Simbolo del pacifismo europeo è Erasmo Desiderio Rotterdamaniano, il frate agostiniano vagante, il precorritore libero e senza partito., nelle parole di Zweig, del pensiero moderno. Erasmo viaggiò tutta la vita, ossessionato ed inseguito dalla guerra permanente del suo secolo, il ‘500, quando il duca Carlo I della sua terra natale, il re francese, l’imperatore e lo stesso Papa Giulio II della Rovere insanguinarono Italia ed Europa. Poi ci si misero anche la riforma protestante di Lutero, Calvino ed Edoardo VIII, il pensiero di Rousseau, l’indignazione, il giustizialismo a mantenere alto il tributo di sangue. Alla sua morte la tumulazione di Erasmo, il più grande erudito del suo tempo, venne accolta a bocca storta nella protestante Basilea. Riforma e Controriforma lo misero all’indice e lo odiarono perché non si era schierato fino in fondo con nessuna delle due parti.
La sua bestia nera era la guerra che lo inseguiva ed in particolare il peggiore di tutti, il belligerante Giulio II, il Papa terribile, il Della Rovere nuovo Giulio Cesare, che Erasmo sbigottito vide entrare in Bologna con la spada in pugno, alla testa degli armati, al grido di Fuori i barbari, attorniato da spagnoli; e di cui Erasmo, sbigottito, a Roma sentì tessere le lodi per le sue capacità di condottiero militare. Come Papa Francesco ha definito Putin un uomo colto, così anche Giulio fondò i Musei Vaticani, istituì la guardia svizzera e finanziò gli affreschi di Michelangelo, trovando i fondi nelle guerre con cui cacciò veneziani e francesi dal centronord italiano. A Erasmo però sembrava blasfemo che il capo della comunità cristiana, devota alla pace, fosse uomo di guerra ed in suo libello anonimo lo fece litigare di fronte al Paradiso con San Pietro. Nel racconto al rifiuto pietrino di farlo entrare, Giulio avrebbe reagito con la minaccia di assediare e sfondare le mura del Paradiso per entrarvi a forza.
Fuggendo da Bologna per l’Inghilterra, scrisse in viaggio, praticamente a cavallo la sua riflessione, sulla guerra, e quindi sul potere e sulla società. Come è possibile che gli uomini di ogni ordine e grado, in primis coloro che governano, papi, principi e vescovi, le autorità, non sentano l’istinto morale del giudizio di Dio, il rifiuto della guerra giusta ed invece benedicano cannoni, spade e lance e la guerra immoralmente detta necessaria per la pace? Passando in rassegna i potenti ma anche il suo priore ed i monaci; i professori della Scolastica di Parigi e di Cambridge ma anche i commercianti ed i militari, nonché gli amici italiani e inglesi finì per ridicolizzarli tutti, trovandoli ipocriti, vigliacchi, falsi sapienti, bugiardi e per esaltare il loro contraltare, vale a dire lo stupido ed il folle. Imperano nella descrizione erasmiana del secolo XVI, le illusioni di menzogna, impostura, eccessiva pienezza di sé, vanagloria, finta sapienza, scriteriatezza, mediocrità, ignoranza, riduzione a denaro e potere, degli ideali confusi con il vero e reale. Così gli uomini di potere (uomini, principi e sacerdoti, papi e re) vivono solo per la guerra, incapaci di giustizia, pace e convivenza. L’Elogio alla follia, pubblicato nel 1509, anticipa di quattro secoli la contestazione moderna del mondo fatta da questo monaco teologo intellettuale freakante litteram. Precede l’idea niciana e foucaultiana che la normalità sia alienante e che l’altro sia il vero normale.
