Il Male assoluto sullo schermo. 495 film in 92 anni su Olocausto ed altri genocidi

Cultura e spettacolo RomaPost

Sul grande schermo, ed ora anche sui medio e piccolo screen, sono passati in un secolo, tra il 1919 ed il 2022, ben 495 film per trattare il tema del Male assoluto reificatosi nell’Olocausto e via via in altri genocidi e grandi massacri di massa. In 92 anni sono stati realizzati e, e più o meno, distribuiti 53 movies ogni decade, più di 5 l’anno.

Curiosamente, più la cronologia ci allontana dagli eventi e più si riducono i testimoni de visu, la cui presenza viene data per estinta nel 2026, più aumenta l’attenzione della Settima arte (ma anche della Ottava, della Nona e Decima). Se furono sei le pellicole di sospetti e accuse nei ‘30, quasi 50 durante la guerra nei ‘40 e solo sedici nel dopoguerra, l’impennata lentamente ha alzato il numero negli ultimi decenni del vecchio secolo (42, 56, 49, 45). Quantità di audiovisivi poi letteralmente esplosa nell’avvio del nuovo secolo, 77 nella prima decade, 85 nella seconda, 14 negli ultimi due anni. Fatta la tara alle proporzioni dell’enorme crescita della cineproduzione degli ultimi decenni (passata dalla media annua di 4mila film a 10mila, fonte IMDB), non si può non vedere che la medialità ha assunto il ruolo responsabile di divulgatore della Memoria dell’Olocausto ed altri orrori e si è presa il il monopolio del mito del Male e della lotta contro il Male.

Il volume in oggetto analizza 495 film in 92 anni  passando dai 7 documentari WhyWeFight ’45 di Capra tacitati dal codice Hollywood a Notte e nebbia ‘55 di Resnais, escluso da Cannes per un chepì, a Il diario di Anna Frank ’59 e successivi, alle riprese sul processo Eichmann fra ’61, 2007, 2015 e 2018, al francese Shoah ’85 di Lanzmann, allo Schlinder’s list ’93 a Imaginary wittness 2007 di Glassman, al programma tv russo Olocausto sul ghiaccio 2016, a Final Account 2020 di Holland fino agli ultimi docufilm dell’ucraino  Loznitsa.

Diversissimi gli approcci della rappresentazione del dolore, anche oltre i limiti dell’accettabilità, e della ferocia organizzata, senza e con rielaborazione, senza o con comprensione, senza o con immedesimazione; dai grandi docufilm alla censura ed alla caccia al nemico, inaugurata da Capitan America e in corso con Tarantino; all’approccio comico di Chaplin, Lubitsch, Brooks, Tognazzi, Castellano & Pipolo, Benigni, Mihaileanu, Kassovitz, Simpson, Griffin, il mancato Jerry Lewis e delle parodie infinite su You Tube; ma ridere del Male rischia di specchiarsi nel Male che ride più forte con l’incredibile opera buffa nazista di Terezin. Il riso conduce al grottesco ed all’orrido della Naziexploitation di Pasolini, che ingigantisce ideologicamente il mostro fascista e consumista, fuori dalla Storia. Ne deriva il genere del nazi sadomaso più o meno chic, della svastica sul ventre e poi del pessimo horror dei nazizombie e mostri dei games.

Hollywood e le serie Tv sono il primo vettore di diffusione della cultura americana nel mondo, cioè della cultura occidentale. Una cultura che è merce. In Usa l’audiovisivo in tutte le sue espressioni è considerato un prodotto commerciale ed il cinema una industria. Proprietario della Memoria, il cinema non può umiliare e annichilire del tutto il Male, pena il sacrificio del suo Mito della vittoria. Si assiste in tutte le saghe, da Trono di spade, agli Hobbit, a Star wars al rilancio della grandezza nazista sotto mentite spoglie. La reductio del Male assoluto a solo peccato, causa Olocausto, non è possibile pena la disintegrazione del podio della Vittoria della maggiore superpotenza.

Da ultimo lo sguardo retroattivo della globalizzazione porta alla ribalta altri olocausti, come il Holomodor, il Gulagexploitation, il Male islamico, Islamale, il Male climatico,  i genocidi asiatici; il Male non è più soltanto bianco ed europeo e l’Occidente ne perde il controllo esclusivo. Tanto più che per le prime tre cineindustrie mondiali, l’indiana Bollywood, l’africana Nollywoode la cinese (1500, 1200 e 500 film l’anno vs i 900 americani ed i 1600 europei, ma $3,5 miliardi cadauno indiani e cinesi vs i 3 di Hollywood), l’Olocausto è un dato ininfluente mentre nel mondo islamico è addirittura valutato positivamente.

Il cinema rappresenta la cultura occidentale nel mondo; divulga anche la Memoria occidentale di condanna del Male assoluto nella custodia ed esegesi della sua grandezza. Il Male è anche interpretato parallelamente come Memoria divisiva, strumento di lotta elettorale, di condanna della politica e della cultura dei conservatori, accostati ai responsabili dei grandi eccidi. Infine comporta un perenne rapporto traumatico con la storia della società bianca, in particolare, europea, nel continuo interrogarsi sulla propria natura.

Per senso di sé, ruolo nel mondo, divisività politica e approccio traumatico introspettivo, l’Occidente non può eclissare né l’Olocausto, né il Male assoluto. Malgrado che quasi un secolo di distanza e le esigenze mescolate di spettacolo, botteghino e storia, ne lascino spesso un ricordo ed una rappresentazione del tutto deformi.

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