È in arrivo una nuova figura professionale: il meccanico riparatore
Il Parlamento Europeo ha deciso che al 2035 non si potranno più produrre autovetture con motore endotermico, che andranno sostituite con vetture elettriche a zero emissioni (allo scarico, perché l’energia elettrica si produrrà ancora utilizzando molte fonti, anche con gas e petrolio, oltre che con energia idrica, fotovoltaica, eolica, nucleare). I mezzi di trasporto merci ne saranno esentati. Ma l’Unione Europea ha anche introdotto per il 2027 un nuovo standard di emissioni per i mezzi a motore termico, Euro 7, che rende obsoleto l’attuale, e recentissimo, Euro 6.
Una scelta, quella del Parlamento, che ha lasciato sorpresi molti, perché ha decretato la fine dei biocarburanti, la cui ricerca stava dando risultati molto interessanti, anche come metodo di riciclo dei rifiuti, e della filiera dell’idrogeno, carburante (o più precisamente vettore energetico) totalmente privo di emissioni nocive, anche se di complessa catena di produzione[1]. Inoltre, saranno anche colpite tutte le auto ibride, che sono dotate di un motore endotermico. Ma tant’è, in politica ha vinto l’elettricità. Ci sarebbe da chiedersi come, ma passiamo oltre.
Ora tutti sanno quali sono i problemi posti da una totale produzione e utilizzo delle auto elettriche. Innanzitutto la produzione: quella di massa delle batterie viene dalla Cina, si stanno predisponendo fabbriche di batterie anche in Europa, ma non potranno soddisfare che un parte della domanda. Inoltre, per la produzione di auto elettriche sono necessari il cobalto e il litio, oltre ad altre terre rare, elementi che vengono estratti prevalentemente in Cina, oltre che in Congo o in altri stati africani, ove le aziende cinesi sono già presenti. Non il massimo della sicurezza dell’approvvigionamento e del controllo di costi.
Inoltre questa decisione comporterebbe la cessazione della produzione di motori endotermici per autovetture in Europa, ove questa tecnologia è la più avanzata del mondo.
Le associazioni di categoria (Anfia) hanno già stimato che almeno 70.000 addetti a queste produzioni motoristiche perderanno il posto, poiché produzione e montaggio di motori elettrici richiedono molta meno manodopera. Si prevede una perdita di fatturato 105 miliardi di Euro e di 2 miliardi di Euro in ricerca. Inoltre, il costo medio di un’auto elettrica è di 38.000 €, mentre quello di un’auto termica è di 22.000 €.[2]
Queste sono le conseguenze della decisione; oltre al fatto che la popolazione dell’Unione Europea, che adotta queste misure, costituisce solo il 5,7% della popolazione mondiale e l’Europa tutta il 7% delle terre emerse, cosicché l’impatto sul pianeta non sarà macroscopico. Fatta questa premessa, di cose peraltro risapute, mi interessa cosa succederà nelle nostre città.
Il parco auto di Milano ammonta a 700.000 autovetture circa (era di 690.824 nel 2016), di queste auto non più di trecentomila disporranno di un parcheggio su area privata (e temo che la cifra sia molto più vicina alle duecentomila). Come si potranno ricaricare le quattrocento o cinquecentomila auto che stazionano in strada? Senza contare quelle dei non residenti ma domiciliati? A Milano vediamo auto parcheggiate sui marciapiedi, sulle aiole, per non dire dei divieti di stazionamento.
Potremo installare colonnine in tutti questi luoghi? Avremo risorse tali da dotare le strade della città di almeno duecentomila colonnine doppie? Ma sicuramente non le potremo installare sui marciapiedi e sulle aiole del verde pubblico e neanche sui divieti di sosta.
Si potrebbero costruire nuovi parcheggi interrati, ma gli spazi utili per parcheggi interrati già previsti nel Piano Parcheggi del 2005 che poi fu in gran parte revocato dalle Giunte Moratti e Pisapia, prevedeva posti per non più di 25.000 auto, circa un decimo di quelle che servirebbero. Si potrebbero costruire silos in elevazione in cui molte auto elettriche potrebbero essere ricaricate con piastre ad induzione. Ma quanti? E dove? E con quali risorse?
La conclusione è una sola: poiché non si può violare la legge newtoniana dell’impenetrabilità dei corpi, alcuni potranno avere l’auto elettrica e altri, e non pochi, non potranno. Succederà quello che già temevo da tempo: una classe di cittadini che possiederà l’auto elettrica e una non piccola classe che non la potrà avere, una drammatica divisione sociale nel corpo della città che colpirà le persone meno abbienti. Questi ultimi, se vorranno circolare, in particolare dentro l’area C, dovranno ricorrere ai noleggi.
Tuttavia i possessori dell’auto elettrica non staranno benissimo: dovranno installare una Wall-Box nel loro posteggio (circa 600 €, oltre al costo della linea elettrica) e i parcheggi condominiali con più di 10 box, a quanto mi è stato detto, dovranno inserire una cabina di media tensione (forse evitabile con una ricarica lenta a bassa tensione, non sono un elettrotecnico). Naturalmente, poi, la massima autonomia di un’auto elettrica, per ora, non supera i 500-600 Km; cosicché nei viaggi lunghi occorre fermarsi per una ricarica.
Va tenuto presente, poi, che la ricarica a una colonnina pubblica può costare il doppio di quella alla rete di casa ed è comunque più onerosa degli attuali carburanti[3]. Non a caso, un’indagine negli Stati Uniti ha scoperto che chi possiede un’auto elettrica, in prevalenza possiede anche un’altra auto termica.
Infatti, nei garages delle tipiche case unifamiliari americane compaiono sempre due auto: un SUV (in genere usato dalla moglie per le spese e dalla famiglia per le vacanze) e un’auto più piccola, e magari sportiva, usata dal marito, ora talvolta quest’ultima viene sostituita da un’auto elettrica.
Esiste però una soluzione: quella di Cuba.
A Cuba, dopo la vittoria di Fidel Castro, le molte auto americane in possesso della popolazione sono state tenute in vita da bravissimi meccanici, anche senza i ricambi originali. E’ per questo che chi è stato a Cuba ha potuto vedere in circolazione bellissime auto americane degli anni cinquanta.
Poiché la decisione del Parlamento Europeo vieta solo la produzione di auto endotermiche dopo il 2035 e non – per ora – il loro utilizzo, dovremo far crescere una nuova leva di meccanici “cubani” e felicemente usare le nostre vecchie auto in qualche modo rattoppate. Quasi sicuramente non ci sarò nel 2035, ma, se ci fossi ancora, e in grado di guidare, la mia scelta sarà “cubana”.
[1] Nel 2005-2006 il Comune di Milano, possedeva un’auto sperimentale alimentata ad idrogeno, a seguito di un accordo con la Wasserstoff Gesellschaft di Amburgo, esperimento poi eliminato dalla successiva giunta.
[2] Traggo le informazioni di questi due paragrafi da un articolo di Natale Forlani, già segretario CISL, su il Sussidiario.net.
[3] Da un rapporto di un utente trovato in rete: costo al Km da una ricarica pubblica € 0,209, da un pieno di benzina € 0,109.
Milano Post è edito dalla Società Editoriale Nuova Milano Post S.r.l.s , con sede in via Giambellino, 60-20147 Milano.
C.F/P.IVA 9296810964 R.E.A. MI – 2081845