Il Diluvio polacco e la Rovina cosacca maturarono assieme per la debolezza della monarchia elettiva e l’eccessivo potere dei nobili dell’una e per l’impossibile stato anarchico individualista permanente dell’altro. A suo modo si può dire, entrambi deboli per eccesso di democrazia. L’assemblea della democrazia in armi cosacca decideva tutto (guerra, pace, elezione degli ufficiali, dei giudici e dei tribunali) con il comando supremo dell’etmano eletto annualmente. All’avvio della grande guerra la Polonia zarista era una striscia senza barriere naturali tra Prussia, Slesia, Rutenia e Galizia, retta nell’entità del Regno del Congresso, erede del granducato napoleonico. Tedeschi e russi crearono reggimenti polacchi autonomi con la promessa di libertà. All’invasione, i tedeschi promisero libertà all’Ucraina. La Polonia di Piłsudski, rinata nel ’18 tornò subito alla riconquista dell’Ucraina, rischiando la sua stessa esistenza e prendendo Lviv; per sparire di nuovo nella morsa della quarta spartizione. I nuovi Torbidi russi indebolirono tanto Mosca da farle perdere il dominio sulla Polonia e la proprietà dell’Ucraina. Dominio e proprietà di cui il pensiero imperialista russo frustrato pensa di avere diritto. La Polonia di Solidarnosc ritrovò però la libertà prima della caduta sovietica. L’Ucraina combatte per ristabilire il suo diritto e mostrare che noi, fratelli, siamo di stirpe Cosacca.
La Tartaria d’Europa del 1684 del cartografo Beauplan, illustra due Ukraine, una abitata da cosacchi tanaiti soggetti al Moscouita, l’altra da Cosacchi di Zaporowa, ora liberi e già dipendenti dalla Polonia. Dal 1648esisteva,indipendente, l’Etmanato cosacco fondato dal latifondista Bogdan Chmelnyckyj detto il Nero, di Cigrin, pressoČerkasy, il cui esercito di 80mila cosacchi, contadini e tatari aveva battuto a Zborivil voivoda polacco Wiśniowiecki. L’intera Ucraina è cosacca, scrissero i cronisti polacchi. Chmelnyckyj era riuscito dove avevano fallito9 precedenti rivolte (del galiziano Kosynsky nel 1592, di Nalivaiko di Ternopil nel 1596, di Zhmailo arresosi sul lago Kuruk nel 1625, di Taras Fedorovich dal Don, di Sulima del Donetsk giustiziato nel 1635, dei 10mila di Pavlyukgiustiziato nel 1638 dopo la sconfitta di Kumeykovskaya, di Zhovnin, di Ostryanin e di Guni).Il segreto di Chmelnyckyj, già seguace di Solima, fu l’unità tra tatari e cosacchi che permise di imporre al re polacco Casimiro i trattati di Zboriv e Bila Cerkva del 1649 e 1651. Lo studente dei gesuiti a Lviv, il prigioniero dei turchi Chmel’nyc’kyj è un eroe ucraino cui sono dedicati dal 1954 una città, già Proskuriv, un monumento, il Reggimento d’onore della Presidenza, il romanzo Col ferro e col fuoco di Sienkiewicz da cui filmCol ferro e col fuoco di Cerchio 1962 e Ogniem i mieczemdi Hoffman 1999.
Dopo l’insediamento a Rjazan, lungo il Volga, la Sič (il forte) di Zaporože fondata dall’etmano Vyšneveckyjnel 1552, aldilà delle rapide del fiume Dnepr, sull’isola di Mala Chortycja, a ridosso del Khanato di Crimea, e gli Etmanato di Chmelnyckyj sono i precursori della statualità ucraina. Nella storiografia polacca il 1648 è invece il Diluvio, l’inizio del crollo polacco che porterà alle spartizioni tra 1772 e 1795. La sua vittoria determinò la cacciata di nobili polacchi e preti cattolicida Bracław, Czernihów e Kijv e la mattanza di 100mila ebrei (stima di Pelens’kyj) odiati per essere esattori della szlachta polacca. Per mezzo secolo ogni sollevazione determinò massacri e la risposta del terrore polacco dei Kulaga e Pototsky, il nobile detto zampa d’orso, con lunghe file di ribelli appesi alle forchetra Dnepr e la città di Nizyn. I polacchi cercarono di ordinare questa massa indomita in una catena di fortezze erette per impedire scorrerie e fughe, Podgoretsky, Berezhany, Bar, Brody, Kremenchug e Kodak (un quadrilatero da mille soldati sulla riva destra del Dnepr), dove i cosacchi non potevano passare e pescare.
