Fa impressione il ministro dei Verdi, cappello in mano a Bruxelles, chiedere il permesso alla Germania degli aiuti di stato per sostenere i costi delle imprese industriali più energonnivore, peraltro consumatrici di fossile, per evitare delocalizzazione per 150mila operai tedeschi. Aiuti di stato, energia, industria, fossile, delocalizzazione, praticamente la sconfessione del programma verde nel governo semaforo tedesco. Dopo le batoste elettorali regionali il semaforo, per recuperare al centro, si è fatto tutto nero, fino a chiudere i confini, reazionariamente, agli immigrati. Restano solo i finanziamenti alle Ong dai Comuni, porti sicuri senza sbocco al mare.
La Francia si lecca ancora le ferite dalla disfatta militare nel Sahel dove i soldati sono dovuti fuggire a Gibuti, conscia che l’eco delle manifestazioni africane antifrancesi e filorusse si sia diffusa tra i 10 milioni delle folle arabo africane residenti tra i transalpini, proprio mentre si fanno più rigide le regole laiche antimusulmane. Dopo le azioni individuali terroristiche del Belgio, ci si rende conto che le aree periferiche delle grandi città e spesso la totalità dei piccoli centri sono in mano a maggioranze arabo africane la cui eventuale ira di fronte all’avanzata della guerra israeliana deve essere contemperata.
Nel contesto della ricerca di un governo spagnolo, le sinistre stanno concludendo un accordo di amnistia, che includerà 7 milioni di risarcimento per le spese legali, per tutti i catalani perseguiti dopo il loro referendum indipendentista del 2017. L’indignazione nel paese è grande, anche nel campo socialista che non ammette vulnus all’integrità territoriale. Il clima si riscalderà man mano che nella legislatura gli Juntos chiederanno la legittimità’ di altri passi per l’indipendenza. Il rischio è che a giugno 2024 l’elettorato si vendicherà’ votando in massa per i conservatori che hanno vinto le politiche ma di troppo poco.
Sul tema bisogna soffermarsi. L’Europa ha un grosso taglio sul viso per la reazione autoritaria che la Spagna ha avuto verso i catalani repressi all’inverosimile di fronte ad una pacifica espressione democratica. Lo sgarro catalano si accompagna all’aggressione verso la Libia che ha lasciato sul terreno due petrodittature incontrollabili, sostenute da turchi, arabi e russi. Ora si sono aggiunti gli schiaffi tremendi africani alle promesse francesi di esportazione della democrazia ed il rifiuto delle mance europee della Tunisia che non scambia gli aiuti finanziari per le condizionalità democratiche. Senza contare il montante rifiuto dell’immigrazione che sta viaggiando velocemente verso blocchi militari europei a sud ed a sudest.
L’Europa si presenta scoperta proprio sui suoi punti fondamentali, green, democrazia e diritti umani. Tutte le idee radicali, con l’avvento delle guerre, all’improvviso costano, destabilizzano troppo e fanno reagire troppo male gli elettori, minacciati di aumento di costi in tutte le cose quotidiane, dalle caldaie alle case ed all’auto. Non può però, dalla Catalogna alla Libia, Sahel e Tunisia, dichiararsi democratica e non discriminatoria di fronte al sud globale, che sta optando per le demoture, dalla Turchia, alla Russia, alla Cina, all’Africa ed al mondo musulmano; come ricordato dalle incaute parole del segretario Onu che si è espresso in nome di un condominio mondiale, come definito da Rampini, finanziato dall’Occidente ma in larga maggioranza antioccidentale.
Lo scontro di Israele per l’eliminazione della terrorista Hammas ha raccolto l’immediato sostegno della presidente europea Von Leyen, che dopo due anni di dichiarazioni filoucraine e filoccidentalisi è lanciata, per forza di abitudine anglosassone, a favore di Israele. Immediatamente il presidente del consiglio europeo Michel l’ha subito stoppata; un conto è schierarsi in blocco contro la Russia, paese nucleare e storico nemico del mondo libero, altra cosa è dichiarare guerra agli arabi. I paesi arabi e musulmani sono tanti e militarmente debolissimi, tranne la Turchia e l’Iran. Alcuni di loro sono ricchissimi e stanno fornendo energia all’Europa, al posto dei russi.
Detengono però uno strumento eccezionale, quello di svariati gruppi militari terroristici che su sono stabilizzati in Africa. Queste organizzazioni possono contare su una massa di milioni di araboafricani disseminati in Europa, non integrati, delusi e ostili, che trovano sostegno fanatico da parte della parte anticapitalistica della politica europea. L’Europa non può caricare troppo le critiche sul mondo musulmano per timore di reazioni convulse. Così non può dire la verità sull’orribile gestione politica musulmana, sul vittimismo secolare arabo, sull’inconcludenza di società che dopo aver ricevuto migliaia di miliardi, lasciano i loro popoli in povertà. Terrorizzati dal 2050 quando gli araboafricani saranno più di 200 milioni in Europa, gli europei non possono non applicare i diritti umani verso popoli che non li rispettano né nei loro paesi, né dove sono maggioranza in Europa. La reazionaria chiusura di Schengen intraeuropea, seguita alle stragi di civili israeliani, complicherà’ la vita deli europei. Invece nulla cambierà per i centinaia di immigrati dei barconi, tra i quali almeno l’1% è legato all’estremismo islamico, qualche migliaia di combattenti.
Durante la ripresa del conflitto araboisraeliano, l’Europa lascerà tuonare gli americani seguendoli prudentemente ed a distanza. Intanto le guerre stanno diventando troppe e troppo vicine nel continente di pace che per la globalizzazione è costretto ad avere stretti rapporti con troppo mondo bellico. Due anni di guerra sanguinosa, di milioni di sanzioni, tra due popoli slavi, hanno distrutto l’appeasement russotedesco e con esso l’economia germanica. La Russia perse aggredendo male nel febbraio 2022 Kiev. L’Ucraina è impantanata nella controffensiva ucraina. Entrambi sono sconfitti e scontenti della stabilizzazione del fronte che non cambia troppo le cose rispetto ali accordi di Minsk. La Germania, incassati i danni, si sta sostanziale disinteressata della battaglia di libertà ucraina. Vuole solo l’armistizio qualunque esso sia. Non tollera, come anche parte l’Europa centrale, l’autoritarismo americano che la conduce dove non vuole andare. La Polonia era la principale amica degli Usa nel fronte filoucraino, posizione che la vittoria di Tusk sembra confermare. L’economia del paese, abituata ad essere riccamente finanziata da più fonti occidentali, dopo così tanto tempo, vede il conflitto come un danno che la danneggia.
Così cala l’impossibile bandiera democratica europea sul Medio Oriente e vacilla quella sull’Esteuropeo. L’Europa sulla scena internazionale non conta, si nasconde, si divide, è una vittima facile. Vorrebbe cose che non può dire, ripete una litania democratica sfigurata più volte nel continente ed all’estero. Urge un ripensamento, un nuovo Delors con un allargamento meridionale, non voluto e pianificato dagli Usa
Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.