A Roma la Digos sta indagando sulla bottiglia contenente polvere pirica, trovata ieri mattina nella sede di Pro Vita e Famiglia di viale Manzoni, dopo il blitz effettuato ieri dalle frange più estremiste del corteo contro la violenza sulle donne. Pare che la molotov sia stata introdotta all’interno degli uffici attraverso un vetro rotto nella parte superiore della saracinesca d’ingresso proprio da partecipanti al blitz.
«Oggi, nel recarci presso la nostra sede di ProVitaFamiglia dopo i violenti e criminali attacchi transfemministi di ieri durante la manifestazione contro la violenza sulle donne di #nonunadimeno , abbiamo rinvenuto un piccolo ordigno esplosivo dentro i nostri uffici, fortunatamente non entrato in funzione. Siamo sconvolti da questo vero e proprio atto terroristico, volto a intimidirci». Lo scrive su ‘X’ Jacopo Coghe di Pro Vita e famiglia. «Quanto accaduto tra ieri e oggi dimostra letteralmente l’ipocrisia dei movimenti femministi e transfemministi che hanno sfruttato i recenti fatti di cronaca per portare avanti un’azione intimidatoria contro la nostra onlus. Una violenza ancor più ingiustificata vista l’attività della nostra associazione: la tutela della vita dal concepimento alla morte naturale, la promozione della famiglia e la tutela della libertà educativa dei genitori. Ringraziamo le Forze dell’Ordine che sono prontamente accorse sul luogo mettendo in sicurezza la sede».
«Ancora più di ieri ci aspettiamo dal sindaco Roberto Gualtieri e dal segretario del Pd Elly Schlein, che hanno partecipato alla manifestazione contro la violenza sulle donne, di prendere le distanze e condannare questi atti violenti e criminali – prosegue Coghe – Li invitiamo a venire a trovarci e a vedere con i loro occhi la furia ideologica che, incurante della presenza della polizia, ha prodotto danni ingenti e solo per caso non ha trovato i nostri collaboratori presenti all’interno, che altrimenti sarebbe stati in serio pericolo. Quanto successo è un attacco non solo a noi ma alla libertà di pensiero e alla democrazia stessa, per questo rimanere in silenzio e non condannare il gesto significherebbe essere complici e avallare i gesti di questi criminali».
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