“Prenderemo decisioni difficili e scomode”, ha annunciato l’amministratore delegato Bob Chapek ai dipendenti. Oltre al congelamento delle assunzioni e ai viaggi di lavoro ridotti al lumicino – si potrà procedere solo con quelli essenziali dando la precedenza agli incontri virtuali -, Walt Disney non esclude la possibilità di una riduzione del suo staff. Il piano di ridimensionamento dei costi segue la trimestrale deludente della società e le perdite registrate dai sui servizi streaming che, solo nell’ultimo trimestre, hanno registrato un rosso operativo di 1,5 miliardi di dollari legato al boom dei costi per la produzione dei contenuti e alle spese di marketing. Proprio su queste due aree Chapek intende intervenire senza “sacrificare la qualità” ma rendendo gli investimenti “efficienti e con benefici tangibili per il pubblico e la società”. L’amministratore delegato prevede che le perdite di Disney Plus inizieranno a ridursi già nel trimestre in corso e che la società potrebbe girare in utile nel 2024, anche grazie all’aumento del costo degli abbonamenti e all’introduzione di un servizio con pubblicità. Come molte altri studios di Hollywood, Disney si deve adeguare alla fine della fase della crescita a tutti i costi nella guerra dello streaming. Durante la pandemia Wall Street ha lodato e premiato Disney, Warner Bros e Netflix per le significative spese sui contenuti. Ma quando nei mesi scorsi la crescita degli abbonati di Netflix si è fermata, gli investitori hanno iniziato a chiedere di vedere una strada verso la redditività. Da allora Netflix ha ridotto la propria forza lavoro, e Warner Bros sta intraprendendo una strada simile cone molte delle sue divisioni che si preparano ai tagli. Nei media digitali il quadro è ancora peggiore con Twitter ha dimezzato la forza lavoro, e Meta che ha tagliato 11.000 posti. In tutto i posti di lavoro andati in fumo nella Silicon Valley dall’inizio dell’anno sono oltre 100.000. (ANSA)
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