Qualche considerazione su un tema alquanto caldo e attuale, che ultimamente ha assunto toni convulsi accendendo, anzi riattizzando una disputa che spazia dai palazzi della politica ai social media, alla gente in strada, ai dibattiti in tv sempre più somiglianti ad un ring dove esponenti di partito, giornalisti ed opinionisti si azzuffano a colpi di battute al vetriolo.
Filtrando tutte le componenti della questione in oggetto, l’IMMIGRAZIONE, ne scaturisce un quadro che nella visione del cittadino medio si riassume in una sintesi cruda di due fasi: la prima è la doverosa, umana e indiscutibile preoccupazione di salvare da morte molto probabile, se non certa, quanti più esseri umani sia possibile tra quelli che dalla fuga da guerre, regimi opprimenti e povertà estreme cercano un ultimo, disperato e spesso folle tentativo di sfuggire ad una malasorte ineluttabile. Quindi i salvataggi in mare, quando riescono ed i fatti dimostrano che già decine di migliaia sono stati portati a termine, rappresentano il lato della umana pietà su cui non si dovrebbe discutere, nonostante il grado di difficoltà per le forze impiegate nelle operazioni, che però appaiono ormai
insufficienti a fronteggiare flussi di una simile portata (già oltre 20mila i migranti sbarcati sulle coste italiane da inizio anno). Una domanda sorge ovvia in proposito: esiste un limite fisiologico oltre il quale gli ingressi e i relativi problemi gestionali saturano la nazione, o si ritiene che tutto possa proseguire all’infinito senza alcun limite, nè di capienza nè di risorse economiche da impiegare?
La seconda delle due fasi rappresenta tutto ciò che raramente si ode commentare e affrontare dalla platea politica sinistra del paese, come se si trattasse di un aspetto secondario di cui eventualmente occuparsi soltanto dopo aver concluso la prima fase. Il problema è che questa sembra non aver alcuna intenzione di arrestarsi, nè a breve nè a lungo termine, relegando di conseguenza la seconda a tempo indefinito. Quali i componenti principali di questa seconda fase?
1) accoglienza, soccorso, recupero condizioni fisiche e identificazione dei soggetti sbarcati
2) approntamento servizi logistici, presidi sanitari, alloggi, vitto, servizi igienici, gestione e amministrazione delle risorse economiche necessarie.
3) selezione tra soggetti in transito verso altre destinazioni, soggetti in possesso di documenti e/o requisiti per diritto a permessi di soggiorno, e altri soggetti classificati non gestibili causa mancanza di tali requisiti, pertanto destinati al rimpatrio o respingimento.
4) tra i soggetti in possesso di requisiti sufficienti a permettere il loro mantenimento temporaneo, tra cui la volontà di accettare regole di base per l’inserimento e la possibile integrazione, devono essere individuati quanti e quali possono essere idoneamente proposti per una occupazione che permetta loro di mantenersi in autosufficienza, anche se con minime risorse.
5) per i migranti di cui al precedente punto 4, servirà contestuale guida per un percorso di inserimento nelle attività produttive e nella comunità del paese ospitante, istruendoli su leggi e sistemi di aggregazione sociale presenti sul territorio, illustrando loro le principali regole di convivenza col vicinato, avviandoli se consensuali ad un processo di integrazione.
Dalla somma di questi 5 punti base componenti la fase 2 (successiva ai salvataggi e agli sbarchi) appare evidente che si tratti della fase più lunga, laboriosa, complessa e difficoltosa per chiunque debba occuparsene attivamente, ma anche per la cittadinanza chiamata ad accettare una convivenza che, da quanto si evince da statistiche ed eventi, appare non priva di ostacoli. Una fase che implica la gestione di una quantità di situazioni ed individui in aumento esponenziale, tale da mettere sempre più in difficoltà la minoranza operativa addetta al processo di prima accoglienza. Se infatti la fase 1 è circoscritta ad operazioni di salvataggio e sbarco di un certo numero di arrivi giornalieri, è la fase due ad accollarsi il peso di un accumulo divenuto ingestibile nei centri di raccolta, sempre più al collasso con migliaia di migranti a fronte di poche centinaia di posti disponibili. E sempre lungo la fase due, le difficoltà crescono sia per i migranti che per la popolazione, che vede incrementarsi la presenza di individui allo sbando, di bivacchi diurni e notturni, di situazioni a rischio sia dal punto di vista igienico sanitario che della sicurezza, poichè è evidente che la massa di individui sfuggiti al controllo e al ricollocamento, abbandonati a se stessi, abbiano a che fare con necessità fisiologiche e di sostentamento, che sempre più spesso reperiscono con la questua o con azioni illegali di furto e violenze a danno di cittadini. Ecco come questa seconda fase dimenticata, ignorata o malvolentieri considerata dalle istituzioni e dalla cittadinanza tendente ad una definita ideologia di sinistra, sia a tutti gli effetti la zavorra che impedisce di rendere credibile un protrarsi dell’andazzo attuale senza conseguenze decisamente alienanti per l’intera nazione Italia. Ma a chi poter chiedere ascolto affinchè cessi, o quantomeno si riduca a numeri ragionevoli e su flussi in canali autorizzati la fase 1, per poter affrontare con maggior razionalità ed ordine la fase 2? Se l’interlocutore più autorevole è l’Europa che abbiamo visto ad oggi, le speranze sono ridotte all’osso…