ADCI – la Stella Polare della comunicazione. Intervista alla Presidente Stefania Siani

Milano

Nel settore della comunicazione l’Italia ha sempre avuto la tendenza a ricalcare le tendenze che arrivavano oltreoceano. Oggi possiamo considerarci una realtà con una propria identità creativa nel campo della pubblicità   e della comunicazione in generale?  Lo abbiamo chiesto a Stefania Siani, presidente ADCI, Art Directors Club Italiano che da quarant’anni riunisce i pubblicitari italiani.

La nostra è un’associazione storica creata nel 1985 dai più grandi pubblicitari dell’epoca – spiega Stefania Siani – oggi tocca a noi continuare la gloriosa tradizione del club che ha raggiunto risultati record: sono 600 i creativi trasversali a vari ruoli, diverse discipline e molteplici geografie rappresentati da ADCI. Ora come allora il nostro compito resta sempre lo stesso: ispirare e celebrare la migliore creatività grazie ai nostri progetti di formazione e agli awards, il più importante riconoscimento alla creatività italiana. L’esterofilia non è un tratto preminente, noi italiani facciamo tendenza nel mondo anche in pubblicità. Tra i creativi più premiati al mondo svetta il nostro Bruno Bertelli, che ha saputo porsi in una prospettiva globale e che ha guidato l’ultima edizione degli awards. Ma non è il solo. Molto creativi italiani fanno scuola all’estero non solo negli awards: con il loro lavoro creano valore e sono decisivi per il business. Abbiamo una forte identità.

D – In questo periodo storico sempre più si parla di valorialità e di un mood sostenibile che occorre tenere sempre presente. ADCI su questo fronte cosa sta facendo e quali sono le direzioni che intende intraprendere anche per il futuro?

R – Il mondo è in piena trasformazione e sta cambiando in meglio. La sensibilità delle persone diviene sempre più matura e consapevole: inclusione, diversità, sostenibilità e diritti civili si vanno affermando come condizioni necessarie. I brand devono svolgere la propria parte ed essere abilitatori di cambiamento ambientale e sociale: le persone li scelgono per la qualità dei loro valori e non solo per la qualità dei prodotti e dei servizi. In questo contesto noi abbiamo varato nel 2017 un grande progetto chiamato equal: per combattere la stereotipia in comunicazione e favorire l’uguaglianza partendo dal genere fino ad allargarci alle disuguaglianze fondate su malattia e disabilità, età, etnia e orientamento sessuale. Ogni anno selezioniamo e premiamo quelle campagne che più delle altre hanno coinvolto agenzie e clienti nella promozione dell’uguaglianza.

D – Quanto anche nella pubblicità il ruolo della donna viene ancora discriminato?

R – La sfida della parità sulle nuove generazioni non è ancora vinta. Dobbiamo andare avanti e combattere gli stereotipi perpetrati da linguaggio e immagini. Siamo partiti da Indesit con “do ittogheter” per la parità nell’accudimento domestico e familiare fino ad arrivare all’ultimo premio equal conferito a Wind 3 per “voce alle Gamer”, contro la discriminazione tra i giovani che praticano i videogiochi.

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