2 – Magnarapa, le origini del Nemico assoluto

Attualità RomaPost

Nel suo Nemico Pubblico, sull’origine dell’odio, Magnarapa è un po’ generico, passando oltre la Prima Repubblica, come su un periodo cestinato dalla storia penale. Il Cavaliere, però, appartiene completamente anche alla storia della Prima Repubblica; certo, non come politico, ma come costruttore, sua emittenza, padrone del vincente grande Milan, partecipe del milieu della P2 ed amico di Craxi e dei socialisti. B. ereditò, quasi senza soluzione di continuità, l’odio da un altro grande nemico assoluto, Craxi, su cui la scura passione si è calmata solo perché totalmente soddisfatta, data la disfatta politica e la vendicativa conseguente morte fisica, senza cure occidentali, dell’odiato. Come ricorda Caldarola, Craxi diventò il nemico assoluto, all’interno del dibattito di sinistra, di un mondo che ancora nei ’70 e negli ’80, pensava seriamente al superamento del modello capitalista secondo l’esperienza sovietica, all’epoca viva e vegeta, oppure attraverso la nuova tanto sognata ipotetica terza via. Larghissima parte di media, accademia, esperti, politici, di parte comunista e progressista, hanno ridotto la vicenda del leader scomparso a fatto criminale, come contemporaneamente hanno cancellato la storia del partito socialista al punto da attribuirne gli atti al partito democratico ed antenati. La destra, isolata come lebbrosa, per l’eredità fascista, abbracciò con felicità la condanna dell’ultimo leader della Prima Repubblica che con la sua caduta, faceva precipitare nell’abisso l’ossatura dei partiti filoccidentali dell’odiato arco costituzionale. Craxi operava nel suo contesto, ideologico, burocratico e di potere, dominato da una armatura istituzionale partitocratica rimasta ferma, causa vent’anni di fascismo, ancora nei ’70 ad un dibattito anacronistico, che non vedeva l’ascesa del postcapitalismo e dello sviluppo sfrenato dell’informatica applicata. L’uomo in fuga, o, come dice la verità giudiziaria, il latitante, aveva operato in pochi anni uno sforzo sovrumano per trasformare un partito frontista, già di stampo stalinista, nella voce centrista del nuovo capitalismo terziario delle piccole imprese. Centrismo, anticomunismo, carezze all’ipotesi presidenzialista assieme al successo politico ed economico costituirono un composto esplosivo tradotto a sinistra in puro tradimento, per di più proveniente dal partito storicamente succube e minore. Il terzomondismo, unico stereotipo di sinistra rimastogli, non fu sufficiente a Craxi per calmare il clima da pogrom di processi d’opinione staliniani, che tanto crebbe, tanto più era a rischio il kombinat politico economico per il concomitante crollo della Russia sovietica, cui la sinistra era legata mani e piedi.

Il programma del sancta sanctorum e del popolo di sinistra alla fine della Prima Repubblica era solo “Ho un sogno in fondo al cuore, Craxi a San Vittore”. Come se buttare le chiavi della cella avesse potuto cambiare la Storia. Craxi non si rese conto, come ha notato lo scrittore Martini, del montante triplice odio, quello comunista, quello istituzionale che non sopportava l’idea di una grande riforma acceleratrice e quella populista, delusa dell’incapacità del socialista di Milano di liberarsi in tempi stretti dalle bizantinerie romane. L’insieme delle energie contrarie si scatenò nella procura di Milano, la più politicizzata del mondo, che guidò l’usurpazione del potere politico, a favore del giudiziario.

