Intervista ad Andrea Zannella

Zampe di velluto

Da sempre gli animali rivestono un ruolo fondamentale nella nostra vita e sono molti gli artisti che, nel corso dei secoli, hanno realizzato opere in cui li hanno resi protagonisti o inseriti a scopo narrativo/simbolico: basti pensare ad Antonio Ligabue e ai suoi felini naif o al cane ne “Il Ritratto dei coniugi Arnolfini”, celebre opera del pittore fiammingo Jan Van Eyck.  Oggi, in una realtà in continua evoluzione, come possono essere rappresentati gli animali?  L’artista Andrea Zannella ha sviluppato un linguaggio molto personale che coniuga il suo amore per la natura e gli animali con diverse forme espressive che lo portano ad una ricerca artistica-spirituale vicina all’arte astratta e ai concetti espressi dal suo fondatore Wassily Kandinsky. 

D. Come inizia il suo viaggio sulla tela, la scelta dei soggetti e il desiderio di astrazione?

R. Alla pittura mi sono avvicinato molti anni fa, nel 2007, anno in cui ho prodotto molti dipinti a sfondo surrealista. La cosa curiosa è che il significato di diverse opere l’ho trovato anni dopo. Questo mi ha sempre affascinato e sono convinto abbia a che fare con la filosofia di vita che seguo ormai da alcuni anni: il lavoro sul proprio IO interiore.

Attraverso una precedente opera presentata a MIA – Monza International Art, LA CORSA DEGLI SPIRITI LIBERI, avevo simboleggiato questa voglia dirompente di rinascita che sento nel mio profondo. Con i nuovi lavori esposti, TIGER EYE e THE ROCKY PARROT, ho portato la mia ricerca a un livello superiore: liberarsi non solo dalla materia, dalla forma e dal tempo, ma dalla realtà stessa per comprenderne il vero senso. Una nuova libertà che porta quindi alla realizzazione di linee e cromie distanti dalla realtà così come la percepiamo, verso un’astrazione sempre più ineffabile. Le mie opere sono legate alle emozioni e alle sensazioni che il colore e gli animali suscitano. Gli occhi restano gli elementi figurativi più riconoscibili: la vita è un’incessante ricerca del proprio IO interiore e possiamo continuare a cercare dentro di noi attraverso la profondità e l’intensità degli occhi di chi abbiamo di fronte. 

D. Piemontese di nascita e valdostano d’adozione, la natura e le montagne con le sue creature hanno assunto un ruolo molto importante nella sua arte, ce ne parli. 

R. Nel momento in cui mi sono trasferito il Valle d’Aosta, la vita mi ha rapito in un vortice di episodi uno più impegnativo dell’altro. Sono stato costretto a fare esperienze di vita e a mettere, senza neanche accorgermene, l’arte da parte. La natura dopo un paio d’anni ha assunto un ruolo fondamentale, non solo nella mia vita ma anche e soprattutto nel mio IO più intimo e profondo. La natura è stata come un filo conduttore tra il mio ESSERE e la creatività, come se qualcosa di più elevato volesse farmi mantenere vivo ciò che era in me latente e che non dovevo perdere: l’arte.

D. Pittura, scultura e fotografia naturalistica. Molti suoi scatti sono stati pubblicati su riviste fotografiche: copertine e articoli dedicati alla natura e agli animali. Un’importante gratificazione e riconoscimento del suo valore e dell’emozione che immortala. Cosa prova quando, armato di macchina fotografica, inizia un viaggio?  

R. Iniziare un viaggio è sempre molto emozionante. In un certo senso è come partire per una crescita interiore ma senza saperlo. Ogni volta che parto per un viaggio o un’escursione, provo a visualizzare nella mia mente quella che sarà l’esperienza e ogni volta mi meraviglio di ciò che trovo e delle sorprese che non avrei mai potuto immaginare. Ho imparato che tante volte la natura non ti fa essere spettatore di quello che vorresti, ma ti rende spettatore e protagonista di ciò che hai bisogno di vedere.

In un viaggio, sia alla partenza che al ritorno a casa, sono sempre io, Andrea, ma quello che è cambiato, è la mia esperienza. 

Dott. Francesca Provetti – Direttrice Monza International Art 

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