“Sei proprio sicuro di andare? Sì. E riprese a girare il cucchiaino nel caffè. Donna Assunta lo guardava con le mani intrecciate, come faceva sempre quand’era nervosa. Ma perché, Giorgio? Quelli sono i tuoi nemici. L’uomo scrollò le spalle. Lui al mio sarebbe venuto. Si alzò da tavola, indossò la giacca del vestito grigio, diede un bacio in fronte alla moglie e si avviò al portone. Vai da solo? Sì. L’uomo richiuse la porta dietro di sé, accese una sigaretta e lisciò i baffi, in un gesto consueto. Si fece accompagnare dall’auto per un lungo tratto di strada, poi quando vide le persone in fila, scese, si accodò. La gente cantava, piangeva, sudava. L’uomo guardò il mare di persone, quella massa così differente dalla massa. Mostri di bravura, registi, sigle sindacali, quadri, tute blu e bandiere rosse. Un circo di varia umanità, così diversa da lui. Lo osservò come un documentarista in un paese straniero. Poi notò che il suo sguardo era ricambiato, e che la gente non cantava più, il suono era diventato un mormorio infastidito. Da osservatore si ritrovò osservato. Occhiate di muto rimprovero, sconcerto, incredulità. Anche preoccupazione. Come fosse venuto a rovinare qualcosa. Si infilò le mani nella giacca del vestito grigio ma continuò a guardare davanti a sé rispondendo ai piccoli passi di una folla compressa. Si aprì un corridoio e scesero i due più alti dirigenti ad accoglierlo. Gli riservarono un abbraccio tagliente. Per la prima ed unica volta nella sua vita varcò il portone di Via delle Botteghe Oscure. Si posizionò al centro della camera ardente, si chinò leggermente e fece il segno della croce davanti alla cassa di legno chiaro. Poi, a mani giunte, pregò. Si allontanò dalla bara per lasciare spazio al Ministro degli Interni. Superò il picchetto d’onore e lo sguardo severo dei dirigenti. Uscì dall’ingresso laterale. La gente aveva scelto il silenzio. Non era il momento di riaprire vecchie ferite. Era il momento del rispetto”.
Dalla pagina Facebook di ” Tore Carboni “
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