Intervista alla giovane regista Laura Samani, vincitrice del David di Donatello

Cultura e spettacolo
di Laura Bonelli
Un lungometraggio di esordio che è valso il David di Donatello alla giovane regista triestina Laura Samani. 
Piccolo corpo, prodotto da Nefertiti Film con Rai Cinema, Tomsa Films e Vertigo è un piccolo capolavoro di cinematografia e intenti.

Laura Samani al David di Donatello
Ispirato alla storia del Santuario della Madonna di Trava in Friuli dove si dice venisse praticato un rito per cui i bimbi nati morti riprendessero vita per un respiro, giusto il tempo di avere un nome ed essere battezzati, il film narra la storia di Agata, una giovane madre che intraprende un viaggio verso i misteriosi monti della Carnia sperando nel miracolo per la sua piccola nata morta. Verrà accompagnata da Lince, una figura silenziosa e indecifrabile e sarà un viaggio di scoperta e cambiamento anche per lei.
Narrato con immagini che restano impresse per intensità e armonia, con due ottime attrici protagoniste, l’esordiente Celeste Cescutti e Ondina Quadri, il film ha il grande pregio di togliere l’aspetto religioso legato alla ritualità del miracolo rendendolo un percorso dell’animo femminile capace di portare in sé l’arcana connessione tra la vita e la morte, senza paura. 

Com’è nata l’idea del film?

Nel 2016 Aldo Morassutti, un signore della mia regione, mi ha nominato Trava per la prima volta. Si tratta di un santuario tuttora esistente che si trova in Carnia, in provincia di Udine. Lì venivano portati i bambini nati senza respiro, perché si diceva che lì potessero tornare in vita per ricevere il battesimo e uscire dal limbo. Sono andata a visitare Trava e ho iniziato a indagare.

 

 


Piccolo corpo è un film “matriarcale”. Come mai questa scelta?

É accaduto in modo naturale. Se ci pensi, quando ci sono film con interpreti prevalentemente maschili, non ci poniamo la stessa domanda. Non me la sono posta neanche io, ma il primo tassello nel processo creativo è che dai documenti che parlavano dei miracoli del respiro, risulta che erano principalmente gli uomini a fare il viaggio verso i santuari. Le puerpere erano allettate, i viaggi erano lunghi e faticosi. Io sono per natura curiosa rispetto a ciò che rimane fuori dal quadro ufficiale, quindi mi sono subito chiesta: ma se nel nostro racconto il viaggio lo facesse la madre?
Ho letto che Celeste Cescutti si era presentata all’audizione come comparsa, tu invece l’hai scelta come protagonista…

Nel 2017 stavo cercando una ragazza per girare un promo, cioè una scena da poter mostrare ai possibili investitori. Celeste si è presentata a questo casting aperto a ragazze anche senza esperienze precedenti, non sapendo di cosa si trattasse nello specifico. Ed era l’esatto opposto di ciò che stavo cercando, quindi mi ha colpita subito. Abbiamo lavorato insieme sul promo e ci siamo trovate bene, così ci abbiamo pensato un po’ su entrambe e poi ci siamo dette “Ok, facciamolo”.

 


Il film non ha un concetto “classico” di colonna sonora ma è accompagnato da canti e suoni della natura. C’è un motivo particolare?

Al tempo il mondo suonava in modo diverso. Potevi sentire in lontananza il suono delle campane e in base a questo orientarti sia nello spazio che nel tempo: sapere che vicino c’era un paese e che ora era. Si cantava insieme, per tenersi compagnia, ma anche per darsi il ritmo nel lavoro e per passare le informazioni da una generazione all’altra. C’era proprio un mondo sonoro diverso da oggi, volevo tornare lì. Anche la poca musica di commento che c’è, composta da Fredrika Stahl, è stata eseguita a cappella per mantenere organicità.

Trailer del film

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