La configurazione dell’area urbana milanese-lombarda è estesa e complessa poiché è un insieme di insediamenti valutato da Eurostat in 5,2 milioni di abitanti, comprendente la città di Milano e il suo intorno policentrico.
Tuttavia gli insediamenti circostanti Milano non sono città dormitorio, bensì esse stesse poli significativi di attività economiche e culturali. In questi insediamenti una parte, minoritaria, dei cittadini attivi è pendolare su Milano. Tuttavia anche i cittadini milanesi pendolano verso questi centri in quantità sempre maggiore.
Si tratta quindi di un’area urbana integrata che costituisce un unico polo di attività economiche.
Questa configurazione, allora agli albori, era ben chiara agli urbanisti che redassero il Piano Regolatore di Milano del 1950, quando dichiararono di non volere uno sviluppo a “macchia d’olio” della città e quindi limitarono fortemente l’area della sua possibile espansione.
Contribuirono così a costruire un potente sistema policentrico integrato che giunse sempre più esteso e robusto ai giorni nostri.
Un sistema siffatto, però, non poteva prosperare se non con una rete di trasporto sempre più efficiente.
Non a caso, già nel 1915, in Lombardia erano in funzione 1.413 Km di linee ferroviarie dello Stato, 525 Km di ferrovie in concessione, e più 1.518 Km di tranvie extraurbane.
Così si spiega l’entusiasmo di Giovanni Verga per la gita al lago di Como che, grazie al servizio ferroviario, aveva potuto fare in giornata .
Cosicché lo sviluppo economico dell’area milanese ha sempre proceduto di pari passo con lo sviluppo della rete di trasporto, generatrice anche, e sempre di più avvicinandosi ai giorni nostri, dello sviluppo urbanistico dell’area.
Così come gli estensori del primo PRG di Milano avevano chiara questa prospettiva, anche gli amministratori che seguirono, prima comunali e poi regionali, avevano capito che lo sviluppo del territorio e delle reti di trasporto era strategico per il progresso e il benessere dell’area.
La rete delle FS e delle FNM rispondeva alla bisogna, poi iniziò Milano con la prima metropolitana, la M1, che inaugurò il trasporto urbano di massa, e ben presto interurbano estendendosi fino a Sesto San Giovanni.
Ma a livello regionale si capì subito che occorreva una rete più efficiente e si concepì il Passante Ferroviario, dapprima ne fu paladino l’ing. Semenza e poi altri, sopra tutti Roberto Biscardini nel suo mandato di Assessore Regionale ai Trasporti.
Anche il Comune di Milano con i suoi sindaci e soprattutto con il Sindaco Tognoli si adoperò per la realizzazione del passante.
Nel frattempo il Comune di Milano aveva iniziato la costruzione di grandi parcheggi d’interscambio che potessero trasferire i pendolari sul trasporto pubblico.
Fu un punto importante quando il Comune di Milano, con Tognoli, elaborò il “Documento direttore del passante ferroviario” al fine di localizzare le grandi funzioni sopra le stazioni del passate ferroviario e quindi garantire l’accesso a queste funzioni con il trasporto pubblico.
Intanto Milano aveva già due metropolitane, M1 e M2, ramificate all’esterno del capoluogo e in piena efficienza.
Durante il mio turno di guardia all’assessorato ai Trasporti e mobilità del Comune di Milano concepimmo, progettammo e finanziammo la M4 e la M5, la M5 già realizzata e la M4 (di realizzazione tecnica più difficile) in via di completamento.
La M4 non aveva solo il compito di portare gli spostamenti dall’esterno alla città di Milano ma anche, con il tracciato sulla cerchia dei Navigli, di indurre ad una diversa configurazione ambientale del centro di Milano, rendendo possibili più estese pedonalizzazioni e anche la riapertura dei Navigli.
Non solo, quindi, trasporti pendolari ma riqualificazione ambientale. Tutte le metropolitane portano una riqualificazione ambientale ma la M4, se la politica saprà mettere in atto la sue potenzialità, svolgerà un compito assai maggiore.
A quel tempo, prendendo spunto da tutto il dibattito precedente, si concepì il tracciato del secondo passante, e si elaborò la sua configurazione.
I secondo passante, unito al primo, avrebbe recapitato direttamente al centro di Milano le provenienze da tutte le stazioni della Lombardia.
Il risultato di quanto allora realizzato è stato che le autovetture (esclusi mezzi commerciali) che entrano oggi in Milano sono 400.000, mentre erano 700.000 negli anni ‘70.
Se la stazioni del passante fossero state attrezzate con adeguati parcheggio questa cifra potrebbe essere più che dimezzata.
A questo punto il processo si ferma.
Con la giunta Moratti e le successive si imbocca addirittura una strada opposta.
Con la bozze del PGT della Giunta Moratti il secondo passante non compare più. Inutilmente ho scongiurato l’assessore De Cesaris della Giunta Pisapia di lasciare almeno per memoria il semplice tracciolino del secondo passante sul PGT o sul PUMS, senza alcun esito.
I parcheggi sotterranei privati che dopo aver messo sotto terra 25.000 auto ne avrebbero dovuto ospitare altre 25.000 sono stati in gran parte revocati.
Nessun parcheggio d’interscambio è più stato costruito.
Il parcheggio d’interscambio di grande capacità progettato per P.le Abbiategrasso è stato realizzato con poco più di un centinaio di posti auto a raso.
Da quasi 15 anni la politica dell’assetto urbanistico e dei trasporti è stata abbandonata.
A Milano è stata sostituita da una forsennata politica immobiliare di lusso, che con l’aumento folle dei prezzi, ha già espulso dalla città decine di migliaia di famiglie (50.000 solo nel 2019), acquisendo, nel tempo stesso, migliaia di singles in carriera. Il tutto snaturando la propria identità.
In più Milano, con l’area B, sta impedendo l’accesso alla città di coloro che non possono cambiare l’auto con una meno inquinante, con l’assurda credenza di poter costruire un’area con minori livelli di inquinamento rispetto all’intorno, cosa peraltro già evidenziatasi impossibile con valutazioni e rilevamenti scientifici .
Milano quindi, sta rompendo il patto, non scritto ma operante da decenni, con la sua area urbana, con il rischio di far collassare il sistema policentrico che tanta prosperità ha regalato a tutti noi.
Questa situazione evidenza una macroscopica perdita di senso da parte della politica e dell’amministrazione, su due direttrici.
Innanzitutto una perdita di senso del proprio ruolo, del dovere che gli amministratori hanno nei confronti dei cittadini. Il dovere di sempre migliorare la loro condizioni, il dovere di assicurare adeguati redditi, il dovere di garantire giustizia sociale ed evitare le disparità tra i cittadini.
Il dovere di tenere in conto non solo della porzione di territorio affidata alle proprie cura, ma di tutto il sistema.
Inoltre la perdita di senso della propria posizione sul territorio, l’incapacità di capire l’assetto del territorio, e del proprio dovere nel doverne garantire la manutenzione ed evoluzione.
Il fatto che l’assetto urbanistico vada continuamente gestito e sviluppato.
La necessità dello sviluppo delle infrastrutture per il bene di tutti.
Una perdita di senso che può avere effetti molto gravi e snaturanti dell’identità lombarda.
Mala tempora.
Giorgio Goggi già assessore ai Trasporti con il Sindaco Albertini
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