Le città invisibili di Calvino ispirano Mostra Fotografica

Cultura e spettacolo

“Quello che sta a cuore al mio Marco Polo è scoprire le ragioni segrete che hanno portato gli uomini a vivere nelle città, ragioni che potranno valere al di là di tutte le crisi. Le città sono un insieme di tante cose: di memoria, di desideri, di segni d’un linguaggio; le città sono luoghi di scambio, come spiegano tutti i libri di storia dell’economia, ma questi scambi non sono soltanto scambi di merci, sono scambi di parole, di desideri, di ricordi”. Le parole di Italo Calvino nel romanzo “Le città invisibili” hanno ispirato il fotografo Bruno Zanzottera e la giornalista Marta Ghelma nella realizzazione della mostra “Postcards from the future”, allestita a Osnago (Lecco) presso la Sala Civica “Sandro Pertini” (viale delle Rimembranze 3) nei seguenti giorni: sabato 20, domenica 21, venerdì 26, sabato 27, domenica 28 maggio (h.10-12 e 16-19). Spiegano gli autori: “Il dialogo visionario tra due viaggiatori, il fotografo e la giornalista, si trasforma in una meditazione distopica sulla città, sul passato che ritorna presente, sulla globalizzazione delle diversità. E sulle altre contraddizioni della società contemporanea, caratterizzata dal fatto che oltre la metà della popolazione mondiale (8 miliardi di persone) vive in ambienti urbani, megalopoli gigantesche dove (come già profetizzato da Calvino) è l’essenza dell’essere umano a diventare sempre più invisibile”.

La mostra è allestita in occasione del centenario della nascita di Calvino (15 ottobre 1923) e in concomitanza con lo spettacolo di teatro di comunità “Organòs. Autobiografie di una città”, in scena il 27 maggio, ore 20.30, allo Spazio De Andrè di Osnago (via Matteotti). Le musiche sono dal vivo e le scenografie sono tratte dalla mostra “Postcards from the future”. Lo spettacolo è reso possibile grazie alla collaborazione tra varie associazioni (Piccoli Idilli, Archè, Liberi Sogni, Io per Osnago) e le istituzioni locali. Spiega l’autore teatrale e giornalista Gian Luca Favetto: “Un progetto di comunità che adopera la sala teatrale come piazza per l’incontro e recupera gli elementi attorno a cui una comunità si può riconoscere. E questi elementi sono i cittadini, con le loro storie… Storie in cui ciascuno può ritrovarsi, perché, facendo di palco e platea una cosa sola, parlano di un io plurale, raccontano di noi… A metà spettacolo attori e pubblico si mescolano per condividere un piatto e un bicchiere di vino prima di riprendere il viaggio. Il viaggio stesso è la meta, è quella Organòs che ci accomuna”.

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