C’è ancora l’idea di un dominante perbenismo della società russa. Sorprende il profilo di Prigozhin che con posa e espressione volgari spara una raffica di suka, usato in genere tra le parolacce, come interiezione, un po’ come l’americano fuck. Da tempo però sull’onda della diffusa materiale americanizzazione di Mosca e San Pietroburgo il turpiloquio è stato sdoganato, nell’ennesimo processo imitativo occidentalista. Il mat, la lingua dannata dei criminali ladri nella legge, vori v zakone, come i tatuaggi ha infranto il perbenismo ipocrita staliniano. Il venir meno del muro di falso catechismo di socialismo e solidarietà di un tempo ha aperto del tutto le porte, oltre pensieri e azioni, anche a chiare espressioni verbali di razzismo e cinismo, già ricordate dal Putin che avrebbe cercato i terroristi fino nei cessi e dal Navalny dei calci in culo ai neri, che nel mondo russo sono i caucasici, secondo un’espressione che ricorda quella nostrana di terroni.
In dieci anni di sanzioni la Russia si è isolata; anche perchè razzisticamente non le interessano gli abisiani, scimmie, nere e gialle d’Asia e Africa. I russi si confrontano solo con il mondo bianco di cui si sentono protagonisti, pur considerandosi più tosti dei ghetto boys neri. Isolamento e sanzioni non hanno interrotto un trend di sviluppo e aspirazioni che segue l’odiato modello occidentale, dal digitale, alla musica, alla tv, al calcio, alla moda ed ai modelli di bellezza femminile. Trattati come criminali, non per questo i russi hanno smesso di cercare paradisi fiscali finanziari usando le armi e gli avvocati occidentali contro l’Occidente stesso, attraverso un mare di cause giudiziarie a vantaggio dei sanzionati (tra cui ne ha usufruito, assolta, la madre di Prigozhin); non per questo hanno smesso di usare le mille triangolazioni del commercio internazionale della globalizzazione. Eppure da più di un decennio si è fatta largo nelle grandi città russe, l’imitazione del fuck slang occidentale.
Nei programmi televisivi figurano interpretando se stessi, i vip della politica, del cinema, dell’economia, della musica, della moda partecipando a quiz e varietà che includono sfide e scontri fisici, pugni inclusi, ed espressioni sporche e lingua da ghetto magari sulle bocche degli stessi deputati che votarono dieci anni fa la censura delle parolacce nei media. La contraddizione totale del sistema putiniano è tale che sono ammessi comportamenti e affermazioni anche contro la legge, se comunque rientrano nel quadro generale del sistema. Non sono stati censurati i vip fuggiti all’estero all’inizio della guerra ma poi rientrati, né quelli che vagano tra Azerbajian, Gruzia e Uzbekistan come il leader dei Leningrad Schnurov, un passo in casa, un altro fuori; altra storia è quella di Chubais, rappresentante di Putin per il cambiamento climatico, fuggito in Turchia all’inizio della guerra, come Urgant ed il marito di Tatiana Yeltsina. Giunto in Sardegna, Chubais è stato avvelenato, ed ora è probabilmente in terapia intensiva per un disturbo neurologico, la sindrome di Guillian-Barre. Ne ha dato notizia Ksenia Sobchak, la figlia dell’ex sindaco di Peter che avviò la carriera politica di Putin a fine anni ’90. Nel frattempo Ksenia ha preso la cittadinanza israeliana.
Anche Prigozhin come gli altri è uno dei peterzi, il gruppo sanpietroburghese che ha preso il potere; d’altronde l’ultimo incarico di Yeltsin da comunista fu quello di segretario cittadino leningradese del Pcus. L’ex galeotto, l’ex cuoco, l’organizzatore dei mercenari riuniti dal filonazista Utkin, ha diffuso prima della marcia su Mosca, una foto in cui è nel Donbass con altri in mimetica tra cui Schnurov. Quest’ultimo ed i suoi amici si sonio affrettati a smentire la foto, effettivamente salva. Il cantante rock, leader dei Leningrad è stato per dieci anni una sorta di mito dell’opposizione popolare, come fu un tempo il cantautore Visotskji. Ha sdoganato e usato ampiamente un linguaggio da avvinazzati, anzi avodkizzati, esteso a cazzi e cazzeggio da kui, kuistvo, kumalada fino ai celebri jeans cazzuti ( akuiteknisctani) esaltati in Exponat. Negli ultimi anni, una moglie dietro l’altra, rientrato dalla caustica critica della società russa, delle sue donne e dei suoi ricchi, Schnurov si è dato alla produzione tv via satellite ed alla politica con una virata filosistema.
In una delle sue tante attività, quella cinematografica, Prigozhin l’ha voluto con sé. La colonna sonora di Turist, film 2021 parahollywoodiano di eroi russi in azione contro ribelli terroristi centroafricani, è segnata dalla canzone Dorogi (strade) del leader dei Leningrad. Gli uomini della Wagner nel film sono accompagnati dalle parole, soli nelle strade, mi tremano le gambe ma mi reggono gli dei. Ci tiene Prigozhin all’esibizione di amicizia con una star popolare sul filo del sistema/antisistema. L’ultima canzone di Schnurov, Russki, ambiguamente racconta chi sono i russi, quelli veri bevono vodka senza cipolline e antipasti, e chi vomita non è un patriota, ho cominciato a bere a scuola, io.
I film finanziati dalla Aurum production di Prigozhin, come Turist del regista Batov, Brilliant Sun, Granit, trattano di eroici addestratori russi in azione in Africa, come in Centrafrica, per proteggere le popolazioni locali dagli islamisti; cominciarono con rievocazioni dell’assedio di Leningrado per arrivare Donbas in lotta contro agenti occidentali , secondo la filmografia stile Rambo dei boeviki in Afghanistan e Cecenia che ebbe il suo acme nei movies di Bodrov. A vedere, ed ascoltare il film in dialetto locale Sangho, il pubblico di 10mila spettatori centriafricani dello stadio di Bangui del maggio 2021 ed i 70mila seguaci africani del regime del presidente Touadérafra piazze e sale, sventolanti la bandiera russa a Repubblica Centrafricana, l’effetto mediatico, e dominante, c’è stato.
Putin non è più quello della canzone, voglio un fidanzato come Putin, Kociu takovokak Putin. Si cercano eroi alla Sandokan e Garibaldi, militaristi e anarchici, poco intellettuali e molto azione e gossip, uomini d’arme, di stato e banditi. , come veniva mitizzato Limonov. Prigozhin e Schnurov ci provano. Non una parola detta e raccontata in Occidente ha valore. Funzionano solo le forme idiomatiche dell’Internet russo di cui fa parte Telegram che da Dubai è fuori dal controllo del Cremlino. Foto e video di prigionieri in Siria uccisi con la mazza nel 2017 e brutali azioni in battaglia dei mercenari non disgustano, anzi. Tutto non ammirato sui canali tv ufficiali ma su You Tube, non c’è neanche bisogno di Vkontakte. Già ci si chiede se Prigozhin sia un Kornilov, un Razin o un Pugacev. Il mito potrebbe crescere se non interverrà il veleno.
Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.