Tesi del genere non erano nuove; si potevano trovare nelle predicazioni francescane antecedenti di tre secoli, in quelle del movimento olandese della Devotio moderna di Groote, di due secoli prima, che sembra aver influenzato in parte il Nostro. La scrittura di Erasmo si fondava però non sulla mistica religiosa ma sulla logica e sulla razionalità dell’umanesimo laico italiano delle Elegantiae di un Valle e sul complex grecoromano su cui l’olandese era spaventosamente erudito. Gerardo figlio di Gerardo (suo vero nome), figlio illegittimo di un prete, chiedeva la disubbidienza collettiva, che lui stesso applicava per sé. Non obbediva al convento cui apparteneva, né al vescovo di cui era segretario ,con varie scuse si liberava dalle corvée intellettuali cui era sottoposto, scansava i professori parigini, secondo lui arroganti ed ignoranti, per trovare la laurea a Torino; con l’assenteismo del viaggio si sottraeva ai potenti sgraditi, sentì amore per due uomini, senza portare le cose a fondo, si manteneva rocambolescamente con pensioni, prebende, fondi, regalie, benevolenze, mecenatismo, ammirazione, cortigianeria che proclamava egli medesimo ben meritati dato che erudizione e capacità letteraria, lo rendevano il più grande. La disubbidienza vagabonda e l’irrisione per le cose del mondo non toccarono mai gli editori; per lui contava solo la pubblicazione professionale delle sue opere
Nondimeno la disubbidienza per la pace e l’invettiva contro la guerra del clerico, elegantemente elaborate grazie anni di studio ed erudizione nell’Alta Austria quando aveva inventato un nuovo modo di pronunciare le parole greche e romane, offrono ampi materiali alla critica crescente contro la corruzione, le indulgenze, i preti adulteri. Le sue parole preparano le istanze protestanti di rinnovamento del vicario generale della Turingia Lutero, anch’egli monaco agostiniano, che in realtà faceva conto sul sostegno dell’illustre umanista cattolico noto in ogni parte d’Europa, che tanto l’aveva ispirato. Gli Adagia erasmiani (Lamento della pace, Sileni, Bella è la guerra solo agli inesperti) preparano la reazione a quella vendita delle indulgenze bandita da papa Leone X, che si tradusse nel 1516 nelle 95 tesi della Riforma; preparano, Calvino, Rousseau, la rivolta dei contadini e dei cavalieri, le successive guerre di religione. L’appello contro la guerra anch’esso arma il braccio secondo la considerazione che tutti sono pacifisti, anche i belligeranti. Ricorda Gagliano che a denti stretti Erasmo difese in ultima analisi la guerra giusta quando, non avendo effetto le persuasioni, bisogna difendersi dai turchi. In effetti, chiamato a redigere tesi contro e per la guerra, scrisse entrambi i discorsi.
Fuggitivo dalle città riformate e dall’impasse religioso in cui era incappato, prese le distanze da Lutero, con abile gioco intellettuale, polemizzando su Libero e Servo arbitrio. A quel punto Erasmo cercava di esaltare la cultura umanistica evitando gli scontri di fede ma era troppo tardi e non era completamente irresponsabile dell’odio montante tra le chiese. Il rifiuto della nomina a cardinale fu letta dalla Chiesa di Roma come una fuga dall’arruolamento. Nella stessa posizione scomoda l’amico Moro, già consigliere della monarchia inglese veniva condannato a morte, per rifiuto della Riforma, l’anno prima della scomparsa dell’olandese. A completamento dell’ostracismo generale il Concilio di Trento mise all’indice L’Elogio della Follia il cui autore era sotterrato in una Chiesa protestante di Basilea.
Secoli dopo, nel 2021, Erasmo è giunto allo stop del viaggio bloccato alle porte dell’UK, nazione già del mercato aperto e della libertà di spostamento. L’Erasmus si è chiuso davanti il Tunnel della Manica, inaugurato nel ‘94 da Elisabetta II e Mitterrand, ideato dal governo Thatcher. Con il teologo olandese Desiderius sono rimasti bloccati studenti e professori europei, wanderingaround pensiero divergente e confronto interculturale. Si sono lamentati con i doganieri che già derubarono Erasmo proprio a quel confine. Alla massa di erasmiani ha risposto forse Churchill, Avete pensato egoisticamente a L’attimo fuggente (film di Weir 1989), a L’appartamento spagnolo (film di Klapish 2002), a Persepolis (film della Satrapi 2007), a Vicki Cristina Barcelonae To Rome With Love (film di Allen 2008 e 2012); non avete pensato a scuole europee con programmi comuni e riconoscimenti automatici dei sistemi educativi; avete costruito sulla sabbia senza educare chi arriva ad interiorizzare i valori della terra dove aspirava a vivere.
Il mondo di cui Erasmo si era preso gioco, si è preso gioco di lui. Il mondo non ha disubbidito alla follia della guerra, anzi ne ha fatto strumento di progresso, innovazione, tecnologia, distruzione creatrice, moto perpetuo relegando alla pace l’angolo dell’inerzia, della stagnazione, del regresso e della mano morta. Resta l’interrogativo su come la pace possa offrire qualcosa di più attrattivo del potere, dono della guerra, agli occhi dell’umanità. Forse l’amore, se fosse abbondante, libero, irresponsabile, easy, largamente disponibile, non monetizzabile. Anch’esso però nel tempo dell’io valgo è tornato, come nell’Iliade, massimo strumento di potere.
L’offerta di Erasmo, solitudine dell’erudizione, chiusa nello studiolo o sulla via di scomodi viaggi, non appare attrattiva.
Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.