Mayer affronta mirabilmente la questione della trattativa Stato-Mafia, chiusasi con assoluzione e libro verità (La verità sul dossier Mafia-Appalti) degli ex imputati Mori e De Donno. Manifestando sdegno, ricorda la legittimità’ dei rapporti tra polizia giudiziaria e fonti confidenziali dentro le organizzazioni criminali; poi si chiede perché la trattativa Stato-Mafia sia stata considerata dai media scontatamente un fatto reale; e chiede che tutta la vicenda sia esemplarmente materia di ricerca e didattica. Poi ricordando il follow the money di Falcone, Mayer si chiede perché quel metodo non abbia funzionato per i pubblici appalti, ed ancora si pone inquietanti interrogativi sulla disinvoltura dimostrata dalle imprese settentrionali nel rapporto con la criminalità organizzata siciliana. Gli viene in mente, come testimoniato da Di Pietro, l’indisponibilità degli imprenditori di Tangentopoli a replicare le entusiastiche prove di confessioni spontanee nel diverso contesto siciliano. Infine, Mayer propone la via della moral suasion e della ricerca, quali la già ricordata didattica; lo studio degli archivi storici dell’operatività in Sicilia delle aziende e degli archivi degli appalti e delle forniture pubbliche siciliane; una rete difensiva di legalità sugli investimenti del Pnrr in Sicilia; l’analisi delle operazioni antimafia congiunte italoamericane attuali e dei tempi di Falcone. Da ultimo, Mayer si accoda all’annoso grido di dolore che ha sempre risuonato sugli ostacoli posti, anche dall’interno, a Borsellino a Palermo. L’impostazione di Mayer è di uomo razionale, fiducioso nelle istituzioni, progressista, che cerca le responsabilità e non condanne sommarie, che non cede al complottismo ignorante manettaro. Infatti, non vuole mescolare gli eccessi di Tangentopoli agli altri quesiti posti.
Il punto però sta tutto qui. Mayer non vuole mettere in mezzo Mani pulite, ed a ragione; sa benissimo che ogni altro discorso morirebbe, se mescolato al delitto di lesa maestà di critica verso l’evento fondante dell’attuale periodo politico repubblicano. Il problema è che le stesse incongruenze, la stessa follia, la stessa parzialità, riscontrate in mani pulite, si trovano anche nel teorema della trattativa Stato-mafia. Soprattutto sono gli stessi, i soggetti pensanti ed autori della comune ondata di linciaggio verso parte del mondo politico e delle istituzioni, verso la migliore parte del mondo politico e delle istituzioni. Ovviamente questi soggetti sono stati interpretati da persone diverse e da fazioni diverse, modificatesi nel tempo per ragioni d’anagrafe e di fisiologici cambiamenti. Il blocco però è sempre stato lo stesso, il mix del mondo comunista e postcomunista con l’autoritarismo legalitario giudiziario. Il metodo è sempre stato lo stesso, il linciaggio mediatico e la mazza giudiziaria. La vittima, sempre la stessa, la parte appartenente alla politica, alla imprenditoria, alla istituzione, non inquadrata nelle corporazioni di sinistra; la parte alternativamente progressista e riformatrice e la parte conservatrice. La trattativa Stato-mafia nasce da una mente deformata le cui radici stanno ne Le mani sulla città. Non è che non ci siano state truffe, malversazioni e delitti, ma non erano quelli importanti. L’importante era dimostrare una divisione netta tra buoni e cattivi con il sotto pensiero che l’azione criminale si accompagnasse sempre a certi modi di pensare e di essere.
Una persona progressista, appartenente ai ceti riflessivi, non può credere che stimati giornalisti, politici, uomini delle istituzioni possano essere vittime di tali superstiziosi, che le loro azioni siano tese a creare un mondo di angeli e demoni. Però prendiamo il caso Falcone, emblematico. Falcone morto, come noto, è inattaccabile, un mito, un santo, un esempio per tutti. Invece Falcone, vivo, era calunniato professionalmente e privatamente, isolato dai collegi, unico a credere alle grandi operazioni congiunte internazionali motivo di scandalo per l’idea dell’Antimafia, perché non inquisiva Andreotti e lavorava con gli americani e con Martelli. Coloro ce lo osannarono da morto, lo seppellivano da vivo. Falcone era del milieu socialista e Borsellino di quello missino; due lebbrosi nel mondo politico corporativo comunista giudiziario dei Violante e Caselli.
Mayer soppeserà alcuni spunti, illuministicamente pensando di dover compensare con grossa tara. Eppure, il problema dell’obbrobrio della trattativa e del mancato follow the money non si risolve se non chiamando con il suo nome– linciaggio- l’operato di tre generazioni di uomini dei media, della politica e della magistratura, ponendoli in condizioni di non nuocere.
Mayer su sofferma sullo stato di cose di Sicilia. Giova ricordare che la bella regione in questione produce per € 87 miliardi, ne consuma il doppio, riceve € 0,5 miliardi di trasferimenti, con l’inflazione al 12%; e che usa in ogni modo l’autonomia ottenuta rocambolescamente ancora prima della redazione costituzionale. Strano che non si veda in questi dati un criterio di lettura della sua realtà e che non si immagini il beneficio che il ritorno a regione ordinaria della Sicilia porterebbe ad essa ed al paese. Sono affermazioni azzardate che non verrebbero poste però da una persona posata. Le aziende cercano di fare business e si adattano ad una società, (non ai suoi vertici o alle sue organizzazioni, ma alla società tutta)che chiaramente le pone davanti alle sue regole, lo Stato a sempre reagito punendo alcune aziende e non altre, secondo le regole del linciaio. D’altronde per anni la Sicilia è stata il centro del potere della magistratura e di parte del giornalismo.
Forse nel tempo futuro l’encomiabile articolo di Mayer si doterà di ulteriori elementi, più fattivi e concreti, della didattica, delle ricerche e degli archivi.
Studi tra Bologna, Firenze e Mosca. Già attore negli ’80, giornalista dal 1990, blogger dal 2005. Consulente UE dal 1997. Sindacalista della comunicazione, già membro della commissione sociale Ces e del tavolo Cultura Digitale dell’Agid. Creatore della newsletter Contratt@innovazione dal 2010. Direttore di varie testate cartacee e on line politiche e sindacali. Ha scritto Former Russians (in russo), Letture Nansen di San Pietroburgo 2008, Dal telelavoro al Lavoro mobile, Uil 2011, Digital RenzAkt, Leolibri 2016, Renzaurazione 2018, Smartati, Goware 2020,Covid e angoscia, Solfanelli 2021.