Essere uomini non significa uccidere e ancora uccidere, con il ghigno sgangherato negli occhi, con l’obbedienza cieca di una pecora in un gregge al servizio di un presunto Dio del male. Essere uomini è chiaro nel libro “Un uomo” di Oriana Fallaci, il cui protagonista Alekos Panagulis è l’uomo eroe.
“Non siate gregge perdio, non riparatevi sotto l’ombrello delle colpe altrui, lottate, ragionate col vostro cervello, ricordate che ciascuno è qualcuno, un individuo prezioso, responsabile, artefice di se stesso, difendetelo il vostro io, nocciolo di ogni libertà, la libertà è un dovere, prima che un diritto è un dovere.” Cosa significa essere un uomo? “Significa avere coraggio, avere dignità. Significa credere nell’ umanità. Significa amare senza permettere a un amore di diventare un’ancora. Significa lottare. E vincere”.
La sua storia di uomo ribelle, sognatore, assassinato perché aveva creduto possibile cambiare il mondo, che si batteva per la libertà e la verità.
Rileggere il libro, rileggere la forza narrativa della Fallaci anche oggi è uno schiaffo agli omuncoli assetati di sangue con l’unica prospettiva di affermare la morte, nel buio degli agguati, nella gioia di esporre più numeri possibili di morti o di ostaggi, sventolati come conquiste da esibire al Dio del Male in terra. Se questi sono uomini… direbbe Primo Levi.
Se questi sono compatibili con una umanità civile…
Si chiamano terroristi, così nel linguaggio che cerca di distinguere, di estrometterli dall’intelligenza pensante, ma la difesa ha un costo altissimo di sangue e di vite umane.
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano