Messo in soffitta l’accanimento antifascista alla Fiano e alla fri fri di Zan, vanificato il vittimismo della Cgil per la sperata evocazione ed invocazione delle squadracce di una volta, piante lacrime amare per la scomparsa di un grande punchingball come Delle Chiaie, si è rivelato un grande vuoto pneumatico a sinistra, mascherato per troppo tempo dai miti resistenziali. Se Bertinotti considera quello del Pd il corpo di un cadavere che ancora cammina solo per inerzia, resta nell’aria il bisogno di manifestare uno stato mentale, o forse psicosomatico, che razionalmente non si riesce nemmeno a determinare e mettere nero su bianco.
Corre la memoria ai giorni del comunismo sanitario dell’ex ministro della salute, Speranza, ai giorni delle decisioni autocratiche di un Conte che sembrava il duro allenatore juveinterista, presentate di sera e di notte, con una agitazione bellica, inesistente nel resto d’Europa, agli acquisti ineffabili di oggetti misteriosi e inutilizzabili, ma dichiarati miracolosi, di quell’Arcuri proveniente dall’ente cossuttiano impegnato a rivedere e distribuire carte. Sopravviene la nostalgia per il clima resistente dei chiusi in casa, soprattutto se dipendenti pubblici, che come nelle sere d’estate, dai balconi condominiali, vociavano in coro le canzoni di gioventù. E soprattutto per la carezza etica ai principi sempre dichiarati e mai applicati, permessa dall’impossibilità di consumare, in un omaggio al pauperismo berlingueriano che fa più tristi e grigi, ma più buoni.
Quella nostalgia viene rivendicata, pur in assenza di emergenza e di disposizione normativa, ogni volta che viene esibita la mascherina sul volto, sorte di solidarietà al velo delle donne musulmane ed alle protezioni cinesi, ben motivate dall’inquinamento mortale di casa loro. E’ la nostalgia dell’appena ieri di Speranza, Conte ed Arcuri ed è la nostalgia del lontano ieri quando si poteva essere comunisti, c’era il Pci e tante brutte nefandezze russe che non indignavano come quelle di oggi.
Anche senza Fiano, Zan, Cgil, si può essere ancora antifascisti. Basta mettersi senza motivo la mascherina sul volto. Con tutta la soddisfazione di giudicare ancora una volta gli altri, con il ditino alzato, di accusare tacitamente quelli senza mascherina di essere untori, forse non di non essere fascisti, ma non si sa chiaramente. Ed è l’unico stato d’animo che fa stare bene gli eterni resistenti mascherati.
Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.