Il price cap “all’italiana” dal Consiglio Energia in Europa può essere il primo passo per salvare il nostro Paese da nuove bombe sulle bollette. A una condizione: che apra un circolo virtuoso politico. Ovvero che crei le premesse perché il caos e la speculazione che hanno investito i prezzi del gas, quelli dell’elettricità e, dunque, le bollette del nostro Paese restino solo un ricordo del passato.
Il combinato disposto tra nuovo clima propositivo in campo politico e, soprattutto, maggiore disponibilità di gas nelle riserve europee rispetto al passato, complice un autunno relativamente caldo, sembrano aver messo al sicuro dall’inverno gelido della crisi energetica il Vecchio Continente. Il price cap è fissato a un livello più che doppio rispetto alla proposta di Mario Draghi (180 euro al MWh contro 80) di giugno perché nel frattempo c’è stata la batosta dei prezzi di luglio e agosto, che pagheremo fino ai primi mesi 2023 nei suoi strascichi. Ma ora l’impegno dell’Ue è a depurare della componente speculativa di pura matrice finanziaria i prezzi dell’oro blu; a parlare a ogni fornitore avendo ben presente i benchmark di riferimento su cui si farà il prezzo; a non considerare la logica dei mercati Ttf un giudizio inevitabile. In un concetto: a far sì che sia il mercato reale del gas a fare la differenza e che dunque la minima parte delle bollette pagate dai cittadini rifletta componenti esterni alle variazioni della materia prima.
Cosa succederà con la Russia
Questo sarebbe stato impossibile con la vecchia proposta della Commissione: un buco nell’acqua inapplicabile col tetto a 275 euro al MWh e soglie di oscillazione tanto larghe che lo avrebbero reso inapplicabile perfino nel contesto dello tsunami dei prezzi di agosto. L’idea negoziata su iniziativa del governo Meloni è pragmatica e offre il gancio a ottenere il vero obiettivo: far sì che questo tetto ai prezzi non sia mai applicato veramente. Proprio perchè più realistico, il tetto a 180 euro può spingere i prezzi effettivi, già scesi del 17% a 110 euro a dicembre, ancora più in basso. In un anno i Paesi dell’Ue hanno speso praticamente un Recovery Fund, 700 miliardi di euro, per politiche di sostegno pubblico alle imprese e alle famiglie. Ora la volontà di offrire una risposta coerente alla crisi energetica del gas può depotenziare la speculazione e contingentarne gli effetti. Quei miliardi, compresi i 20 della manovra italiana, ci si augura possano in futuro servire a spendere per infrastrutture, rigassificatori volti a rendere l’import più sicuro, diversificazione, transizione energetica e, dunque, a non supplire più agli shock di prezzo. Prezzi del gas slegati dal caos politico e dalla guerra in Ucraina e dai loro impatti sui mercati implicheranno bollette più basse e più sicurezza energetica. Un price cap realistico apre alla modifica del mercato Ttf, altra fonte di distorsioni, e dunque a una riforma complessiva capace di raffreddare ulteriormente i mercati.
Prezzi più bassi, su questa scia, possono permettere di vincere la battaglia cruciale per evitare la recessione energetica nel 2023: dare all’Ue margini per negoziare le forniture esterne alla Russia in forma meno emergenziale nel prossimo anno non subendo le tempeste sui prezzi. Un punto di partenza fondamentale per non essere “price-taker” a livello di sistema e non subire, a livelli di popèolazione, gli effetti di una rinnovata guerra energetica e psicologica della Russia. Il price-cap così costruito è un primo passo che può evitare che la partita del gas torni a essere, nel 2023, una guerra senza esclusione di colpi. E questo è già un risultato fondamentale. (Il Giornale)
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