Tra le accuse a Craxi c’erano lo sdoganamento della tv privata e l’eclisse del monopolio televisivo Rai. I cd decreti Berlusconi dell’84-’86 avevano riaperto i ripetitori tv privati chiusi dai pretorinell’84 e dalla Corte costituzionale nel ’76 e nell’81. Sostenuto da Craxi, B. rivendicò nell’81, non si può fare tv se non si è collegati con tutto il paese e con l’estero. Una prima colata giudiziaria bagnò l’amico e finanziatore B. per l’iscrizione, poi amnistiata nel ’90, alla lista P2. Nell’inzuppamento dei craxiani, seguirono i fatti denunciati dal teste Omega, al secolo la Ariosto, per i casi Imi-Sir, Lodo Mondadori e Sme della guerra di Segrate. Previti ed il giudice Metta ne uscirono condannati, B. con la prescrizione. Anche l’assalto giudiziario al mondo dello spettacolo, accusato di traffico di droga, aveva coinvolto B. nell’83, ma ne era uscito per il flop delle procure affossate dal caso Tortora. Non si poteva comunque scordare che se il nemico politico Craxi era stato asfaltato, il braccio di ferro sulla Tv si era chiuso a vantaggio della politica sulla giustizia con risultati di tutta evidenza sulla società.

Quando B. nel ’94 presentò il suo proprio partito, tutta la melassa d’odio, già condensatasi sul nemico politico primigenio Craxi, era pronta per il nuovo nemico assoluto, che in parte era nuovo ed in parte no. Il primo era un fine politico, affossato come ladro; il secondo, a modo suo, un po’liberale, un po’ social centrista,

ma entrambi meneghini del fare, con idee simili di modernizzazione della società italiana. La cosa venne presa per una pagliacciata e lo era secondo le regole del centralismo democratico. Il pensiero politico di B. non era considerato semplicemente inesistente. La sola idea di prenderlo in considerazione testimoniava correità con i partiti dei ladri. B. era la tv privata ed il Milan; un grande imprenditore ascoltabile solo da sostenitori servi. Ne derivò un clima da guerra elettorale. I sostenitori delle rivoluzioni tradite, dell’Italia giacobina, della Repubblica Romana, della Resistenza, delle ragioni del terrorismo rosso, dopo aver sconfitto il Craxi ladro e fascista, si trovavano in un inaspettato secondo tempo, a dover sconfiggere lo strano ensemble di qualunquisti, riesumati della corruzione e di altri impresentabili quali gli eredi del fascismo ed i separatisti leghisti.

I migliori, ma anche gran parte degli altri, dei giornalisti, economisti, magistrati, opinionisti, conduttori tv, cantautori, comici, politici, attori, presentatori, financo i personaggi tv anche di Mediaset si scatenarono con gran acrimonia, anticipatrice di probabili notizie giudiziarie, contro il blocco elettorale messo su da B. cui venne vietato di usare lo strumento pubblicitario, in nome della par condicio. Scartato per inconsistenza il programma politico, contro B. venne scatenato l’odio globale per la sua identità psicofisica, nella convinzione che il nuovo blocco di centrodestra vivesse solo delle disponibilità finanziarie di B., la cui caduta l’avrebbe dissolto. B. però vinse, la prima volta nel ’94, a sorpresa sui professionisti della politica. Questi ultimi ammetteranno poi di non aver mai capito, neanche nel 2001 e 2008, le ragioni delle vittorie di B., cioè della scelta degli italiani. Con la Rossanda, (B. è un faccendiere imbroglione che non si trova in galera solo grazie alla sua squadra di avvocati che trascina i processi all’infinito. Eppure, ogni volta che sta per “morire” viene ripescato. Non riesco a dare una spiegazione; e poi gli italiani sono indegni, votano B. solo perché difende il loro portafogli, poi hanno l’ardire di andare in giro per strada, in autobus e sul treno) si limiteranno a insultare gli elettori.

La guerra si fa guerriglia permanente, complice il Quirinale, con l’affannosa ricerca dei disponibili al tradimento. Negli anni ne seguiranno molti, Buttiglione ed il Bossi, del questa non è la camera dei fasci, che poi tornarono indietro; Follini e Casini che passeranno del tutto a sinistra, da ultimo il Fini, delle comiche finali. Sarà questo modo autolesionista di comportarsi e fare politica, diffusa a piene mani da partitica, magistratura e media a far dire ai socialdemocratici tedeschi che in Italia avete eletto due clown, B e Grillo. Sarà questo comportamento a rafforzare sempre di più la destra tout court. Perché dare ragione ai tedeschi vuol dire denigrare il voto, il Parlamento, l’essenza della democrazia, di cui il presunto autocrate si è dimostrato fedele esecutore. (continua)

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