Russia delenda est

Esteri RomaPost

Nel 1922 usciva a Berlino Dall’aquila imperiale alla bandiera rossa, testimonianza della lunghissima guerra civile russa che, non il colpo di stato del 1917, consolidò il potere sovietico chiudendosi nel 1923 e che vide ben 14 eserciti stranieri e 14 bandiere invadere lo Stato del grande Nord. Lo scrisse Krasnov a Parigi, dopo essersi ritirato dall’ultimo esercito bianco russo di Wrangel dalla Crimea; in attesa di arruolarsi poi nel secondo conflitto con i tedeschi, capitanare i cosacchi anche nella loro invasione di un anno del Friuli e finire impiccato a Mosca nel ’47 nei sotterranei della Lubianka. Pur essendo un volume anticomunista, Dall’aquila imperiale alla bandiera rossa servì moltissimo alla propaganda bolscevica sostenendo a suo modo il nazionalismo panrusso che vedeva gli ingordi stranieri sognare confusamente di smembrare la Russia o addirittura più lucidamente un giovane Churchill, allora ministro della guerra, strepitare per un intervento risolutivo che avrebbe facilmente abolito la potenza russa per sempre.

Nella nuova guerra fredda che stiamo vivendo, risorgono i sogni ed i piani per la destrutturazione della Russia.Come riferisce Limes sta crescendo Il Forum delle libere nazioni della post-Russia, ensemble di esponenti politici, scientifici, letterari di russofoni, russoesperti, indipendentisti di minoranze etniche e regionali russe, con contorno di simpatizzanti atlantici, quali americani, polacchi e baltici. Fondato a maggio dell’anno scorso a Varsavia dall’ex ministro degli Esteri polacco, Anna Fotyga, ora eurodeputata conservatrice del Pis, partito Diritto e giustizia, il Forum è cresciuto nelle adesioni autorevoli ed è giunto per il suo quinto meeting, il 31 gennaio di quest’anno ad ottenere il riconoscimento del Parlamento europeo che ha ascoltato un progetto di decolonizzazione e ricostruzione della Federazione Russa, che si traduce in sogno per parti del mondo ed in incubo per altre. Per dare un’idea degli innumerevoli dettagli di cui si è trattato, si è immaginata la liberazione di Kaliningrad, quarta enclave baltica, attualmente presidio nucleare russo, il suo ritorno alla primigenia Königsberg nelle varianti di riannessione tedesca o nuovo stato indipendente. Oppure si è trattato del ritorno della Rutenia subcarpatica alla Polonia, ai danni dell’Ucraina, cosa che potrebbe essere grata anche a Mosca nei colloqui di pace. Ancora Belgorod annessa all’Ucraina, Smolensk alla Svezia, la Carelia alla Finlandia.

A guidare il gruppo oltre la componente polacca del Partito dei conservatori europei, c’è il nuovo Brzezinski, l’analista Usa nato inglese di origini polacche Janusz Bugajski, già consigliere del dipartimento di Stato e della Difesa, autore del Failed State. A guide to Russia’s Rupture, manuale di smembramento della Russia attraverso i separatismi etnici. Gli esponenti polacchi worlwide proseguono un lavoro di dannazione della Russia, equiparata al III Reich, che vuole Putilandia non solo nemico, ma minaccia esistenziale per l’umanità e l’ordine internazionale, che non basta sconfiggere ma che deve intraprendere la rifederalizzazione dello Stato russo, tenendo conto della storia del suo imperialismo e nel rispetto dei diritti e dei desideri delle nazioni che lo compongono. Tutti i centri anticomunisti americani, a cominciare dal Dallin, hanno evidenziato le impossibilità russe come l’enorme estensione dovuta alla colonizzazione dell’Asia del nord, come la sottomissione dei tanti culti sotto l’ortodosso, l’imperialismo panrusso sui 200 gruppi etnici diversi, l’ampia presenza musulmana, oggi ridotta a 25 milioni, lo scarso numero della popolazione attuale, peraltro invecchiata, la gestione fondata sui poteri della forza, in primis dei servizi segreti. Tutte cose vere, che non vedono però che nel mondo, a parte l’Occidente esteso, tutti i grandi paesi sono governati o dai poteri della forza (servizi, esercito) o della religione armata.

