Ecco Carlo Carletto che come ricordava Corrado, per fare dispetto a papà l’ha fatta nel letto. Ecco Carlo decenne, primo della classe nella trasposizione Rai del mielosissimo tomo socialista deamicisiano Cuore, regnante Craxi nel paese e sul set il nonno Comencini, padre della commedia all’italiana, su testi della madre e figlia Cristina, compagna del padrone di Cattleya, che fa quasi tutta la fiction pubblica. Sguardo franco e imperioso, con voce morbidamente romana ma scattante di comando, puntiglioso recitava Carletto, Io nacqui….ma no, dichiarava altro il bimbobello.. Io nocqui tu nuocesti egli nocque. Mentre scandiva lo guardavano commossi, assieme a tutti i parenti, De Filippo, Dorelli e Pagliai. Sul set era disastroso, costrinse a rifare una scena intera, aggrappato alle sottane della De Sio; fin d’allora era chiaro che gli piacevano le tardone, come a Macron d’altronde. Ricorda il grosso giudice governatore delle Puglie, Uno che ha messo incinta la segretaria del compagno della madre o è un genio o ha preso poche botte da bambino.
La madre della prima figlia di Carletto, avuta a 15 anni, aveva dieci anni di più. Per tacita intesa, è un classico caso di furto d’identità. Ovunque fa di nome Segretaria e di cognome Del compagno della madre. Protagonista di una vera commedia all’italiana fra padri che aspettano la segretaria in camera d’albergo e figli liceali che la concupiscono guardandola sotto la doccia e che precedono sul filo di lana l’augusto genitor. Quello che gli altri sognano sullo schermo, il neo Marchese del Grillo trasforma in realtà, perché Io sò Io e voi.. Carletto è la dimostrazione che non cambia mai niente. Il suo profilo è lo stesso del giovane principe Tancredi Falconeri de Il Gattopardo, scritto dal Tomasi di Lampedusa e filmato da Visconti. Il giovane aristocratico siciliano corre la cavallina, tradisce la famiglia, inclusa l’adorata zia ed il grande zio principe di Salina, arruolandosi nei garibaldini e guadagnandosi sostegno e ricchezze dal mezzadro mafioso, per poter diventare sabaudo senatore del nuovo Regno. Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi. Difatti la claque intona un canto nuovo, anzi antico.. lo Steve Jobs dei Parioli, il politico che usa meglio i social, il nuovo eroe della politica italiana.
Agnellista, ferrarista e confindustrialista, ultimo della razza padrona, a Carletto non cale se ci sono i dc, i socialisti, i liberali, i carini, i montiani, i piddini, i grillini, l’importante è galleggiarci sopra. Soprattutto non gliene cale del popolo elettore, lui che è l’Eletto, mai eletto da nessuno, come rimarcava Giordano. Candidato montiano, trombato alle elezioni, tac, fatto viceministro da Letta. Fatto ambasciatore a Bruxelles, vomitato dall’Unione, tac, fatto ministro da Renzi. Si fa candidare dal Pd, passa in Europa al terzo tentativo, e tac lascia subito il Pd. Si candida a Roma e perde con gran successo. Sul fronte di 160 tavoli e 200mila famiglie in crisi al Mise, proclama con toni sindacalisti berlingueriani a Mirafiori, Continuiamo a combattere insieme. Contro chi? Contro l’Europa di Gentiloni? Passano Fincantieri, Ilva, Embraco; restano i nonni che guardano con affetto il merito dei nipotini, sempre nominati.
L’unto dei Parioli ora dice che il quartiere nobile gli fa schifo e che preferisce l’Africano; racconta di una vita di stenti tra economisti, giornalisti, la nonna aristocratica, presidenti Anica, registi (nonno, mamma, zia, secondo padre acquisito), la meglio gioventù e la meglio anzianità. Secondo il nostro spermatozoo d’ oro della Roma borghese, definizione di Abbate, non ci sono neanche più i camerieri in polpe e guanti bianchi quelli che procuravano di nascosto i giornaletti adolescenziali sporchi che l’amico di famiglia Lattuada filmava per tutti. C’è chi nasce con la camicia e chi direttamente in smoking. Più in alto, si nasce pinguino con colletto duro, petto mollemente inamidato, chick nel frac sul pack. Per entrare nel suo partito, Azione, fondato da uno che ha detto tanto e fatto niente, anche Gelmini e Carfagna hanno dovuto dimostrare di saper coniugare il verbo nuocere.
E l’Io nocqui stavolta ha fatto un grande pack. Concluso un vantaggiosissimo accordo elettorale con il fesso guida piddina, l’ha rotto all’improvviso, con quei salti di testa che solo a Capalbio ci si può permettere. La rottura dell’accordo tra Azione, il partito, ed il Pd, inguaia quest’ultimo ed anche i poveri avanzi radicali che sono subito corsi alle Calende a pregare di ripensarci. Si vota a settembre però, l’estate è ancora giovane. Ci sarà il tempo per la riappacificazione e la seconda, se non la terza, rottura. L’obiettivo del Calenda non è qualcosa o qualcuno; semplicemente è far parlare di sé fino all’ultimo. Consumare i piddini nella disperata ricerca di alleati di fronte a sondaggi sempre più tristi, fino a farli inginocchiare di fronte alla porta grillina. E solo per potersi arrogare il merito di aver rivelato l’anima fedifraga dei democratici. E’in fondo una gara con Renzi a chi gabba di più e meglio il triste pisano.
Carletto ha un vantaggio strategico. Se Renzi finisce sempre con fare male a sé stesso, Carletto, l’Io nocqui, porta male agli amici. Passato lui, sono scomparsi Montezemolo, Italia Futura, quella Ferrari, quella Confindustria, innumerevoli operai, Monti, Rutelli, la Bignardi che cinguettava bravissimo, bravissimo. Devono pagare coloro che l’hanno elevato, da Gentiloni a Renzi a Letta. Il primo opportunamente è fuggito all’estero dalla maledizione, il secondo, in caso di alleanza, fa prudentemente un passo indietro. Rischia anche Draghi, icona del Carletto, che si tocca preoccupato. Certo, potrebbe andare male ad Azione che potrebbe venire travolta assieme ai postradicali cui toccherebbe sparire nelle liste Pd (e questo sarebbe l’aspetto positivo della vicenda). A Carletto non cale, Lui cade sempre in piedi; può sempre sostituire l’Andreatta a Rai fiction. Nel caso contrario, il Pd potrebbe rivivere l’incubo del 2001 moltiplicato all’ennesima potenza. Allora Carletto, lui che è un destro ottocentesco, si ergerebbe a figura principe della sinistra, proprio come Tancredi Falconeri nel suo comizio finale. Certo per essere perfetto dovrebbe avere l’erre moscia della madre. Qualunque risultato ci sarà, dirà di aver compiuto, date le condizioni di partenza, un miracolo. Sarà lunga la lista comunque di coloro cui avrà nociuto
Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.