Maurizio Gabbana nella sua opera “ Dynamiche Infinite ”, ci propone scatti di diversi monumenti fotografati, nelle diverse città da lui visitate, definendosi “cittadino del mondo”. Attraverso la tecnica della multiesposizione, dinamicità e dinamismo fanno da padroni, diventando il binomio principale nelle e delle sue fotografie.
Ciao Maurizio, considerando la tua opera, ricca di monumenti e città, parto subito con il chiederti, tra le varie città visitate, qual è stata la tua preferita e qual è stato il monumento al quale ti senti ancora oggi più legato.
Essendo nato e cresciuto a Milano, sarebbe scontato dire che come città mi sento legato a Milano e come monumento al Duomo di Milano, molti apprezzano il mio Duomo multiesposto. Ogni tanto mi definisco cittadino del mondo e per questo mi è difficile scegliere i luoghi ed i monumenti preferiti. E’ come se si chiedesse ad un genitore qual è il figlio preferito… è complicato rispondere, non esiste una preferenza!
Preferisco le situazioni che mi provocano un’emozione e mi attraversano. Anche se apparentemente l’architettura è una cosa statica però in realtà, se noi pensiamo che è stata creata da movimenti di uomini, non la possiamo più immaginare statica. Qualsiasi edificio, che sia piacevole o meno, che sia importante o meno, ha dentro una dinamica umana. La mia opera, “Dynamiche Infinite”, si riferisce proprio al movimento, alla dinamica umana ed alla dinamicità. Movimento geometrico e movimento di luce che è ciò che facevano i futuristi.
All’interno delle tue opere, si nota l’assenza degli uomini, perché?
Gli uomini non sono assenti, prima di tutto ci sono io, quindi l’uomo è presente nello scatto e poi c’è la presenza di chi ha costruito e progettato nel corso degli anni. Gli artisti a cui mi sono ispirato sono stati i pittori. Essendo autodidatta non ho mai fatto una ricerca su altri fotografi, anche perché da ragazzino avevo un grande amore per la pittura e quindi, sono loro gli artisti che mi hanno condizionato, dai soliti maestri della luce quali Caravaggio, Rembrandt, Leonardo ai futuristi. Mi sono sempre trovato in imbarazzo nel dover seguire un fotografo per cercare uno scatto simile a quello di altri, non ho mai desiderato ciò. Ho sempre cercato una mia strada; nei miei progetti c’è sempre una ricerca dentro di me, sia nella tecnica sia nella spiritualità e sia nell’ispirazione.
Come scegli i luoghi e cosa ti ispira nei e dei luoghi che fotografi?
Mi ispira l’ambiente…per esempio a Milano, a parte il Duomo, a me come paesaggio ispira molto la notte, mi ha ispirato la sera tarda perché Milano è sempre frenetica, piena di gente e persone ed in quei momenti sembra una città dormiente ma in realtà è piena di dinamismo e soprattutto è anche metafisica. Ci sono tanti luoghi rappresentati ed anche questa è una parte artistica, che mi ha portato ad ispirarmi ad artisti quali De Chirico, Magritte ed artisti metafisici. Un esempio è l’Arco della Pace, che quando lo si visita ad un certo orario è metafisicità pura. Basta immaginare ed ascoltare il silenzio, le architetture si trasformano e sembrano fredde, soprattutto nel buio della notte ed in inverno, quando il cielo notturno è più cupo e più scuro, risaltano maggiormente i bianchi degli edifici.
Ci parli della tecnica, della dinamicità, del movimento e della tridimensionalità che hai dato a questi monumenti?
Questa è la tecnica della multiesposizione… espongo più volte sullo stesso fotogramma muovendo la macchina con determinate angolature …questo è il prodotto che fuoriesce dalla macchina fotografica, non è un prodotto costruito al computer e rende queste opere uniche ed irripetibili. Sui monumenti avviene rotazione, scatti di avvicinamento ed allontanamento.
Utilizzando la macchina analogica si può scattare tante volte sullo stesso fotogramma. Con questo sistema che ho approfondito creo dinamicità di geometrie e di luce, su un soggetto si può lavorare in modo diverso, dipende molto dall’inclinazione della macchina.
Considerando l’opera la “Barcaiola di Roma”, si nota un movimento rotatorio.
Sfogliando il tuo libro, tra i tanti monumenti osserviamo la Fontana di Trevi, la descrivi?
Per la Fontana di Trevi è tutto impuntato sull’acqua che è simbolo di benedizione, l’avevo fotografata sia per un lavoro che avevo da fare all’Aquila sulla sacralità e sia per la presentazione di Dynamiche Infinite a Roma, città alla quale volevo rendere degli omaggi. Questa fontana è stata complicata da fotografare perchè trovarla vuota, priva di gente è praticamente impossibile, a parte il periodo del lockdown. E’ stata un’eseperienza bellissima ma da fuori di testa, dal momento che, la sera sono partito da Milano per Roma, in cui ho pernottato per poi alzarmi alle ore 4.30 del mattino e fotografare la Fontana di Trevi deserta.
Sfogliando e descrivendo altre opere, osserviamo il Duomo di Milano che produce un effetto ottico, è dedicato a Santa Maria Nacente e quindi ho cercato di dare luminosità al monumento, la luce proviene da questo titolo, Santa Maria Nascente nel buio della notte. E’ stata un’emozione poter lavorare in modo dinamico su questo edificio cosi come altri.
Linda Tarantino
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