È sorta Italia Atlantica della Toscana, di impronta, per sua sottolineatura, libertaria. La notizia non è da tralasciare, data la storica polemica di numerosissime associazioni toscane impegnate a polemizzare con e manifestare contro la presenza atlantica, soprattutto militare, nella regione. L’associazione, che vede al suo interno anche un gruppo già militante nell’esperienza partitica Fermare il declino, chiusasi nel 2014, è nata, al termine di apposito convegno, sollecitata dalla necessità di stringersi all’Ucraina ed al suo popolo dopo più di un anno dall’aggressione russa. Viene in mente lo stesso scatto atlantico prodottosi in Toscana nel ’91 alla notizia dell’invasione del Kuwait per mano dell’Iraq. Anche allora, sempre con insolito fervore atlantico, sorse un’associazione di amicizia, la Italia Kuwait, che si organizzò per portare sostegno al paese invaso, poi felicemente liberato. Allora però si trattava di cacciare gli uomini di Baghdad con impegno diretto Usa; oggi il quadro del conflitto non permette realisticamente l’augurio di un esito similmente favorevole e rapido. A riguardo l’associazione si è interrogata sui possibili scenari di Europa e Ucraina dopo la guerra.
Un contributo agli scenari, li identifica in tre possibilità. La sconfitta russa, quella ucraina, una tregua provvisoria, facilmente trasformabile in situazione de facto. Non era immaginato dagli esperti che la Russia manifestasse tanta goffaggine militare e di intelligence. E’ un grande risultato di Kiev che sia ancora possibile la cacciata ucraina dei russi dai propri territori per la fine dell’anno. Ci vorrebbe uno sforzo occidentale infinito di armamento e di sanzioni e l’impiego da parte di Kiev di ogni risorsa umana propria e di ogni milizia mercenaria inviabile, al netto dell’aiuto militare che la Cina fornirebbe di fronte all’imminente debacle russa. Finora Mosca accusa circa 200mila morti, Kiev 150mila; la Russia sembra avviatasi ad una vittoria per sfinimento, basata sulla messa in campo di un numero di uomini tre volte superiore al nemico. L’Ucraina deve vincere entro il 2023, perché non le manchino letteralmente le forze. La Russia può continuare ad avanzare al millimetro tutto l’anno ma potrebbe, se vicina alla vittoria, venire bloccata da bombardamenti continui ed ininterrotti da parte di forze aeree di improbabili bandiera e nazionalità.
Lo sfinimento in entrambi i casi potrebbe prevalere. La Russia griderebbe alla vittoria se tenesse Mariupol e Crimea. L’Ucraina griderebbe alla vittoria se riprendesse tre quarti di Donbass. Sia in caso di tregua che di vittoria russa, all’Ucraina verrebbe preclusa l’entrata nella Nato il che determinerebbe una quasi sconfitta Usa bilanciata dall’espansione che la Nato ha comunque avuto con ben 1300 chilometri di confine in più. Resterebbe all’Ucraina l’opzione Unione Europea, sicuramente appoggiata dagli americani. Qui appaiono sfiniti gli europei.
La tedesca presidente europea, orfana dell’era Merkel, sembra l’unica a sostenere concretamente quest’idea. Assai debole in patria, il francese Macron si è lasciato andare, circuito dai cinesi, all’ipotesi di neutralità sul conflitto e non sembra appoggiare l’entrata di Kiev nell’Unione. Parigi che già bloccò Ankara non è nuova a questi sofismi. Il premier tedesco, anch’egli instabile, sarebbe felice di scivolare verso il neutralismo. L’Europa orientale, che ha conquistato nuova autorità e si è affrancata dagli europei occidentali, è l’unica in sintonia con gli Usa. Anche gli americani però affrontano i loro sfinimenti; comunque vadano elezioni presidenziali ed economia, non potranno non finanziare la guerra, sia in caso di vittoria che in caso di sconfitta da mitigare.
Le euroelezioni dell’anno prossimo si misureranno soprattutto sulla guerra perché all’Ucraina orba dell’opzione Nato, resterebbe quella dell’Unione Europea. I partiti vincitori dell’area orientale cercheranno i partner più filoatlantici, più antirussi, più filo ucraini nei paesi occidentali e fondatori, con l’obiettivo dell’immediata entrata di Kiev nell’Unione. L’area occidentale sarebbe terrorizzata dall’idea di responsabilizzazione della necessaria ricostruzione ucraina come dal coinvolgimento in un conflitto in corso o appena spento. Fosse approvata la sicura candidatura a presidente di un esponente dei paesi orientali, andrebbe comunque persa la stabilità europea costruita attorno alla corte di tanti paesi economicamente alleati di Berlino che perderebbe la sua centralità egemone, a meno di non seguire gli istinti bellici balticopolacchi. L’Unione potrebbe di conseguenza risultarne tanto snaturata da fermare il lentissimo procedimento di unificazione armonizzata. Al voto gli europei diranno senza falsi infingimenti con chi staranno.
Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.