Il vecchio Conte

Cultura e spettacolo

In una villa del tardo Cinquecento sui colli Euganei, viveva, un paio di secoli orsono, un vecchio conte. La villa, molto rigorosa nel disegno architettonico, era in evidente stato di trascuratezza e si presentava cupa e decadente. Il grande giardino antistante, un tempo lussureggiante, con una spettacolare fontana su più livelli e un elaborato labirinto, era stato invaso dalla sua stessa vegetazione, lasciata crescere spontaneamente oltre misura. Non uscivano più freschi zampilli dalla bocca delle figure scolpite e nelle vasche della fontana ristagnava l’acqua piovana ricoperta da viscido muschio. Il labirinto, poi, era diventato talmente inestricabile che era ormai impossibile anche solo tentare di ritrovarne i percorsi per raggiungere il centro.

Del grande giardino, il luogo che il vecchio conte preferiva, era la sua parte ribassata, subito sulla sinistra della facciata della villa. Ogni sera, il conte scendeva con cautela i numerosi gradini dai quali si accedeva a questo ampio ma raccolto spazio in piano, ricavato scavando la parete del monte. Qui, lo sguardo, non si perdeva all’orizzonte: lo spazio era ben delimitato, facile da percorrere sia con l’occhio che con il passo, lungo i vialetti di ciottoli chiari fiancheggiati da siepi di martelletto, interrotte a intervalli regolari da statue consunte dal tempo; lungo le mura perimetrali erano disposti finti ruderi avvolti da una folta vegetazione, ripiegata su stagni e ninfee.

Non c’era una sera che il conte non si recasse in questa sua parte prediletta del giardino, attendendo lentamente il crepuscolo, totalmente abbandonato all’onda dei ricordi. Ormai aveva perso tutti i suoi affetti e una buona parte delle sue abilità. Le sue giornate trascorrevano uguali e monotone, senza affanni e senza gioie, indifferenti al tempo e alla vita. Nulla poteva più suscitare nel conte un qualche interesse; in lui si alternavano apatia e tristezza. Soltanto quando si rifugiava in questo luogo separato e protetto del suo giardino, che lo muoveva alla nostalgia e ai ricordi della sua vita passata, sembrava ritrovare un piccolo sussulto vitale. Il vecchio sapeva di essere giunto a un passo dalla fine e non vedeva, forse non a torto, alcun futuro per sé. Si sentiva già moribondo e spesso invocava la morte perché ponesse fine alla sua non vita, per lui completamente svuotata di senso. Invero, nella soppressione del futuro e nel malinconico rifugio nel passato, il vecchio conte aveva perso ogni contatto con il presente, l’unica dimensione che ancora avrebbe potuto riservargli piccole gioie e soddisfazioni.

Caterina Majocchi

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