1. E’ sfruttamento quando, DOPO la firma di un contratto di lavoro subordinato e SENZA consenso del lavoratore, viene abbassata unilateralmente la paga a mansioni invariate o aumentate.
2. NON E’ sfruttamento quando due parti concordano liberamente una cifra per un lavoro solo perché A VOI pare bassa. (Togliere i lavori a basso pagamento significa condannare alla disoccupazione o privare dell’occasione chi sta passando un brutto periodo. Prima di essere linciato: ci sono passato)
3. E’ sfruttamento quando, a seguito di minaccia di licenziamento ingiusto, si costringe il lavoratore ad accettare condizioni nettamente peggiori (su licenziamento ingiusto potremmo scrivere dei trattati, ma fingiamo per un istante che il datore di lavoro sia tutelato dal sistema, cosa che non è).
4. NON E’ sfruttamento quando il datore di lavoro, facendo salti mortali per rispettare le seicentodieci norme a tutela del lavoratore, prova ad evitare un licenziamento offrendo una soluzione a stipendio ridotto.
6. NON E’ sfruttamento il frutto della libera contrattazione.
Fatte queste premesse, ogni volta che decidete che un nuovo diritto è indispensabile per una qualche categoria di lavoratori, sappiate che state tenendone diverse altre fuori dal mercato del lavoro. Condannandole alla disoccupazione, alla perdita di valore della propria esperienza lavorativa e alla progressiva emarginazione. Questo vale al quadrato per lo stipendio minimo.
E no, dipendere a vita da un sussidio non è un diritto universale né una buona idea. La Roma antica ce lo insegna chiaramente.
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,