Confermato lo sciopero dei benzinai per mercoledì 25 (con inizio dalle 19 del 24) e giovedì 26 gennaio. L’incontro con il governo pare averli “profondamente delusi”. I sindacati di categoria Faib, Fegica e Figisc pur dando atto al ministro delle imprese, Adolfo Urso, di voler trovare una soluzione, si oppongono al mantenimento dell’obbligo di cartellonistica contenuto del decreto trasparenza. “Il decreto è già incardinato”, ha detto Roberto Di Vincenzo della Fegica dopo l’incontro. “Siamo l’unica categoria a dover comunicare i prezzi”.
Questo obbligo, che prevede l’esposizione del prezzo medio voluto dal decreto trasparenza, secondo i gestori delle pompe, penalizza i benzinai ed è inutile per far abbassare i prezzi. L’unica concessione dopo il faccia a faccia con l’esecutivo è stata quella di una riduzione dello stop, da 60 a 48 ore. Lo sciopero, che chiaramente coinvolgerà anche i distributori di Milano, sarà quindi dalle 19 del 24 gennaio alle 19 del 26 gennaio.
La serrata sarà anche per gli impianti self service, ma assicurerà i servizi minimi essenziali. Potrebbero restare aperti, anticipano gli organizzatori, gli impianti self gestiti direttamente dalle compagnie petrolifere. “Sono profondamente deluso, ci aspettavamo ben altro” per revocare lo sciopero, ha affermato il presidente nazionale di Figisc Confcommercio, Bruno Bearzi. “C’è stato uno sforzo per ridurre le sanzioni ma rimane l’obbligo del cartello”, ha sottolineato, così “il messaggio che rimane è che siamo una categoria da tenere sotto controllo perché speculiamo”. “Lo sciopero è confermato”, aggiunge, ma “fino all’ultimo momento siamo disponibili a vedere se troviamo margini di manovra”.
L’obbligo di comunicazione dei prezzi della benzina è settimanale, e non giornaliero, e ad ogni variazione del prezzo. La chiusura per omessa comunicazione scatta solo dopo 4 omissioni nell’arco di 60 giorni. L’eventuale chiusura è invece da 1 a 30 giorni, mentre prima la previsione era da 7 a 90 giorni. Le sanzioni per omessa comunicazione vanno da un minimo di 200 a un massimo di 800 euro a seconda del fatturato dell’impianto, a differenza dei 6mila euro iniziali. Per i gestori però questi cambiamenti non sono stati sufficienti per bloccare lo sciopero.
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