… vuol dire che ha colto nel segno. Mi riferisco, come si può facilmente immaginare, alla pubblicità televisiva di Esselunga, che in questi giorni ha sollevato un polverone. Per chi non l’avesse ancora vista, racconta la storia di una bambina dal volto triste, al supermercato con la mamma. Quest’ultima, intenta a fare la spesa, la perde di vista, la cerca preoccupata, per poi ritrovarla al bancale delle pesche. La madre accontenta la figlia e gliene compera una, che poi spicca sul nastro della cassa. Una volta a casa, suona il citofono: è il padre. La mamma abbraccia la figlia e la saluta, dando a intendere che l’avrebbe lasciata sola con il papà fino a sera. Una volta in auto col padre, la bimba triste estrae dal suo zainetto la pesca e gliela porge, dicendo che è un regalo da parte della mamma. Il papà si fa pensieroso, si intenerisce e risponde che avrebbe telefonato alla mamma per ringraziarla.
Più che uno spot pubblicitario, lo definirei un cortometraggio girato benissimo e perfettamente costruito dal punto di vista psicologico. I genitori, evidentemente, sono separati e la figlia triste cerca di fare in modo che si riavvicinino. Peraltro, madre e padre, da come si relazionano tra di loro, hanno mantenuto un atteggiamento di rispetto reciproco e sono consapevoli del loro ruolo genitoriale. Gli ideatori dello spot si rifanno del resto a un dato statistico: in Italia diminuiscono i matrimoni e aumentano le separazioni e i divorzi. La famiglia tradizionale si sta disgregando. La donna e l’uomo, ormai indipendenti, faticano a trovare un’unione duratura.
Nel tempo, molte coppie, anziché cementare il loro legame con l’approfondimento della conoscenza reciproca e la condivisione quotidiana della vita, rompono il vincolo matrimoniale. Ciascuno matura esperienze diverse e imbocca nuove strade, che spesso non coincidono con quelle del consorte, al punto da non riconoscersi più come coppia. Si sente il desiderio della propria libertà, del proprio tempo e dei propri spazi. L’altro è di troppo; non comprende e in più è di ostacolo allo sviluppo della propria personalità. Spesso, questa situazione genera conflitti, anche profondi e prolungati. Pochi cercano di trovare un accordo o, meglio, di ritrovarsi ricorrendo all’aiuto di una figura esterna. Così, ci vanno di mezzo i figli, quando ci sono. Costoro soffrono in ogni caso, sia nel vedere i genitori litigare insanabilmente, sia quando si separano.
Per un figlio, è molto difficile accettare una separazione, vivere una vita sdoppiata tra due case, due camerette, a volte due città. La ferita della separazione è profonda. Ciononostante, i genitori, se più soddisfatti della propria vita, possono offrire un clima di maggiore serenità ai loro figli. Invece, un figlio costretto ad assistere di continuo a scontri pesanti tra i genitori, che quotidianità vive? Quale rapporto può avere con i propri genitori, i quali non hanno nemmeno il tempo per lui perché intenti a discutere tra loro, a covare rancore? Ora, è scontato affermare che la cosa migliore sarebbe vedere la famiglia unita, ma è necessario confrontarsi con la realtà.
Personalmente, incoraggio sempre i genitori che non vanno più d’accordo, ma si vogliono almeno ancora un poco di bene, a rivolgersi a un counselor o comunque a una figura esperta nel rapporto di coppia. Questo passo potrebbe aiutarli a riscoprire i punti di forza latenti del loro legame. Tuttavia, se questo non dovesse essere proprio possibile, una volta compiuti tutti i tentativi necessari al riavvicinamento, ebbene, a mio parere è meglio lasciarsi pacificamente piuttosto che restare insieme litigiosamente, sia per il proprio bene che per quello dei figli.
Caterina Majocchi
Laureata in Filosofia
Counselor, Content Creator, Critico d’arte e Consulente artistico
Ha pubblicato su Domus – Editoriale Domus,
Architettura e Arte – Ed. Pontecorboli, Materiali di Estetica – Ed. CUEM