e coglierne l’unicità di momenti di cultura, raccoglimento spirituale, pace e tranquillità. Il Santuario oggi comprende molti aspetti scenografi e pittoreschi di arte medievale, che si possono ammirare sia all’esterno quanto all’interno del complesso monastico, dall’austera mole, aggrappato su un promontorio roccioso, che svetta a picco sul lago, in un incantevole panorama dove lo sguardo spazia amplissimo e abbraccia il Golfo delle isole Borromee, (Isola Madre, Isola dei Pescatori, e Isola Bella) con le Alpi che fanno da cornice, e più lontane, all’orizzonte, verso le vette innevate della Svizzera, che si protendono verso nord come l’ago di una bussola. L’accesso all’Eremo può avvenire, tramite una scalinata, circa un’ottantina, se si arriva dal lago con il battello delle linee di navigazione del Lago Maggiore, con attracco nell’imbarcadero del porticciolo annesso, oppure via terra, scendendo da un piazzale sovrastante, verso il complesso monastico, per una lunga scalinata.
Entrando nell’Eremo, luogo di silenzio e raccoglimento, si accede subito in un porticato con colonne di granito ad arcate d’impronta rinascimentale. Alla prima occhiata, però ci si accorge subito che l’impianto generale dell’Eremo attuale ha una struttura davvero singolare, E’ costituito da una fusione di strutture preesistenti di tre edifici, (che erano originariamente distinte e che sono sorte in epoche differenti) che costituiscono il complesso monastico: Convento Meridionale, Coventino e la Chiesa. Il convento Meridionale (XIV-XVII sec), che si presenta con un bel porticato di sette arcate. L’edificio si presenta su due piani, e con un repertorio variegato e di inestimabile tesoro di antichi e interessanti affreschi, e dove nella sala capitolare, si possono ammirare decorati su una prima parete, un grandioso affresco risalente alla prima metà del 1400 raffigurante il vescovo Sant’Eligio, che guarisce il ginocchio spezzato di un cavallo, ed un monaco, Antonio Abate, con una fluente barba e un classico bastone che benedice. Sono due santi protettori degli animali. Dall’altra parte opposta, un altro affresco, dello stesso periodo, che rappresenta la Crocifissione con Gesù Cristo circondato da alcuni soldati.
Il Conventino, (situato di fronte al cortile dove vi è un antico torchio, per la spremitura dell’uva e delle olive, datato 1759). di architettura gotica, impreziosito con portichetto ad archi, e con soprastanti finestrelle romaniche, luogo che in epoca passata veniva utilizzato come ambiente di servizio per il convento meridionale, infatti presenta cucina, refettorio e le allineate celle in cui i frati dormivano, e una sala comune al piano superiore, con molte decorazioni. L’edificio è di rilevante antichità, e nella fascia alta del muro del portico è raffigurato un affresco, una Danza Macabra, o Ballo della Morte (XVII sec) in cui è svolto il consueto tema della morte che coglie improvvisamente umili e potenti e alla quale è inutile resistere. Questo soggetto era molto usato in quei secoli, per raffigurare tutte le vanità del mondo e l’attaccamento al potere terreno che poi finivano con la morte. Una specie di monito, ”memento mori”, ricordati che devi morire. Infine la Chiesa, il cuore mistico del monastero, sufficientemente silenziosa per favorire un minuto di raccoglimento. All’interno della suggestiva chiesa si possono ammirare molte inestimabili decorazioni, dipinti sacri, cicli pittoreschi di pittura lombarda e pregevoli affreschi sulle pareti di Giovanni Battista de Advocatis di Milano e di Giovanni Pietro Crespi di Busto Arsizio. Tutte opere di diverse epoche, dove arte, storia e spiritualità si estrinsecano splendidamente. Nella attuale chiesa, realizzata nel corso dei secoli, e formata dall’unione di tre cappelle, successivamente unite a formare un unico ambiente, si trova la cappella di Santa Caterina ed inoltre il sacello dove sono custodite gelosamente dal 1535 le preziose reliquie del Beato Alberto, attorno alla quale, attualmente, i più devoti si inginocchiano a pregare. Un’altra curiosità, meritevole di segnalazione, e di grande importanza, è la torre campanile di stile romanico, che presenta quattro finestre bifore all’altezza della cella campanaria. Il massiccio campanile in pietra d’Angera, è’ alto 15 metri circa, in posizione dominante sul panorama affascinante del Lago Maggiore. In origine questa superba torre campanile, che ha una base rettangolare, era stata costruita come campanile della Chiesa di San Nicola, (costruita tra il 1307-1320, per un lascito, e dedicata al protettore dei naviganti) e aveva anticamente, la sua entrata autonoma, in prossimità dell’impianto ecclesiale, oggi murata.
E a completare la storia plurisecolare e affascinante in tutta la sua singolarità, dell’antico monastero di Santa Caterina del Sasso Ballaro, occorre ricordare, qualcosa di più, sia pure di tutt’altro genere. La sua bellezza in uno dei poli più belli del Verbano, è talmente straordinaria, che ha fatto da sfondo (seppur mai direttamente nominato sulle trasposizioni filmiche) sul set cinematografico del cinema italiano, nelle riprese del film del regista, Dino Risi “La stanza del Vescovo” (1977), e poi più avanti, va peraltro ricordato, che ancora, L’Eremo, fu immortalato anche nelle riprese televisive della Rai, nello sceneggiato tivù “I promessi Sposi”, (1989) diretto dal regista Salvatore Nocita, come convento di “Frà Cristoforo, pur non avendo in realtà alcun legame reale di copione, con le vicende del romanzo indimenticabile, di manzoniana memoria, su “quel ramo del lago di Como, che volge a Mezzogiorno”, dove il convento di frà Cristoforo era a Pescarenico, un rione di Lecco, posto esattamente sulla riva sinistra dell’Adda.
I limiti concessi a un articolo di giornale mi sollecitano a concludere. Ma non so terminare se non ricordando, che:
- L’Eremo di Santa Caterina del Sasso Ballaro, è stato molto amato da San Carlo Borromeo, che lo visitò nel 1574 e ancora nel 1581, e si prodigò molto a mantenere popolare tra la popolazione del Verbano la figura e il culto del fondatore;
- L’Eremo, complesso monumentale, uno dei più significativi e noti del Medioevo lombardo è stato proclamato monumento nazionale nel 1914;
- dal 1970 l’Eremo, bellezza del Verbano, è passato sotto la proprietà della Provincia di Varese, che in seguito a ricognizioni approfondite, ha effettuato importanti lavori di consolidamento delle rocce e interventi di ingegneria geologica e di alcune murature per il restauro architettonico del nucleo costruttivo del monastero.
- dal 1986 al 1996, il panoramico monumento monastico, è stato retto da una comunità di frati domenicani, successivamente fino al 2018 dagli oblati benedettini. Dalla primavera del 2019 la gestione religiosa dell’Eremo e di tutte le opere, sono state affidate alla Fraternità Francescana di Betania, che accolgono molti turisti e pellegrini religiosi a livello internazionale.
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