A partire dal dopoguerra il mondo della cultura è stato associato alla sinistra. Basta con le inutili etichette
In questi giorni si ritorna a parlare di egemonia culturale, parliamone. Come sempre affermo, non amo le etichette, in generale, ancor meno le amo nel campo della cultura. Essa è, infatti, libera, in quanto frutto del pensiero degli uomini che, come tali, sono liberi ed hanno una propria visione del mondo e della realtà.
Certamente ogni artista, ogni pensatore, ogni filosofo ha una propria idea politica, una propria formazione che lo conduce a determinate elaborazioni e visioni della realtà.
È chiaro che per una serie di motivazioni storiche, a partire dal dopoguerra il mondo della cultura è stato associato al mondo della sinistra. Ricordiamo ad esempio lo stupendo discorso di Paolo VI agli artisti, durante il quale il papa invitò i presenti a “fare la pace” con la Chiesa. Certamente non si può parlare di egemonia culturale o di controllo, perché non sono mancate voci discordanti provenienti, ad esempio, dal mondo cattolico: pensiamo alle figure di Giovanni Guareschi, Carlo Bo, Clemente Rebora, ad esempio.
Un’osservazione particolare va fatta, certamente, in merito alla interpretazione critica e alla storia: studiare storia sul manuale degli storici Camera e Fabietti non è lo stesso che farlo sul manuale del De Rosa. Ma è naturale che sia così: come ogni artista ha una propria idea, allo stesso modo lo storico, il critico daranno ai singoli fatti interpretazioni diverse. La cosa non deve stupire: ci dovremmo stupire del contrario.
Per approfondire
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La questione sta nell’avere noi gli strumenti per valutare le diverse analisi, per poter poi così valutare in modo autonomo. L’interpretazione che poteva dare Enzo Biagi ad un fenomeno non era la stessa di Indro Montanelli. Pertanto più che insistere sulla solita polemica tra la cultura di destra e la cultura di sinistra, io insisterei sul concetto di una cultura libera, in quanto creata da menti pensanti in modo diverso, all’interno della quale ogni cittadino elaborerà un proprio pensiero in modo autonomo ma lo potrà fare solo perché dotato degli strumenti razionali necessari per farlo.
In tutto questo la scuola deve giocare un ruolo di primaria importanza: innanzitutto tornando ad essere un centro di elaborazione della cultura, poi avendo il coraggio di fornire agli studenti una presentazione ed una interpretazione dei fatti a 360°, soprattutto ricorrendo alle fonti.
Un solo esempio: pensiamo a quando nei libri di storia, quando si presentano i Patti Lateranensi, viene riportato che Pio XI definì Mussolini ‘l’uomo della Provvidenza”. Questa definizione, decontestualizzata, fa diventare Pio XI un sostenitore di Mussolini. Cosa non vera, come i fatti attestano chiaramente. Se, invece, si va a vedere il discorso pronunciato dal papa, si comprende come il significato sia molto diverso. Ecco perché occorre non procedere con inutili etichette, al contrario far sì che non ci si accontenti di quanto ci viene detto ma si abbia il coraggio di approfondire elaborando un pensiero autonomo. L’unica egemonia dalla quale occorre sottrarsi è quella della ideologia, in qualsiasi campo essa si presenti.
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