Dopo l’Unione di Lublino del 1569 i polacchi avevano sostituito dal 1583 i tolleranti lituani, feudatari dei mongoli dal 1330,nel governo del voivodato di Kiev inclusa Zaporože. Trovarono nel territorio indefinito tra basso Dnepr, Don, Ural e Mar Nero l’organizzazione protostatuale di assemblee (krug) e etmani ((dal turco ata, padre), dei seminomadi cosacchi, mescolanza di ucraini, russi, polacchi, ruteni, valacchi, mongoli, turchi, tartari, lituani, caucasici, kazaki, alani, turcomanni, circassi, kirghizi e persiani che riconoscevano solo il cavallo sotto e il Signore in alto. Non erano un’etnia. Presente nel Codex Cumanicus, la comunità cosacca, citata dalle Cronache di Novgorod nel 1395 e definita nel 1444 in un manoscritto moscovita mercenari nomadi non soggetti ad obblighi feudali, apparve come una ridda multietnica asiatica sposata al contadino slavo in fuga dalla servitù. Le loro grida di battaglia, a cominciare dal Gu-Rai (verso il paradiso, destinato a divenire il popolare urrà) risuonavano in dozzine di dialetti, russo, ucraino, tataro, baschiro e ciuvascio, affidati a sacerdoti ortodossi, mullah musulmani, a buddisti, a sciamani. Il cosacco, cioè libero avventuriero, come sottolinea lo storico Gordeev, cercava un ideale di libertà da ogni autorità. Erano ortodossi, musulmani, buddisti, sciamanici. Vestivano un caffettano o una tunica lunga con cartuccere, la čerkessa, i pantaloni blu con una fascia rossa indicavano l’esenzione dalle imposte; portavano il kindžal (pugnale ricurvo), la šaška (sciabola), la nagajka (frusta), la lancia molto lunga e danzavano l’hopak c accovacciati, a braccia conserte.
I polacchi divisero i cosacchi del Dnepr di Kyiv, Podil, Chernihiv e Volynin registrati nominali con obbligo di residenza, al servizio militare reale e nizovyki zaporoziani non registrati. I cosacchi governavano a Poltava, Cherkassk, parte di Kiev e Chernigov ma razziavano le terre dei nobili cattolici ad ovest del Dnepr. Repressione religiosa e della lingua, divieto di navigazione e di difesa dalla tratta degli schiavi tatara e sottomissione ai proprietari provocarono continue ribellioni. Sordi agli appelli per il ritorno e la moltiplicazione dei nostri diritti e libertà violati, i magnati polacchi sciolsero i registri e l’esercito cosacco, trovando un limite solo nel potere reale per es. di Vladislav IV.
