Nel 1970, per la prima volta, il giornalista Tom Wolfe definì i “radical-chic”: erano la casta dei ricchi borghesi che – per moda o per noia – sostenevano apertamente le posizioni del marxismo-leninismo.
Questi “rivoluzionari da salotto”, animatori della “sinistra al caviale” che va a braccetto con il capitalismo, sono oggi la più influente lobby ideologica dell’Occidente: dominano i grandi media internazionali, presidiano le Università, la Magistratura e i gangli vitali dello Stato, orientano il linguaggio, emettono sentenze e stilano i pressanti speech codes del “politicamente corretto”. Chi non si allinea ai loro dogmi, come dimostra il grottesco teatrino mediatico che invade i nostri schermi, è tacciato di razzismo, sessismo e xenofobia.
Ma chi sono, realmente, i radical chic? Quali sono i loro valori, i loro fini e le loro strategie? Cosa si cela dietro le scomuniche del loro “pensiero unico”? In “psicopatologia del radical chic ” di Roberto Giacomelli , un testo – libero e controcorrente si rappresenta allo un’invettiva sincera, uno studio attualissimo ed una voce fuori dal coro.
Post Mauro Porro
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