Domenica 19 novembre, alle ore 18, all’Auditorium San Fedele di Milano (Via Ulrico Hoepli 3/b) sarà proiettato l’ultimo film di Matteo Garrone, “Io Capitano”. A seguire un confronto tra il regista e l’Arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, sul tema cruciale per il nostro tempo dei flussi migratori, alla presenza di ospiti istituzionali e attori sociali. Lo fa sapere la Diocesi. A introdurre la serata sarà padre Andrea Dall’Asta, responsabile di San Fedele Cinema, mentre a moderare il dialogo sarà mons. Davide Milani, presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo. Protagonisti del film, vincitore di due premi al Festival di Venezia, sono Seydou e Moussa, cugini adolescenti senegalesi determinati a raggiungere l’Europa per realizzare il sogno di diventare star della musica. Di nascosto da amici e parenti, intraprendono un viaggio-odissea insieme a tanti altri migranti attraverso il deserto del Sahara, affrontando poi gli orrori delle prigioni libiche, il ricatto degli scafisti e i pericoli della traversata del Mediterraneo. In questa avventura infernale, nella quale molti compagni di viaggio non riusciranno a sopravvivere, sono innumerevoli le violenze e i soprusi, ma la pellicola documenta anche gesti di umanità e di coraggio. A Seydou, in particolare, toccherà la prova di doversi mettere al timone della nave per salvare la propria vita e quella dei passeggeri attraverso un mare tempestoso.
A promuovere la proiezione e il successivo dialogo tra il regista e l’Arcivescovo sono l’Ufficio per la Pastorale dei migranti della Diocesi di Milano, Caritas Ambrosiana, Fondazione Culturale San Fedele, Associazione San Fedele Odv, Fondazione Casa della Carità “Angelo Abriani”, Azione Cattolica Ambrosiana, Centro Pime e Fondazione Ente dello Spettacolo. «La mobilità umana e le migrazioni sono fenomeni epocali – afferma Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana, a nome degli organismi promotori dell’evento – che vanno affrontati con politiche di giustizia, con un’economia orientata a uno sviluppo equo e sostenibile, con una solidarietà capace di indicare le regole della convivenza, e nello stesso tempo di un generoso sforzo di accoglienza. Ma l’arte ci può dire molto, a proposito delle motivazioni e delle risonanze interiori che spingono uomini e donne a intraprendere, e a proseguire nonostante inenarrabili difficoltà, viaggi non a caso definiti “della speranza”. Per questo vogliamo confrontarci con l’arte: per ricavarne echi di profonda umanità, che ci aiutino a meglio calibrare i nostri quotidiani percorsi di accoglienza e accompagnamento all’inclusione».
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