Durante i Torbidi moscoviti Vladislav usò i cosacchi contro Mosca, occupata nel 1610. Il reggente Boris Godunov e lo zar Basilio IV Russia repressero nel 1604 e nel 1606 le rivolte del falso Dimitri, ipotetico figlio di Ivan IV, e del II falso Dimitri, l’ex servo della gleba Bolotnikov di Putyvl vicino a Sumy, che, con i cosacchi del Donassediò Moscaper poi essere sconfitto a Tula. Per rintuzzare il ritorno polacco Chmelnyckyj si alleò a Svezia ed altri; anche con lo zar Alessio I cui affidò la riva orientale del Dnepr con 60mila cosacchi registrati nel trattato di Perejaslav nel 1654. Per i cosacchi fu un accordo militare tra pari, per Mosca un’annessione ed Alessio I si proclamò zar dei grandi e piccoli russi. Nuove grandi masse di contadini in arrivo, una nuova nobiltà cosacca ed una gerarchia ortodossa cambiarono la società dell’Etmanato. La Rovina, dovuta alla divisione cosacca, cominciò con il primo erede di Chmelnyckij nel 1657, Vyhovskij che cercò di far assimilare l’élite cosacca alla nobiltà polacca con il trattato di Hadiach. Il trattato di Andrusovo del 1667 divise le rive del Dnepr, la sinistra a Mosca e la destra a Varsavia, negli accordi con la Polonia del 1656 e del 1686. Lo svuotamento dell’indipendenza cosacca provocò la sollevazione del cosacco del Volga Razin il cui esercito prese Volgograd (già Stalingrado), Saratov, Samarafino alla proclamazione nel 1670 della Repubblica Cosacca, sconfitta l’anno dopo. L’etmano Bulavin dal Don, nel 1707, assassinato il principe Dolgorukov, promosse l’insurrezione fino alla sconfitta di Azov del 1708. L’etmano e duca del Sacro Romano Impero Germanico Mazepa dalla moldava Bender, tentò la carta svedese ma venne sconfitto a Poltava nel 1709 da Pietro il Grande. Per salvarla, la Seč cosacca venne spostata nei territori ottomani fino al 1734. L’etmanato spostata la capitale al confine, perse ulteriore indipendenza da Mosca mentre apparvero funzionari russi dal 1714. Nel 1721, Pietro abolì gli etmani elettivi pretendendo il giuramento dei cosacchi ma nel 1730, per la guerra contro gli ottomani, i russi furono costretti a ridare ai cosacchi territori e tradizioni con l’accordo di Lubni. Nel 1754 Zaparože divenne frontiera militare ed i liberi insediamenti di Kharkiv persero autonomia.
Il settimo e ultimo terrore dell’aristocrazia russa fu nel 1773 la guerra contadina dei cosacchi Jaiknel basso Volga, capitanata dall’analfabeta sottotenente cosacco del Don, Pugačëv, dopo la guerra dei 7 anni. Proclamatosi il redivivo zar Pietro III (spodestato dalla moglie Caterina II nel 1762) Pugačëv nel 1772, convertitosi ai vecchi credenti, cominciò a depredare i mercanti, poi nel Manifesto del 1773, scritto da un musulmano, promise la fine del servaggio e della tassa sul sale, libertà di culto, elezione dei capi e fine delle discriminazioni etniche, in nome dello pseudo zar restauratore di antichi libertà e credo. Pugačëv creò una corte, insegne, un gabinetto di governo con ukaz per dare autorevolezza alle sue pretese e massacrò la nobiltà locale come ai tempi di Bolotnikov. Preso per scherzo, l’affaire du Marquis de Pougatchov, dall’illuminata Caterina e Voltaire, finì solo nel 1774 a Caricyn e Penza. Nel 1765 Caterina II abolì ogni indipendenza, inviando un governatore da San Pietroburgo. L’élite cosacca entrò nella nobiltà imperiale nel 1785 con le proprie le terre. La Sič venne soppressa nel 1775, gli insediamenti liberi nel 1765, quelli del Volga nel 1777, quelli del Bug nel 1817, del Danubio nel 1828, del Caucaso nel 1860 e di Baschiria nel 1863. II cosacchi uscirono dall’Ucraina.
Truppe irregolari dell’esercito russo, i cosacchi furono in 6mila con Suvorov a Milano nel 1799 e decisivi contro l’esercito francese durante la ritirata di Russia. Divennero pionieri, trapper, cavalleggeri, pirati, bracconieri, esploratori, uomini di frontiera, nella colonizzazione del Far East, a creare l’Impero su turchi, persiani, afghani, mongoli e manciuriani dal Volga all’Ural, al Terek, al Caucaso, al Kuban all’Asia centrale fino all’Amur ed al Khanato di Sibir conquistato dal cosacco Timofeevič nel 1585 ed a Vladivostok nel 1880. I cosacchi, difesero l’ortodossia, raccolsero l’imposta dello zar, lo iasak e da rivoltosi si trasformarono in strumento di repressione zarista fino al1905. Bastava la voce del loro intervento per scatenare il terrore. Durarono così i cosacchi dell’Ussuri fino al ’22, quelli di Orenburg, di Semireče, del Bajkal, di Astrachan e del Kuban (dove confluirono quelli del Mar Nero e d’Azov) fino al ’20; dell’Amur, del Don, del Terek e siberiani fino al ’18 e dell’Ural fino al ’17.
