Ai piedi del crocifisso, con la mia fragilità

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…Donna, la man gli è presa / e nella croce gli è stesa / con un botto gli è fesa / tanto ci l’on ficcato! / L’altra man se prende / nella croce se stende / e lo dolor s’accende, / che più è moltiplicato. / Donna, gli piè se prenno / e ciavellanse al lenno, / onne iunturaaprenno / tutto l’han desnodato” (Jacopone da Todi).

E la folla assetata ancora gridava “Crucifige! Crucifige!” ed io accanto a Maria di Magdala, sconosciuta e dolente, con il fardello delle mie fragilità, assistevo al mistero dell’immolazione di Cristo per tutta l’umanità. “Dappertutto un caos in sommovimento, un subbuglio senza speranza, un brulicame che appuzza l’aria afosa, una irrequietudine scontenta di tutto e della propria scontentezza. Gli uomini nell’ebrietà sinistra di tutti i veleni, consuman se stessi per bramosia di fiaccare i loro fratelli di pena, e, pur di uscire da questa passione senza gloria, creano, in tutte le maniere, la morte. Le droghe estatiche e afrodisiache, le voluttà che struggono e non saziano, l’alcool, i giuochi, le armi, prelevano ogni giorno a migliaia  i sopravvissuti alle decimazioni obbligatorie.” (Papini Preghiera a Cristo).

— Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno —

E chinavo il capo, con l’improvvisa visione delle mie debolezze, delle mie ipocrisie, delle mie insofferenze, in un pianto sommesso.

— In verità io ti dico che oggi sarai con me in Paradiso —

Perché il perdono è amore e “…L’amore è un sacramento che andrebbe ricevuto in ginocchio con Domine non sum dignus, sulle labbra e sul cuore di chi lo riceve…” (de Profundis Oscar Wilde).

E la tenerezza abbracciava la madre, tutte le madri del mondo, la solitudine dell’umanità. E quelle braccia aperte ferite, sanguinanti per tutto il dolore degli uomini, affidavano alla fratellanza, alla sensibilità di chi sa amare anche sulla terra, la rinascita del mondo.

— Donna, ecco tuo figlio. Figlio ecco tua madre —

“Dall’ora sesta si fecero tenebre su tutto il paese, fino all’ora nona. E verso l’ora nona, Gesù gridò a gran voce: – Eli, Eli, lama sabactanì? – cioè –Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? – (Vangelo secondo Matteo).

In quel grido risentivo i graffi del mio cuore, il pianto delle mie sofferenze, l’accorato appello nel momento del dolore. E nell’umanità di quel grido ho sentito “Cristo sparpagliato / per tutta la terra / Dio vestito di umanità” (Padre Turoldo)

La fine del martirio si sta compiendo. Lo strazio ha snaturato il volto, l’atrocità ha ucciso la pietà, la carne dilaniata testimonia la ferocia degli uomini.

— Ho sete —

E in quell’aceto, ultimo sprezzante insulto, c’è l’amaro dei peccati di un’umanità senza vergogna, senza misura. Ma c’è, forse, la premonizione dell’eterna sete di Dio che attraversa l’inquietudine degli uomini e la mia personale ricerca di giustizia, di verità, di pace.

Poi “Gesù gridando a gran voce, disse: – Padre nelle tue mani rimetto lo spirito mio – Detto questo spirò” (Vangelo secondo Luca).

E il mondo si inginocchiò davanti a tanto Amore. E l’uomo si sentì grande nel cuore di Dio. E mai il dolore fu così puro, consapevole, vero. E l’umanità fu abbracciata dalla redenzione, dalla speranza. E il mistero della fede scaldò l’anima di chi vuol credere. E la vita fu illuminata dal sacrificio di Cristo. E l’uomo imparò ad amare nell’Amore di Dio.

Ed io fragile come una foglia nel vento, continuo a pregare: “ Anima di Cristo, santificami / Corpo di Cristo, salvami / Sangue di Cristo, inebriami / Acqua del costato di Cristo, lavami / Passione di Cristo, confortami” (Anima di Cristo di Ignazio di Lojola).

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