Al processo Open Arms oltre a Conte testimonia anche di Maio: «Nessuna riunione sulla questione dei porti»

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Conte e Di Maio rinnegano se stessi sullo sbarco dei migranti dalla Ong. L’ex premier: «Mai detto che prima serviva la redistribuzione Ue». E scarica la responsabilità solo su Salvini.

E ’costellata soprattutto da una serie di «non ricordo», la deposizione di Giuseppe Conte al processo Open Arms. Ma anche di contraddizioni in termini, quando afferma, per esempio, in qualità di presidente del Consiglio, di non essere d’accordo con Matteo Salvini (ai tempi suo ministro) su come ha gestito lo sbarco dei migranti, scaricando di conseguenza, da capo del governo, la colpa al solo ex titolare del Viminale. Una sorta di temporanea “abdicazione”, quella dell’allora premier pentastellato.

La nota pirandelliana, invece, la dà l’ex vicepremier, Luigi Di Maio secondo cui nel Conte 1 non ci sono mai state riunioni del Consiglio dei ministri sulla questione della concessione del porto sicuro alle navi con i migranti. E’uno spaccato dell’udienza a Palermo svoltasi nell’aula bunker dell’Ucciardone e che vede il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. La vicenda risale all’agosto del 2019, quando l’allora ministro dell’Interno e vicepremier, costrinse l’ong spagnola Open Arms ad attendere 19 giorni davanti al porto di Lampedusa prima di permettere alle 160 persone soccorse di sbarcare in un porto sicuro.

Salvini arriva in aula alle 9 accompagnato dal suo legale, Giulia Buongiorno, pronta all’attacco dalla prossima udienza per «evidenziare quella che è la nostra posizione», annunciando anche che «ci sarà un intervento del ministro Salvini in aula». «Non ricordo di aver mai sentito parlare della presenza di terroristi a bordo della Open Arms che aveva soccorso i migranti ad agosto del 2019» dichiara Conte. «Non ricordo neppure che qualcuno mi abbia parlato di possibili accordi tra la Open Arms e gli scafisti alla guida dei barconi soccorsi», aggiunge l’ex premier. Conte sostiene anche di non aver mai saputo che il comandante della Open Arms era indagato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il capo dei 5 Stelle, invece, risponde alle domande del procuratore aggiunto Marzia Sabella sulla lettera da lui stesso inviata i l14 agosto a Salvini in cui si chiedeva proprio di far sbarcare i minori. «Cercai di esercitare una moral suasion sulla questione perchè mi pareva che la decisione di trattenerli a bordo non avesse alcun fondamento giuridico». E ancora: «Non ricordo come venne riassunta la mia lettera del 14agosto che venne diffusa ma il mio disappunto era dovuto al fatto che Salvini stava facendo passare il messaggio che il presidente del Consiglio era debole con il problema dei migranti mentre il ministro dell’Interno molto più duro». Poi la kafkiana questione sulla redistribuzione dei migranti. «Non ho mai sostenuto che senza redistribuzione non si potesse concedere il Pos (porto sicuro, ndr)», ripete più volte in aula Conte. Eppure, allora fonti governative affermavano che la linea del Conte era «per una redistribuzione immediata di tutti i migranti. E se non ci saranno risposte dai partner (altri Paesi Ue, ndr) non sarà consentito di sbarcare». Dichiarazioni mai smentite dallo stesso ex premier che, comunque, nella sua testimonianza ammette che «nel primo vertice europeo del giugno 2018 presentai un documento con 10 obiettivi che voleva affrontare il tema complessivamente. E c’era un passaggio centrale sulla redistribuzione come momento di organica politica per la gestione e la regolazione dei flussi a livello europeo».« E comunque in una lettera del 16 agosto -spiega Conte sempre in aula -rassicuravo Salvini di aver ottenuto la redistribuzione dei profughi soccorsi dalla ong da ben sei paesi». «Ma nella parte finale della lettera inviata al titolare del Viminale non si dice mai di far sbarcare tutti», contesta invece la Bongiorno.

In tal senso, secondo la difesa del capo del Carroccio, un assist arriva dall’ex ministro dell’Interno del Conte II, Luciana Lamorgese, anch’ella ieri in aula in qualità di testimone. «I tempi di attesa del Pos per le navi delle ong era di media 2 0 3 giorni» dichiara, evidenziando che si poteva «arrivare a 7 0 8 giorni se c’era da concordare la redistribuzione con altri Paesi». Rispondendo alle domande del pm Gery Ferrara, da ex ministro dell’Interno, la Lamorgese sottolinea che «noi abbiamo messo sempre in primo piano il salvataggio delle persone » rimarcando il cambio di passo rispetto al suo predecessore. In sostanza, per la Bongiorno, la dichiarazione della Lamorgese è «significativa», in quanto, «il meccanismo della redistribuzione, emerso oggi (ieri, ndr) per la prima volta in udienza, sia fondamentale per comprendere che non si tratta di ritardi nello sbarco ma solo di momenti diretti a individuare quale può essere una redistribuzione ».

Poi è la volta del testimone Di Maio che esordisce con una sparata: «Tutto ciò che veniva fatto in quel periodo era per ottenere consenso». Come dire, alla faccia del buon governo. E denuncia: «Non ci sono mai state riunioni del Consiglio dei ministri né informali, né formali, sulla questione della concessione del porto sicuro alle navi con i migranti». (Il Tempo)

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