Due euro e venti, che diventano 4,40 se si vuole fare ritorno a casa con gli stessi mezzi pubblici. L’aumento del costo del titolo di viaggio previsto a Milano dai 2 euro attuali, che porta a un rincaro totale di almeno 70 centesimi in tre anni, getta benzina sul fuoco, ormai praticamente un incendio, delle polemiche relative agli effetti e alle conseguenze delle politiche “anti-mobilità” adottate forsennatamente dalla giunta in carica sul territorio del capoluogo lombardo e sul suo vasto e attivo hinterland, dalle cui attività dipendono persino le fortune del Pil cittadino.
Un altro aumento in arrivo? Ma ad accendere ulteriormente le discussione c’è anche un’altra ipotesi, circolata nelle stesse ore in cui si tornava a discutere di aumentare il prezzo del biglietto Atm e riportata dalle pagine milanesi del Corriere della Sera: poiché il costo di un viaggio di andata e ritorno, con il rincaro, diventerebbe molto vicino a quello dell’ingresso in Area C (che è di 5 euro) a Palazzo Marino starebbero valutando di raddoppiare anche il costo del ticket d’ingresso al centro, portandolo a 10 euro, per renderne più efficace la funzione deterrente verso l’uso dell’auto privata. Una misura non immediata ma che, se confermata, sarebbe una combinazione micidiale per chi a Milano deve muoversi: da una parte si alza il costo del trasporto pubblico (o si minaccia di ridurne il servizio, per contenere il prezzo ai livelli attuali) e dall’altra si rende ancora più oneroso l’ingresso al centro con il mezzo privato. Un provvedimento socialmente iniquo, che limiterebbe ancora di più la possibilità di spostarsi per chi, per svariati e legittimi motivi, non può usare i mezzi pubblici e non può sostenere i costi della mobilità privata, mentre lascerebbe libero di circolare chi se li può permettere. Una misura, inoltre, inadeguata ad affrontare seriamente il problema della qualità dell’aria, che a Milano, nonostante tutte le limitazioni già adottate, non migliora.
Una mano dall’Istat. Mentre Palazzo Marino e Regione Lombardia discutono sull’opportunità e si rimpallano responsabilità in materia di costo del titolo di viaggio (piazza della Scala rivendica il bisogno di un adeguamento Istat sul ticket Atm e il diritto a maggiori fondi statali alla luce di un servizio definito “eccellente” per autodichiarazione, la Regione parla di sconcertanti “falsità per coprire la malagestione del Comune in materia di trasporti” e i buchi di bilancio creati), muoversi nella città che ha dichiarato guerra alle automobili attraverso divieti fisici e progressivi alla circolazione anche di mezzi recenti e che superano la revisione tecnica obbligatoria ogni due anni, ha reso ogni tipo di trasferimento che non sia di tipo sotterraneo di fatto sconveniente. Le migliaia di famiglie costrette a rottamare la propria – e spesso unica – vettura dal dispositivo Area B, imposto senza mai presentare uno straccio di riscontro scientifico, anche a distanza di anni, sulle migliorie promesse a fronte del sacrificio preteso, le modifiche stradali sistematicamente apportate per penalizzare la viabilità ordinaria, la riduzione dell’offerta di trasporto pubblico locale, palesemente insufficiente e inadeguato per portare a destinazione in tempi decenti tutti coloro che sono già stati appiedati e che si intendono appiedare di qui al 2028, dipingono un quadro che fa, a dir poco, stortare la bocca persino all’interno della stessa maggioranza.
In piena Area B… . Alcuni consiglieri del Pd e l’intero gruppo di Europa Verde si chiamano fuori: “A questo punto del programma Area B, aumentare il biglietto è la cosa più sbagliata che si possa fare. Bisogna andare nella direzione opposta, cioè facilitare, anche economicamente, sempre di più i cittadini che vogliono muoversi in modo sostenibile. L’aumento Istat non ci costringe per niente ad aumentare alcunché. Inoltre, quando votammo anni fa l’avvio della M4 sapevamo benissimo che sarebbero aumentati di 100 milioni all’anno i costi di manutenzione e di investimento, ma prendemmo l’impegno davanti ai cittadini di non aumentare il biglietto”. Uno sconcerto che si cristallizza nel confronto con le recenti iniziative sperimentali intraprese per uscire dalle crisi climatiche, energetiche e sanitarie, che hanno restituito ottimi risultati in Germania (con il “Klimaticket” per 9 euro al mese si viaggia su tutti treni regionali e i mezzi del trasporto pubblico cittadino, in Austria 24 ore sulla rete costano 3 euro, in Spagna da tre mesi c’è il rimborso del 100% sugli abbonamenti sottoscritti), e che dovrebbero far spuntare un po’ di rossore almeno in volto a chi governa proprio in nome di visioni un po’ utopistiche ma tanto progredite, quali l’offerta ai propri cittadini di trasporto pubblico a costi contenuti, quando non gratuitamente. Come la scuola e la sanità nel Belpaese hanno già dimostrato essere possibile.
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