La dipartita di Berlusconi di giugno è stata commemorata con grande attenzione, emozione e partecipazione dal vivo e da remoto con una grande esposizione televisiva fino ai funerali di stato ed al lutto nazionale deciso, unicum finora, per un ex primo ministro. La grande celebrazione del ricordo di un uomo che a lungo aveva diviso il paese, ha quasi sfiorato, dopo tanto odio, la beatificazione con tanto di rapide intitolazioni di strade come a Portofino; ovviamente tranne alcuni episodi, ancora più evidenti, perché pochi ed isolati. Poi la divisione ha rialzato la testa, moltiplicando le tante punzecchiature di spillo a certificare l’esistenza, presso una piccola ma consolidata nicchia intellettuale, dell’odio imperituro per il Cavaliere. Per una questione di praticità, il grosso di quest’odio era andato scemando nell’ultimo decennio man mano che B. perdeva la leadership della coalizione di destra, da lui inventata, guidava il Monza invece che il grande Milan e restava scontato dominatore economico delle imprese mediatiche.
Alla giornalista Palladini, comunque, il giorno dopo la morte dell’86nne B., non poteva che venire in mente la figura di Noemi Letizia, la quale, nella notte dei tempi, era stata all’origine del calvario morale calato sul Cavaliere, con tanto di sdoganamento del termine allusivo, Papi, entrato poi nelle forme idiomatiche comuni e colloquiali, politologiche quanto boccaccesche. La riesumazione dell’allora 17nne napoletana, chiamata pubblicamente escort dalla stampa, ivi incluso il Times, a costo di determinarle anoressia, depressione e istanze suicide, è però finita malamente, almeno nelle intenzioni dell’articolessa. Invece che ricordare lo scandalo, il divorzio nella famiglia B., gli epistolari della Signora Veronica con i giornalisti inquisitori di Repubblica, l’avvio del neverending giudiziario di tre lustri e tre processi, tra D’Addario, bunga bunga, igieniste odontotecniche, diffamazioni e intercettazioni illegali fino all’ultima assoluzione che precedette di soli quattro mesi la morte dell’eterno imputato, l’ex ragazza, oggi donna e madre, ricorda, pur avendo sofferto, che fortunatamente dal male può nascere anche bene. Seria, davanti a un evento così importante, commenta la grandezza di B., il l Maradona della politica e del calcio.
La condanna subita, il rientro in politica con minor peso, lo spostamento verso altri della forza di contrasto, un tempo tutta riservatagli, hanno quasi fatto scordare i decenni in cui l’Italia fu ostaggio dei nemici militanti odiatori di B. e dei suoi adoratori. I primi erano di gran lunga superiori nel numero; ora contrari ad oltranza ed ultimi fan sono ancora lì, nelle loro nicchie, ridotti nei numeri, forse con una preponderanza minima dei primi. Per il resto, appare pacifico, alla cronaca, alla storia, all’ampia maggioranza non schierata, che B. è stato il dominus di una lunga fase d’Italia. Dieci anni fa, all’avvio del declino di B., dopo la caduta del suo terzo governo, lo psichiatra romano Magnarapa pubblicò un breve saggio per Bietti editore, intitolato Nemico assoluto, interrogandosi sul fenomeno dell’odio infinito che una gran massa di italiani per decenni aveva rivolto a B., mai smossi dalla convinzione che questi fosse il male assoluto, nemmeno quando, non una volta, ma ben tre, nel 1994, nel 2001 e nel 2006, aveva conquistato la fiducia della maggioranza degli italiani.
Lo studio di Magnarapa, sulla fenomenologia dell’antiberlusconismo, e berlusconismo, militanti, viaggia dall’origine del nemico assoluto, vola sui parenti, odio viscerale ed amore sviscerato, si sofferma sui fronti bellici (moralistico, somatico psichico, politico e giudiziario) in cui si identificò la politica; ed individua componenti mitiche nell’amore, come altre discriminanti e razziste, nell’odio, all’anatomia dell’odio antiberlusconiano, alle sue componenti mitiche e razziste. Rientrando nel suo profilo professionale, lo psichiatra, con sua grande meraviglia, scopre lo stato di regressione superstiziosa in cui è caduta gran parte del mondo laico esteso, di per sé, naturalmente, desacralizzatore dell’idea del bene e del male, della perfezione e della malvagità. Le menti più eccelse si convinsero che l’Anticristo fosse tornato. Per Magnarapa, infine, l’avversione totale e acritica a B., fu psicopatologica. La questione non è di lana caprina. Il pericolo più grande che corre la libera scelta democratica, non è dato dalle fake news, o dal contrasto tra blocchi geostrategici, ma è proprio il fanatismo dell’odio, che possa contare su larghi mezzi finanziari e di potere, e che sia sostenuto dal blocco quadrato di varie istituzioni, elette o no, che possono, coalizzate, controllare individui e società.
Al rientro dopo la sconfitta del 2011, B. venne salutato da una estenuata giornalista, Chiaraci, con l’infausto augurio di poter piantargli un paletto di frassino nel cuore e sparargli al cervello per evitarne il ritorno.
Non dovrebbe ripetersi più. (continua)
Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.