“Sulla privacy degli indagati dal Guardasigilli problemi reali”
È finita l’era della contrapposizione tra toghe e politica?
«Non direi proprio e me ne dispiaccio, la giustizia avrebbe bisogno di un dialogo sereno e ragionato, piuttosto che di un’escalation di contrapposizioni faziose, per come stiamo assistendo». Stefano Musolino parla da pm antimafia e da leader di Magistratura democratica della riforma della Giustizia che il ministro Carlo Nordio ha annunciato, ammettendo che gli abusi sui trojan per i reati non di mafia ci sono stati e bisogna porci fine: «Mi sembra che il ministro proponga vecchie ricette per nuovi problemi e di fronte alla loro complessità si rifugi in soluzioni troppo semplicistiche. Le dichiarazioni in cui il ministro pare volere neutralizzare il ruolo processuale delle intercettazioni colgono alcuni problemi reali, senza indicare soluzioni adeguate. Temo che questo modo di procedere irrigidisca le contrapposizioni e non aiuti ad introdurre nel dibattito quella ragionevolezza di cui c’è un gran bisogno».
Qual è la posizione di Md?
«Come gruppo associato stiamo avendo cura di non cedere alla tentazione della contrapposizione faziosa, per individuare proposte funzionali a dare risposte adeguate alla complessità dei problemi. Lo facciamo dalla nostra prospettiva culturale, ma sapendo bene che non è l’unica possibile e, soprattutto, che senza il contributo delle altre, la qualità delle soluzioni sarà peggiore. Per questo auspichiamo un dibattito ragionato e non fazioso».
Lo scontro sulle intercettazioni sembra risparmiare quelle per reati di mafia. È davvero uno strumento indispensabile?
«Le comunicazioni telefoniche sono ormai solo una parte delle modalità che usiamo per comunicare. Nelle normali abitudini comunicative Whatsapp, Telegram, i social ed analoghi strumenti sono il mezzo di comunicazione più diffuso e, per essere captate, necessitano l’inoculazione di un trojan. Una semplice attività di intercettazione telefonica coglie meno del 50% delle comunicazioni di una persona normale, provi ad immaginare a quanto si abbassi la percentuale per una persona dedita al crimine. Per questo il trojan non è strumento eccezionale, ma ordinario dell’intercettazione di comunicazioni a distanza, restituendo il risultato che un tempo offrivano le normali intercettazioni telefoniche».
Ma è giusto che il trojan si trasformi, fondamentalmente, in un microfono ambulante?
«Per rispondere alla domanda è necessario chiarire un presupposto: maggiore è l’invasività della investigazione, più efficiente è la raccolta di informazioni utili alle indagini. Tuttavia, la necessità investigativa non può essere l’unico valore in gioco, perché concorrente e contrapposto a questa vi è il diritto alla privacy, con gli immediati riflessi sulla dignità della persona obiettivo delle captazioni. Per i reati di criminalità organizzata le Sezioni Unite della Cassazione hanno già svolto un bilanciamento degli interessi in gioco, giustificando la cosiddetta intercettazione itinerante, per via della attività delinquenziale tendenzialmente permanente che caratterizza, ad esempio, un mafioso».
Ma per i reati non di mafia?
«Al di fuori di questo perimetro, alla luce di quegli insegnamenti della Corte, la tutela della privacy torna a competere con gli interessi di sicurezza pubblica, sicché per gli altri reati, compresi quelli contro la pubblica amministrazione, è ragionevole imporre dei limiti spazio-temporali a quelli che lei ha definito microfoni ambulanti, per impedirne un uso abusivo. In questi termini e limiti, mi pare che Nordio colga un problema reale».
La sua corrente è minoritaria al Csm. Esistono margini per un’alleanza con Magistratura indipendente sul vicepresidente?
«Io spero che tutti i consiglieri togati e laici individuino una personalità di grande spessore intellettuale e di sicura affidabilità personale per quel ruolo. Sarebbe un peccato se si privilegiassero piccoli interessi di bottega, trascurando la necessità di un voto unanime, espressione dell’autorevolezza di cui il prossimo Csm ha subito bisogno».
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