Don Luca Favarin: le coop, l’accoglienza e il rifiuto a mostrare i bilanci alla Diocesi

Società
In questi giorni la sinistra, ferita dai casi Panzeri e Soumahoro, ha un nuovo eroe. Don Luca Favarin. Avrà imparato dai suoi errori di comunicazione? Vediamolo assieme.
Don Luca Favarin, prete sospeso a divinis a Padova, si qualifica come “imprenditore”. Lavora nel settore dell’accoglienza e dell’integrazione. Accusa la Diocesi di voler aver a che fare con lui solo a partire dai bilanci, ignorando la sua spinta evangelica. E già da qua, come detto da molti, si sente una forte vibrazione sulle frequenze Soumahoro.
Ma soprattutto, uno nella vita deve decidere: se vuoi essere un imprenditore, per quanto di forte ispirazione cristiana, ne devi accettare le regole. E la prima regola è che ti prendo sul serio solo dopo aver visto i bilanci. Bene ha fatto, quindi, la Diocesi a decidere di vedere le carte prima di qualsiasi altra cosa.
Seconda osservazione: non è vero che Don Luca Favarin sia un imprenditore. E’ uno che, del tutto legittimamente, prende soldi dalla comunità per rieducare e integrare dei giovani e degli immigrati. Questo è un nobile lavoro, ma non è fare impresa. E anche qui, le Soumahoro family’s vibes si sprecano. La differenza fondamentale è nel capitolo “rischio”. L’imprenditore rischia il suo o i soldi di altri investitori, con l’obiettivo di fare margine. Il margine è la garanzia che tra cliente e imprenditore ci sarà sempre una leva comune. Un linguaggio condiviso. E che ci sarà concorrenza vera e reale con gli altri imprenditori.
Il business di Don Favarin è immune a molte di queste cose, non tutte magari, ma a molte di certo. La Diocesi, come si deduce dalla sua nota sul caso, ha fatto curialmente capire che, per evitare problemi come quelli delle campagne pontine, puntavano sull’accoglienza diffusa e vedevano molto, molto male le concentrazioni, tipo quelle delle Coop di Don Luca Favarin. Perché all’accumularsi di soggetti, si accumulano economie di scala, e aumentano i margini. La Diocesi non va oltre, io non voglio querele e mi fermo qua anche io. Se voi volete trarre alcune banali conclusioni sentitevi liberi.
Poi ci sono le conseguenze morali e teologiche delle proprie scelte. Siccome, come risulta dall’intervista, Don Favarin fa affari con imprenditori di sinistra (secondo voi nella definizione rientrerebbe anche Panzeri?), ovviamente le sue posizioni etiche diventano congruenti con i suoi partner in affari. Lo abbiamo visto su gay ed eutanasia. Legittimo, lo dice il Vangelo:
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: “Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza.” Mt: 6, 24.
In ultimo: la sospensione a divinis l’ha chiesta lui. E qui la sua posizione è cambiata di 180 gradi negli ultimi due giorni. Da “mi hanno cacciato” a “mi hanno costretto ad andarmene”. Come questa coazione sia avvenuta non è noto. Forse è avvenuto quando qualcuno ha smesso di accettare no come risposta alla domanda “mi fai vedere i bilanci, per cortesia?”? Non lo sappiamo, ma, e tre, io sento fortissime vibrazioni Soumahoro nell’intera vicenda. Voi no?

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