…Torniamo da capo, però: che città ci lasciano il Salone o il Fuorisalone? Smontati gli stand, ripartiti i designer, rincasati turisti e curiosi…
Di questa storia, c’è un merito che andrebbe ricordato. Anche quest’anno il Fuorisalone ha “scoperto” edifici altrimenti ignorati o comunque chiusi o addirittura impenetrabili (a molti, almeno): da Palazzo Broggi a Palazzo Serbelloni, dalla Palazzina Appiani a Palazzo Orsini, a Palazzo Visconti, eccetera eccetera. Lunghe code per una visita, quando l’attenzione è più attratta dalle mura che dagli oggetti esposti. Penso però soprattutto a due sedi in particolare, sottratte alla polvere e alla oscurità: l’ex Macello di Porta Vittoria e l’Istituto Marchiondi, l’immenso capannone di ingegneria industriale e l’ex scuola (nata per ospitare ragazzi difficili) esempio di architettura brutalista. Una sorpresa entrambi per chi li ha visitati: colpiva la dimensione del primo, il suo impianto, le attrezzature che potevano suggerire anche la durezza fino alla tragicità del lavoro lì dentro, una sanguinosa catena di montaggio, del secondo poteva emozionare il senso della rovina di una struttura potente, persino aggressiva.
Dell’opera di Vittoriano Viganò, costruito tra il 1953 e il 1957, in stato di abbandono dalla fine degli anni settanta, di tanto in tanto si parla in vista di un riutilizzo. Per ora regge il cemento armato, la vegetazione dilaga, i pavimenti sono tappeti di calcinacci. Per l’area intera (quindici ettari) dell’ex Macello di Porta Vittoria si conosce un progetto, si sono viste immagini già popolate di allegre famigliole e da severi studenti, perché lì troveranno spazio molte case e pure la scuola di design, tanti alberi e pure un laghetto…
L’anno passato il Fuorisalone aprì ai curiosi alcune palazzine dell’ospedale militare di viale delle Forze Armate, di fronte alla gigantesca Piazza d’Armi, una quarantina d’ettari di alberi e prati, desolatamente reclusi tra alte mura. Luoghi misteriosi e sorprendenti. Delle palazzine dell’ospedale militare si poteva cogliere l’eleganza, la sobrietà, il gusto liberty, persino la raffinatezza del disegno dei pavimenti. Nelle edizioni precedenti era capitato alle fabbriche di Lambrate.
Grazie al Fuorisalone si sono aperte alcune porte, sono stati spalancati alcune cancelli, sono stati superati persino reticolati e cartelli intimidatori: “Zona militare”.
Ma, concluso il Fuorisalone, siamo convinti che per lungo tempo non si parlerà più delle palazzine militari e neppure dell’istituto Marchiondi. Si saprà dell’ex Macello di Porta Vittoria, perché quell’area è percorsa dal vento della speculazione edilizia, che non criminalizzo (quanta parte di Milano si potrebbe ascrivere al genere “speculazione edilizia”) e che riconosco come un fondamentale propulsore.
Ma qui, da inesperto in materia, vorrei aggiungere una considerazione generale, perché da banale osservatore, con qualsiasi mezzo io mi muova (il treno è il più efficace da questo punto di vista), potrei compilare una chilometrica lista di “abbandoni”. Non so se qualcuno abbia mai fatto il conto dei metri quadri o dei metri cubi che giacciono dimenticati. Mi chiedo se una mappa non sarebbe utile insieme con una regia pubblica che magari spingesse qualcuno al recupero, risparmiando qualche ettaro e qualche gru. Oppure, avendone la forza, si vada alla pulizia, cioè alla demolizione. Macerie, ruderi, scheletri, palazzi interi ormai rivestiti solo di polvere non giovano alla città.
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”L’anno passato il Fuorisalone aprì ai curiosi alcune palazzine dell’ospedale militare di viale delle Forze Armate, di fronte alla gigantesca Piazza d’Armi, una quarantina d’ettari di alberi e prati, desolatamente reclusi tra alte mura. Luoghi misteriosi e sorprendenti. Delle palazzine dell’ospedale militare si poteva cogliere l’eleganza, la sobrietà, il gusto liberty, persino la raffinatezza del disegno dei pavimenti. Nelle edizioni precedenti era capitato alle fabbriche di Lambrate.”
Guardi Pivetta si tratta di edifici fatiscenti in abbandono. Invece il fuori salone ha attirato in via Saint Bon, dove c’è l’ospedale militare, migliaia di persone giunte in massa con ogni mezzo di locomozione, e questo mentre era ancora attivo il punto vaccianale. Risultato un caos devastante perchè a nessuno dell’assesorato della signorina Cappello ha pensato a cosa poteva succedere in una strada già martoriata da un inutile e costosa ciclabile e con il centro abulatoriale più grande di Milano.
Lo sa dove possono andare a farlo il fuori salone? …………. ecco proporio lì.