L’idea di redimere lo Stato Fallito russo passa per la speranza che Putin arrivato al potere 23 anni per impedire la disgregazione russa, ne sia alla fine invece l’artefice, copiando l’ascesa e la caduta di Hitler. Egli si lascerebbe dietro dopo la sconfitta in Ucraina circa 30 stati al posto dell’attuale Federazione. Idee e mappe di questo tipo circolarono abbondantemente nei primi anni eltsiani caratterizzati dalla sconfitta della prima guerra cecena. Si tratta di wishful thinking imbevuti dallo spirito bellico della guerra in corso. Prima dell’esplodere del conflitto, oltre le posizioni diplomatiche, ci si chiedeva, senza soluzione logica, quali potessero essere i rapporti stabilizzati tra l’ex Urss e l’Occidente, giunto nella sua espansione politico militare in piena medias res russa, in Ucraina. La soluzione militare, sull’onda dell’andamento stazionario più favorevole a Kiev che a Mosca, avrebbe una sua logica, ma è difficile dare per sicura la sconfitta russa. Certo, per la prima volta in9 anni i militari ucraini sono entrati nella Repubblica di Donetsk, riconosciuta dai russi; per la prima volta dal 1944 carri armati occidentali (tedeschi, francesi, britannici)torneranno sul suolo ex sovietico; mentre i russi rimuovono dai propri cadaveri il velcro di identificazione dei tanti caduti delle minoranze (abazi, abcasi, aguli, adighi, aleuti altaici, avari, azeri, armeni, balcari, buriati, bashkiri, cabardi, calmucchi, carachi, careliani, cenci, chirghisi, circassi, ceceni, coriachi, ciuvasci, ciuvani, čukči, cumucchi, dargini, dolgani, evenchi, eveni, finlandesi d’Ingria, gagauzi, kazaki, komi, komi-permiacchi, hakassi, hezheni, jakuti, jukaghiri, ingusci, itelmeni, izoriani, laki, lesgi, yakuti, mari, mansi, mongoli mordvini, negidali, nogai, nenci, nganasani, nivchi, oroki, oroci, ossei, ostiachi, sami, selcupi, sori, rutuli, tagichi, tabassarani, tatari, tati, tataridi Crimea, tofalari, tsakhuri, tuvini, tuvani, vepsi, udmurti, udege, ulchi)mandati in prima linea. Non per questo però la guerra perderà d’intensità ancora per tutto quest’anno. Facendosi sempre più formidabile l’aiuto americano, è facile previsione l’avvio di forniture massicce cinesi ai russi. Intanto si farà sempre più forte il nazionalismo panrusso come ai tempi delle 14 bandiere. Fortunatamente si parla meno delle malattie del presidente russo, dei golpe incombenti, delle proteste della popolazione; semplicemente perché erano cose campate in aria. La prossima ondata di sanzioni contro la Russia, decisiva antipetrolio, forse riuscirà dove le altre non hanno avuto l’esito sperato. Come dato di fatto, al momento c’è solo la Serbia finita completamente sotto l’orbita russa.

Un armistizio potrebbe chiudere le immaginazioni di vittorie definitive e sciogliere i fantasiosi forum. Ai russi che a milioni sono emigrati in quest’anno nel mondo e che magari sperano in un cambio di regime, non deve apparire incoraggiante che la migliore prospettiva pensata in Occidente per loro si concretizzi nell’eliminazione tout court del loro paese. Illusioni che hanno conseguenze concrete pessime.

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