Sotto il cavalcavia Renato Serra a Milano, una realtà nascosta emerge, dove diverse persone si rifugiano ogni notte su materassi improvvisati. Osservandoli attentamente, ognuno di loro racconta una storia diversa, una storia di disagio abitativo, economico, fisico e psichiatrico. Queste storie si rivelano nei modi stessi in cui vengono organizzati questi “letti”: alcuni sono dotati persino di scendiletto e le funzioni fisiologiche vengono espletate all’interno di secchi che poi vengono svuotati nelle bocche di lupo e nelle fessure della strada. In mezzo a tutto questo, si possono trovare segni di religiosità come crocifissi, madonnine e peluche di bambini, abiti puliti stesi ad asciugare. Nonostante la precarietà di vivere sotto un ponte, c’è un senso di ordine che emerge. Tuttavia, altri rifugi mostrano il lato opposto della medaglia. Sono trasandati, disordinati, sporchi, riflettono perfettamente il disagio di chi li occupa.
Questi bivacchi che odorano di urine e sono circondati dalle feci dei suoi stessi ” ospiti ” testimoniano una situazione di disagio ancora peggiore rispetto a quanto descritto in precedenza. In entrambi i casi, il quadro è chiaro: le persone che si trovano in queste condizioni sono ” dimenticate ” e affrontano sfide straordinarie ogni giorno. Il disagio abitativo non dovrebbe essere una realtà nella nostra società , ma mentre tanti conoscono quello degli studenti di queste settimane , quello di questi ” senza voce ” rimane nascosto quasi ci fosse vergogna a portarlo alla luce dell’ opinione pubblica . Dobbiamo cercare soluzioni per garantire a tutti un luogo sicuro e dignitoso dove vivere. Ogni persona ha una storia da raccontare e merita di essere ascoltata. Insieme, possiamo lavorare per porre fine a questa ingiustizia e creare una comunità in cui tutti abbiano un tetto sopra la testa, un luogo che chiamino casa. È solo così che potremo costruire un futuro migliore per tutti.
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