Dichiarati illegittimi dal tribunale di Milano i Dpcm Covid restrittivi della libertà personale

Milano

Il giudice di Milano, Sofia Fioretta, ha emesso una sentenza – l’ultima di una lunga serie – relativa alle misure restrittive della libertà personale durante il periodo pandemico, che etichetta indirettamente come illegittimi i Dpcm varati dal governo Conte prima e da quello Draghi dopo. La sentenza ha assolto, infatti, un trentottenne accusato di aver violato le disposizioni pandemiche e di falso ideologico e per il quale la Procura aveva chiesto due mesi di arresto e 350 euro di ammenda. L’uomo il 15 gennaio 2022, quando era in vigore il green pass, viaggiava sul treno Milano Bari senza la certificazione verde né la prova di un tampone negativo ed è quindi stato fatto scendere dal treno. Tre giorni prima era risultato positivo, ma asintomatico, a un tampone e, in base agli allora regolamenti, avrebbe dovuto rispettare l’obbligo di quarantena. A distanza di quasi un anno dall’accaduto, il tribunale di Milano ha dato ragione all’imputato in quanto «limitare la libertà con obblighi indifferenziati viola la Carta costituzionale e quindi «il fatto non sussiste».

Le motivazioni della sentenza non sono ancora state depositate, ma secondo le anticipazioni pubblicate dal Corriere della Sera, sono tre le ragioni con cui la giudice ha motivato la sentenza: la prima è quella per cui la condotta del passeggero «appare del tutto priva del requisito della necessaria offensività», poiché l’imputato non sarebbe stato «in grado di esporre a pericolo la salute pubblica mediante concreta possibilità di contagio di un numero indeterminato di persone». Il trentottenne, infatti, era risultato del tutto asintomatico al momento del controllo e negativo a un test in farmacia solo due ore dopo. La seconda ragione è che – anche se l’accusato tre giorni prima era risultato positivo – la presunta contravvenzione avrebbe dovuto presupporre non un ordine generalizzato, ma “ad personam”, ossia «rivolto a un determinato destinatario di un provvedimento amministrativo (ad esempio attraverso un sms dell’Azienda sanitaria di competenza) con il quale, verificata la positività a seguito del test, egli fosse stato sottoposto alla quarantena». Al contrario, se per considerare reato la condotta dell’imputato si ritenesse «sufficiente la semplice violazione dell’obbligo di quarantena contenuto nel provvedimento generale e astratto emesso dal governo», esso consisterebbe allora «nella violazione di una del tutto illegittima limitazione della libertà personale» e quindi «sarebbe incostituzionale per violazione del principio di riserva di giurisdizione». Solo l’Autorità Giudiziaria, infatti, può emettere un provvedimento che limiti la libertà personale con un provvedimento “ad personam”, non generalizzato, violando diversamente l’articolo 13 della Costituzione. Per questi motivi, la giudice ha concluso che «un regolamento generale e indifferenziato che imponga la quarantena ai positivi Covid appare illegittimo e dunque incostituzionale, sicché può essere disapplicato e la sua violazione non può integrare ipotesi di reato».

La sentenza in questione, così come molte altre simili degli ultimi mesi, mostra come le ragioni che hanno sostenuto l’intero impianto di restrizioni pandemiche si siano rivelate inesatte dal punto di vista giuridico, piano che si aggiunge alla fallacia ormai acclarata anche di quello scientifico: è ormai assodato, infatti  che i vaccini non bloccano la trasmissione dell’infezione e che quindi il contagio può avvenire nello stesso modo e nella stessa misura anche tra vaccinati. Tuttavia, le sentenze che sgretolano l’utilità e la legittimità dei Dpcm non vengono portate alla luce dai principali organi di stampa nazionali se non confinate in oscuri trafiletti, rimanendo nascoste e divulgate principalmente dalla stampa indipendente, così che il grande pubblico rimanga prevalentemente all’oscuro dell’illiceità dell’intera architettura costruita durante il “periodo pandemico”. L’avvocato del trentottenne accusato, Francesca Turchietti, ha detto che l’assoluzione «non era affatto scontata». Tuttavia, ha anche messo in luce come «Gli argomenti giuridici a favore di questa assoluzione erano molti forti: tutta la disciplina della quarantene e le norme che disciplinano le violazioni si espongono a seri dubbi di legittimità costituzionale».[ L’Indipendente]

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