La seconda Rivoluzione russa vide il sostegno cosacco per la voglia di terra dei contadini. La terza riaprì il vaso di Pandora di undici eserciti e tre repubbliche ucraine (Popolare di Kijv ‘17, Sovietica di Karkiv ’17 e Occidentale di Lviv’18). I cosacchi dal‘18 costituirono una Vandea del sud-est dai frequenti pogrom antiebraici, di sostegno alla Repubblica popolare di Hruševskyj, all’Etmanato di Skoropadskyj, alla Repubblica Nazionale del cosacco Petljura, al bianco Denikin. Quando si avvicinavano alle loro terre, disertavano portando con sé il bottino razziato. Nel ‘17,nel ’18, dopo il Trattato di Brest-Litovsk, si basarono su volontari cosacchi. Ricorda lo storico Graziosi che Stalin voleva russificare il nome Urss, Lenin lo escluse in nome delle nazionalità e Stalin gli avrebbe dato ragione. Putin invece ha incolpato di Lenin di essersi accordato con ucraini socialrivoluzionari, divenuti bolscevichi per superare le precedenti sconfitte comuniste del ’18 e del’19 e far nascere l’Ucraina sovietica autonoma. La guerra civile ed il gulag decimarono i cosacchi. La decosacchizzazione (deportazioni di massa, fucilazioni indiscriminate e lavori forzati) nel’18, ma soprattutto nel ’19 mise ai lavori forzati tutti i cosacchi maschi dai 18 ai 55 anni del Don. In 100mila scapparono in Francia e Austria. Poi dopo una serie di frizioni, scontri e repressioni con i contadini ucraini, Mosca chiuse il conto definitivamente con il genocidio contadino degli anni ’30 del Holodomor.
Durante il II conflitto mondiale i cosacchi lottarono nell’Armata Rossa contro l’Asse ma 20mila tornarono nel XV SS-Kosaken Kavallerie Korps delle Waffen-SS del tedesco Pannwitz e inquadrati nella Wehrmacht nell’Esercito Russo dei Liberazione di Vlassov e sotto il generale Krasnov (già etmano bianco e autore de Dall’aquila imperiale alla bandiera rossa) che creò una Kosakenland nel Friuli (Operazione Ataman). Nel Regio Esercito c’era il Gruppo squadroni cosacchi Campello. Arresisi alle truppe britanniche, furono rimpatriati forzatamente, consegnati ai russi a Judenburg. Ci furono i suicidi collettivi di duemila persone, tra le quali donne e bambini che imploravano Kristossspassìnas Kasakow, nel fiume Drava, vicino a Lienz nel Tirolo orientale; e nei campi di Oberdrauburg, Feldkirchen, Althofen e Neumarkt.
Nel ‘92 la Duma riabilitò i cosacchi, vittime dello stalinismo. Oggi 3 milioni in Russia, senza alcuna autonomiadal 2005 sono divenuti una sorta di guardia forestale. Volontari cosacchi sono tornati con sciabole e vessilli nella georgiane Abkhazia e Ossezia del ’93e del 2008, nella moldava Transnistria, in Cecenia e nella ex Jugoslavia. Secondo Dugin, nella Russia di Weimar di Eltsin, caratterizzata dal collasso politico sociale, dalla frustrazione dell’esercito e dall’accumulazione selvaggia di una ristretta minoranza, le unità irregolari cosacche presero il ruolo di Freikorps postsovietici per difendere la diaspora russa rendendosi responsabili di violenza verso le minoranze. Il Presidente della regione del Krasnodatr si chiama etmano. Gli ucraini si dicono di stirpe Cosacca, uno spirito che aleggia anche in Russia, uno spirito da Freikorps.
Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.