La siccità in Iran? Colpa della ribellione delle donne che non vogliono più indossare il velo religioso secondo il precetto islamico. La follia delle autorità religiose iraniane è arrivata ad incolpare le ragazze che hanno dato il via a moti di protesta dopo la morte di Masha Amini e di centinaia di persone uccise brutalmente dalla polizia. Se non piove la responsabilità è di chi offende Dio. A sostenere questa tesi è il rappresentante della Guida Suprema nella città di Karaj che ha affermato che la ragione delle basse precipitazioni nel Paese è legata alla mancanza di osservanza del hijab, dopo che molte donne si sono tolte il velo in seguito a mesi di proteste. Le parole di Mohammad-Mehdi Hosseini Hamedani, l’imam che guida la preghiera del venerdì della città, sono state riportate con grande enfasi sulla stampa locale.
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In pratica l’osservanza dell’hijab è necessaria e chi trasgredisce è un nemico. “Non si può pensare di vivere in un Paese islamico quando si entra in alcune istituzioni, centri commerciali, farmacie, eccetera che servono donne che hanno tolto l’hijab “. Non è la prima volta che gli integralisti della Repubblica islamica collegano i riti islamici alla siccità o ai disastri naturali ma stavolta la visione oscurantista di Hosseini Hamedani sembra avere superato ogni limite. Ahmad Alamolhoda, un altro religioso aveva recentemente invitato la popolazione a pregare per la pioggia per risolvere il problema della siccità nel Paese. Persino un procuratore generale – Mohammad Jafar Montazeri, – nel 2019 aveva messo in guardia: «Il sistema giudiziario non permette alle donne di svelarsi in pubblico, perché provoca disastri naturali come inondazioni e terremoti».
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Il rappresentante di Ali Khamenei, Yousef Tabatabai Nejad, nella città di Isfahan tempo fa aveva sottolineato che la causa dell’inaridimento del fiume Zayandeh-Roud è da addebitarsi alle donne che fanno peccato, senza fare affiorare che la crisi idrica in Iran è peggiorata negli ultimi dieci anni a causa della cattiva gestione nella costruzione di dighe inutili, dell’incoraggiamento di colture come il riso.
LE PROTESTE
Le proteste in Iran sono iniziate a metà settembre a causa della morte di Mahsa Amini, una studentessa universitaria massacrata di botte dalla polizia perchè non indossava in modo corretto il velo. Da allora l’ondata di malcontento si è accesa e si è progressivamente estesa in tutta la nazione, soprattutto partendo dai centri universitari. Al centro delle proteste si sono la mancanza di diritti umani e del rispetto delle libertà personali da parte di un regime estremamente conservatore. Tra la fine del 2017 e la fine del 2019 l’Iran era già stato scosso da critiche interne per l’aumento dei prezzi. Stavolta il movimento è più radicato perchè identitario e parte da donne e giovani che sono nati dopo la rivoluzione del 1979 e non si rispecchiano nella visione della società proposta dal regime degli Ayatollah. In questi tre mesi si sono succedute violenze estese e brutali, arresti dei manifestanti, stupri sistematici sulle ragazze che si oppongono al velo fino alle esecuzioni pubbliche di diversi ragazzi, tutti ventenni.
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