Sergio Ramelli: vergogna antifascista militante al Molinari

Milano

Il fatto che nemmeno l’ANPI se la sia sentita di partecipare a quello show d’odio di una trentina di compagni fuori dall’Istituto Molinari, dovrebbe dirci a che punto siamo arrivati.

I fatti: il sottosegretario Fassinetti era a portare dei fiori in memoria di Sergio Ramelli, vittima dell’antifascismo militante. Fuori, secondo Repubblica, trenta nostalgici dell’Hazet 36 a indignarsi. Per cosa? Non è del tutto chiaro, probabilmente del fatto che qualcuno non la pensi come loro.

E come loro la pensino, visto l’odio riversato contro un ragazzo morto nel fiore degli anni vittima della violenza antifascista, pare chiaro. Il Sottosegretario ha fatto un discorso assolutamente equilibrato:

“Sergio Ramelli è stato ucciso da chi si diceva antifascista”, quindi dell’antifascismo “ci sono tante sfaccettature. A quell’epoca l’antifascismo militante era rovente, penso che adesso sia cambiato tutto e che sia importante parlare di libertà, partecipazione e democrazia. Chi è per questi valori qui non penso possa definirsi fascista”.

Le hanno risposto questi aspiranti rivoluzionari, pescando a piene mani della dialettica Hegeliana e nelle profondità del pensiero Marxista-Leninista:

“Vergogna lei e il preside”. E ancora: “Fascisti carogne tornate nelle fogne”

“Noi Ramelli lo vogliamo ricordare per quello che era e senza censura: un picchiatore fascista”.

Ora, con calma, attenderemo la letterina che ci racconta della nascita del fascismo dall’asfalto, nel ben noto processo chimico-politico della “fioritura delle idee dal bitume”. Nel frattempo segnaliamo che tra le persone che, secondo questi buontemponi, dovrebbero vergognarsi c’è il fratello di Fausto, Bruno Tinelli.

Ma la cosa più allucinante è la risposta dei rappresentanti degli studenti:

“Ne abbiamo parlato e siamo sereni – spiegano – non vogliamo schierarci ma non volevamo nemmeno perdere l’occasione di dire ‘no’ alla violenza in generale”.

No ragazzi, voi non siete neutrali. Siete complici. Siete gli eredi morali di quelli che potevano salvare Sergio Ramelli e si sono voltati dall’altra parte. E il giudizio, per dirla con il Pilato di Bulgakov non può essere che “La viltà è il peggiore tra i peccati”.

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