Esce una raccolta di discorsi e scritti dell’ex premier. Dalla politica economica a quella tout court è l’autoritratto di uno statista senza retorica
“Anche nei prossimi anni l’Italia continuerà ad essere protagonista della vita europea, vicina agli alleati della Nato, aperta all’ascolto e al dialogo, determinata a contribuire alla pace e alla sicurezza internazionale”.
Che si trattasse di un passaggio di testimone per il governo a venire o di un messaggio destinato a rassicurare le capitali straniere, si potrà giudicare meglio nei prossimi mesi e anni. Quel che è certo è che le ultime parole pronunciate da Mario Draghi come presidente del Consiglio fuori dai confini italiani (New York, Assemblea generale delle Nazioni Unite, 21 settembre di quest’anno) segnano anche simbolicamente la fine della sua breve esperienza di governo, ma sono al tempo stesso parole che vengono da molto lontano; da ben prima che l’ex più prestigioso d’Italia fosse “prestato” – o imposto – alla politica.
Un percorso, quello di Draghi, che viene ricostruito in modo rigorosamente ed esclusivamente documentale da Dieci anni di sfide, per l’appunto la raccolta di un decennio di suoi scritti e discorsi pubblicato da Treccani Libri per la sua Biblioteca Enciclopedica. Introdotto da una prefazione del direttore del Financial Times Lionel Barber, sebbene manchi di un apparato biografico che avrebbe potuto essere utile e sia ordinato cronologicamente in modo non intuitivo – si parte dall’ultimo discorso per ritrovarsi a pagina 279 con un intervento del marzo 2011 – creando così un certo effetto “Benjamin Button”, il volume è comunque di sicuro interesse nell’identificare temi di fondo, cambi di prospettiva, evoluzioni e reazioni al mutare degli eventi (comprese la pandemia e l’attacco russo all’Ucraina), di una figura centrale non solo per l’Italia ma per una fase fondamentale della costruzione europea come è stata quella della moneta unica.Accade infatti che, come scrive Barber, “Draghi ha capito da tempo che in democrazia un buon discorso pubblico permette di creare e riaffermare la legittimità” e che “questo precetto vale in generale in politica, ma è particolarmente rilevante per un policy maker che ha coperto le più alte cariche non elettive, prima come governatore della Banca d’Italia, poi come presidente della Banca centrale europea e infine come presidente del Consiglio italiano”.
Così, proprio la lingua del banchiere centrale – il cui compito consiste anche nell’orientare le aspettative sulle prossime mosse di un’istituzione responsabile per la politica monetaria come la Bce – deve essere misuratissima, priva di aggettivazioni, e al tempo stesso il più chiara possibile, per evitare di prestarsi a fraintendimenti che – filtrati dal ritmo nevrotico e dalla sensibilità esasperata dei mercati finanziari – potrebbero avere effetti catastrofici.In fondo, la parola può essere considerata uno degli strumenti “non convenzionali” della politica monetaria e in parte questo avviene anche grazie a Draghi e alla sua frase più memorabile (Londra, 26 luglio 2012) e così citata che qui non vale nemmeno la pena di ripeterla, con cui spiega agli operatori in attesa di un crollo della moneta europea che la Bce è “pronta a fare tutto ciò che è necessario per preservare l’euro” per poi aggiungere alle tre ormai inflazionatissime parole una pausa ad effetto e una piana constatazione: “E credetemi, sarà abbastanza”.
Nel passaggio dalla politica monetaria alla politica tout court quel modo di comunicare privo di slanci retorici e pieno di riferimenti fattuali – e qui conta anche il fraseggiare delle Considerazioni finali della Banca d’Italia, vera scuola di prosa antiretorica – porti all’apparente paradosso del “tecnico” per eccellenza, spesso bollato con l’etichetta di “uomo delle élite”, sia tra coloro che parlano più chiaro, quando le circostanze lo giustificano.
Come alla nascita del suo governo di emergenza nazionale: “Oggi l’unità non è un’opzione, l’unità è un dovere”, conclude le sue dichiarazioni programmatiche al Senato (17 febbraio 2021).Dietro gli scritti e i discorsi ci sono, ovviamente, le idee. E qui, in necessaria ed estrema sintesi, il faro costante dell’Europa (citata oltre 700 volte nei testi scelti), la scelta di campo atlantica, la coscienza di esistere in un mondo globalizzato, l’elaborazione continua dei nuovi problemi e delle nuove contingenze che richiedono risposte.
Così, per l’Italia e per le “sfide che trascendono i suoi confini, l’unico modo di preservare la sovranità nazionale, cioè di far sentire la voce dei propri cittadini nel contesto mondiale, è per noi europei condividerla nell’Unione europea che ha funzionato da moltiplicatore della nostra forza nazionale”, spiega in un discorso intitolato “Riscoprire lo spirito di De Gasperi” (Trento, 13 settembre 2016).
E ancora, uno “sguardo lungo”, da policy maker più che da politico, che ripete, riprende e affina, formule e idee a lungo studiate su temi fondamentali: come la crescita economica come unica via per uscire dalle fragilità italiane e la necessità di portare giovani e donne in pieno in quella spirale virtuosa.
“Crescita economica, giustizia sociale, sostenibilità dei conti pubblici sono pienamente compatibili fra loro, e possono rafforzarsi a vicenda”, argomenta al Meeting di Rimini (24 agosto 2022), due anni dopo aver spiegato allo stesso pubblico che non tutto il debito pubblico vien per nuocere, ma che esistono “debito buono e debito cattivo” (18 agosto 2020).”Prediche inutili” di stampo einaudiano, si potrebbe commentare adesso, dopo il rapido fuoco del governo Draghi e l’affermarsi di una maggioranza parlamentare che spinge l’Italia in tutt’altra direzione rispetto a quella delle riforme strutturali.
Ma sono invece parole (probabile che a Draghi il termine “prediche” faccia venire l’orticaria) da tenere a mente per ricordarci la necessità di non rompere il filo con l’esperienza che viene dal passato, pur srotolando sempre quel filo verso il futuro; e quella di usare un filo di altro tipo, ma altrettanto importante – merce ormai rara nel magazzino multimarche del populismo sovranista – per tessere alleanze indispensabili che tengano l’Italia al centro della costruzione europea e al passo con un mondo che non si ferma per aspettarla.
Il libro – Dieci anni di sfide. Scritti e discorsi di Mario Draghi (Treccani, pagg. 292, euro 25)
REPUBBLICA.IT – DI FRANCESCO MANACORDA
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